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"G" RACCONTA: DAL WEB - Museo del G

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"G" RACCONTA: DAL WEB

g racconta


COME FINI' ALLA RADIO


Nella parte finale del blog CIAO "G"!... LA NUDA VERITA' il "G" tenne un diario particolareggiato degli ultimi giorni della sua permanenza a Radio Blu. Era un periodo particolarmente difficile per lui, in cui alle difficoltà professionali si sovrappose la morte della madre. Lui andò in trasmissione anche con la mamma esposta nella camera ardente, e uscì a testa alta dalla "sua" radio, non piegandosi alle prepotenze di una proprietà che stava facendolo oggetto di pesante mobbing, arrivando persino a sequestrargli la posta degli ascoltatori. Lui in diretta raccontò come stavano le cose, e dopo essere stato messo in ferie forzate venne licenziato per "giusta causa", come un ladro, come un disonesto. Ma la querela e la causa lavorativa che lui sporse subito con una documentazione dettagliata di ben 17 atti di arbitrio nei suoi confronti da parte dell'emittente ebbero l'effetto di ribaltare la situazione: il licenziamento venne ritirato, e, rifiutandosi lui di rientrare in quell'ambiente ormai invivibile, gli fu riconosciuto un adeguato risarcimento quale "incentivo all'esodo".
Leggiamo qui il diario del "G" scritto a caldo in quei giorni tristi per lui, per gli ascoltatori e per la storia della radio. Poi un giorno magari ci faremo raccontare le fasi successive, che presentano aspetti persino divertenti...


DIARIO DALLE FERIE



5 giugno 2007.
CHE BELLO NON LAVORARE…


Non lavorare?
Ma se lavoro più di prima! Durante quello che è stato il mio più recente orario di trasmissione (12,30/14,30) ora che sono in ferie non sto zitto un momento. Ma se prima mi sentiva una quantità di persone adesso parlo ad uno per volta.
Bisogna adattarsi ni’ mmondo…
Ricevo tonnellate di telefonate e di sms, specialmente nell’orario di trasmissione, tutta gente che non sentendomi se ne (e me ne) chiede il perché.
E allora io, pazientemente, ripeto a tutti la stessa cosa: sono in ferie, o meglio sono stato messo in ferie. Tornerò il 18 giugno, o meglio dovrei tornare il 18 giugno. E varie altre considerazioni in risposta alla diffusa disperazione che sento nella voce e nelle parole di chi mi chiama.
“Tieni duro”, mi dicono alcuni. “Trova un’altra radio”, mi dicono altri.
Io nicchio. La mia radio è Radio Blu, e devono staccarmici a forza.
Ma poi perché dovrebbero farlo? Sono o non sono quello che ha sempre avuto più ascolto di tutti? Sono o non sono quello che ha inventato veri e propri mondi per tanta gente, la stessa gente che ora si sente spaesata in un mondo diverso? Sono o non sono quello che potrebbe dare più di ogni altro ancora a Radio Blu?
E allora perché temere?
Eh, caro “G”, vedi, non dipende da te, e purtroppo nemmeno dagli ascoltatori. Peccato: credevo che la qualità vincesse. E lo credo ancora. Perché non crederci? Giocare il proprio ruolo fino in fondo (qualcuno direbbe ‘fare il proprio dovere’) mi mette nella posizione di chi non ha niente da rimproverarsi. Poi vedremo se alla fine magari non dovrò farlo davvero…
Qualcuno mi ha consigliato: datti malato, così la tiri in lungo. No, non sono di quel tipo.
Ho un sacco di ferie arretrate, mi hanno detto, e devo godermele, hanno ribadito. Lo farò. Anzi, sto facendolo.

Ah, che bello non lavorare!
(Squillo di telefono).
Pronto? Sì, sono il “G”…

… nel secondo giorno di sue Sante Ferie.



6 giugno 2007.
FERIE NON PREVISTE.


Che si fa in ferie quando le si hanno avute senza preavviso?
Certo non si può contare su qualcosa di organizzato, tipo una vacanza, un viaggio, roba che non c’è stato il tempo di pianificare. E allora ti domandi: ma io, che lavoro oramai due ore al giorno, ho veramente bisogno di ferie? Si può dire che in ferie ci stia fisso…
Le ferie mi tolgono più di quanto mi diano. Non cambiano granché l’entità del mio tempo libero, ma in compenso mi impediscono di esprimermi almeno quel minimo che mi è attualmente concesso.

Oggi, per esempio, sarebbe (anzi, è) una data importante, doppiamente per me: nel 1976 proprio in questo giorno nasceva Radio Blu. Mi sono sintonizzato sulla stessa per ascoltare l”importantissimo’ momento dell”Oggi avvenne’, ma il conduttore di turno ha ignorato l’avvenimento. Non può saperlo, perché nessuno gliel’ha detto: niente memoria storica per chi è arrivato dopo. Ha detto invece che in data odierna David Bowie sposò la sua Imam in Svizzera. Boh, a me risultava l’avesse fatto a Firenze, nella chiesa americana, e che la festa fosse stata allietata proprio da un d.j. che ha fatto parte dello stesso gruppo di cui adesso Radio Blu fa parte (poi licenziato). Ma forse si è sposato più volte, in più luoghi, sai come fanno i VIP…
Ho spento subito.

Io ricordo bene la data di nascita di Radio Blu anche perché corrisponde a quella di mio padre. Un anno diverso, certo, ma stessi giorno e mese.
Oggi, avevo pensato, avrei letto in diretta un articolo di questo blog che sicuramente avrebbe fatto piangere gli ascoltatori (e piangere fa bene quanto ridere, se è per emozione). Non posso farlo. L’avrei dedicato a mio padre, nato a Milano il 6 giugno di un anno molto lontano. Ma lui è ancora tanto vicino…
Mi farebbe piacere che il maggior numero di voi, non potendo sentirlo dalla mia voce, andasse a leggersi l’articolo in questione. Si intitola ‘Il dolore più grande’, ed è archiviato nel mese di ottobre 2006. Un pensiero per lui, nato nello stesso giorno e morto nello stesso anno in cui è nata la radio che mi ha creato come “G”. Strane staffette…

Eccole le mie ferie: quelle di uno che ha sempre fatto le sue vacanze davanti a un microfono.

E’ lavoro più duro la vita…

“G”



7 giugno 2007.
ESSERE IN FERIE E PENSARE AL LAVORO.


Lavoro… Si fa presto a dire lavoro. Ma è un lavoro il mio? Sai quanta gente in tutti questi anni, ben sapendo che trasmettevo alla radio, mi ha chiesto: “Sì, ma che lavoro fai?”. Questo, scemi! Provate a farlo voi!
Quindi è un lavoro. E anche altamente specializzato. Ma è come se non lo fosse, per me. E’ godimento puro, è espressione dell’anima, sfogo dei sensi a tutto campo, voce dei miei pensieri, consapevolezza di avere un pubblico… E questo ti elettrizza oltremodo, dandoti energia ed entusiasmo.
La gente normalmente identifica il lavoro con la fatica, la noia, il dovere, la necessità di portare a casa una pagnotta, anche se amara. Ecco perché a molti non sembra un lavoro, il mio. Ma lo è. E non lo è.

Ci penso? Sì, come potrei non pensarci? Quando assisto a qualcosa di cui vorrei parlare ai miei ascoltatori ci penso. Ieri sera Padoa Schioppa, questo strano essere dalle sembianze aliene, ha fatto un discorso in Senato per il quale qualcuno gli aveva sicuramente imposto di essere grintoso, quasi aggressivo. Il poveretto ci ha provato, ma l’hanno subissato di urla, che lui, indispettito, ha stigmatizzato come ‘schiammazzi’. In diretta.
Ma come, signor ministro, non conosce l’Italiano? E noi dovremmo fidarci di lei? O forse voleva lanciare un messaggio occulto tipo: ‘S. chi ammazzi?’. Schioppa, chi ammazzi, o chi vorresti ammazzare? Mamma che paura!…
Ecco, questo, più o meno, avrei detto alla radio, se ci fossi stato, oggi. E poi tante altre cose.
Qualcuno potrebbe farmi notare che ultimamente il mio tempo si è molto ristretto al microfono. Ma io potrei fargli notare a mia volta che chi sa cosa dire riesce a farlo anche nel poco. La solita storia della qualità e della quantità. C’è gente a cui potresti dare un giorno intero per parlare e parlerebbe sempre del tempo che fa. Oh, pardon, non solo: anche di che ore sono.

Intanto continua incessante il martellamento dei miei ascoltatori. A me fa piacere, ma a qualcun altro non credo: mi informano che alla richiesta di cosa sia successo, perché il “G” non stia trasmettendo, quando torni ecc., le risposte ottenute telefonando al numero della radio siano le più varie: “E’ in ferie fino a lunedì 11″ (sbagliato); “E’ in ferie ma non si sa se torna” (ipotetico); ‘Clik!’ (maleducato). Infatti un ascoltatore mi ha scritto che ha provato tre volte a chiedere e gli è stato sbattuto il telefono in faccia per tre volte. Devono proprio essere al limite!
Ragazzi, non dipende da me se vi martellano. Anzi, no, dipende proprio da me, da quello che ho saputo dare in questi anni alla gente. Mi dispiace.

A proposito, quando torna in trasmissione il “G”?
‘CRACK!’.
Cazzo, hanno rotto il telefono!

Dal suo quarto giorno di ferie con la palla al piede (ma con le palle al pube), il vostro caro, dolce, amaro, amato, odiato, umano e disumano amico

“G”



8 giugno 2007.
UN PO’ DI CHIAREZZA.


Credo che sia arrivato il momento di chiarire alcune cose una volta per tutte.
Ho già riferito delle due ‘scuole di pensiero’ formatesi in merito al mio ‘caso’: una che mi esorta a tenere duro qualsiasi cosa accada e un’altra che preferirebbe voltassi le spalle e me ne andassi.
E ho anche già espresso la mia volontà di seguire la prima e più ardua delle ipotesi.
Ma c’è qualcuno che pontifica pubblicamente sputando fiele sia sui miei programmi di maggior successo che sulle mie legittime decisioni.
Fermo restando che io non mi sono mai permesso di intervenire sul lavoro altrui, quando e se non ha toccato e danneggiato gravemente il mio, mi chiedo come faccia una persona che conosce bene avvenimenti e dati di ascolto a non starsene un po’ zitta a godersi le proprie ‘conquiste’ conseguite anche ai danni di chi ha perso in due mesi tutto ciò che aveva costruito in 25 anni.
E il danno fosse stato fatto solamente a me!…
Migliaia e migliaia di persone si sentono defraudate, e me lo testimoniano ogni giorno.
Certo, certe decisioni vengono dall’alto. Ma chi ne ha beneficiato dovrebbe, per una questione di ‘stile’, quanto meno tacere.
Perché ho deciso di non mollare?
Perché io non scappo di fronte alle difficoltà. Persino quando in tanti mi hanno minacciato botte da vicino sono stato fermo e con la testa alta, cacandomi addosso, magari, ma non fuggendo. E le botte non le ho prese mai.
E’ una questione di dignità, e anche di attaccamento. Ho sempre avuto lunghe relazioni, io, in amore.
E’ facile scappare quando le cose vanno male. Difficile è restare. Io resto. Qualcun altro se ne andrebbe, e io non lo biasimerei, né interverrei sulle sue decisioni. Perché intervenire sulle mie?

C’è poi la questione dei ‘supporter’ del “G”, un gruppo di persone oneste e coraggiose che sacrifica parte del proprio tempo per sostenere chi gli ha dato tanto.
Sono scomodi? Sono a volte impertinenti? Sono decisi, attivi e compatti? Rompono i coglioni?
Chi li critica li criticherebbe ugualmente se tutto quello che fanno lo facessero per lui?
C’è evidentemente una parola che a qualcuno dà fastidio, se non applicata a se stesso, ed è Libertà. Libertà di pensiero, Libertà di azione.
Forse quegli individui sono da disprezzare perché non profondono i loro sforzi in favore di una squadra di calcio?
Ed ho sentito aleggiare nell’aria una parolina, un verbo per la precisione: ‘fomentare’.
Eh, no, qui forse m’incazzo pure! Io non fomento proprio nessuna ‘rivolta’ contro la radio a cui sono così tanto attaccato da non abbandonarla anche quando è lei che tende ad abbandonare me!
Non fomento ma nemmeno impedisco. Quelli sono uomini e donne adulti e consapevoli, ancora colmi di valori, che in nome di questi si prendono responsabilità che oggi, come va il mondo, sono rare da prendersi.
Possono essere criticabili, come tutti lo siamo, ma devono essere rispettati.
Spesso mi rivolgono la fatidica frase: “A un tuo cenno scateneremo l’inferno!”. Ma io quel cenno non l’ho fatto mai. Perché li rispetto, e lascio intatto il loro libero arbitrio.
D’altra parte non mi sogno nemmeno di dissuaderli. Una squadra di calcio dissuade forse i propri tifosi dal fare il tifo?

Si tenga conto di quello che mi è stato fatto, del danno alla mia immagine che ne è conseguito… Dovrei forse anche fustigarmi con un flagello appuntito e stringemi le palle con un cilicio?
E la mia immagine, ho potuto constatare, dopo tanti anni è (era?) ancora fulgente e vivida. Forse ci vogliono queste dure prove per capire quanto si è amati.
Per chi altro si muoverebbe tanto ardore? Forse per l’acido teorico del ‘fomento’?
“Ma mi faccia il piacere!”, esclamerebbe Totò!

Quinto e luminoso giorno di ferie. (Toh, è tornato il sole, e a Radio Casamia sono le ore 10 e 23. E… ma sì… una manciata di secondi…).
Vomito.

“G”



9 giugno 2007.
LE FERIE CONCILIANO I SOGNI.


Sì, sembra strano, ma solo la parola ‘ferie’ ti evoca momenti di estremo relax, sonnecchiamenti oltre la regola, distensioni muscolari su morbidi e accoglienti letti disfatti…
E un po’ se vogliamo è così.
Succede che tu ti addormenti, e se dormi succede che sogni…

Oh, signor Nacchero, come va? Cosa? Le devo dei soldi? Ma io non ho mai giocato in vita mia! Deve esserci un errore! Scusi, mi squilla l’altra linea. Pronto… Come? No, non ho ordinato nulla! Ma lei chi è? Gugliermo Passeri? Io non la conosco. No, ho detto di no! Click! Ma insomma! Adesso suonano alla porta. Chi è?… Cosa? Il suo pappacazzino? Come si chiama? Cincirillino? No, signora Elvira, non l’ho visto. E non voglio chiamarlo! Se ne vada! Oddìo, ecco l’arabo. Signor PZZDMRD, le ho detto mille volte che il Serpente Filiberto non so nemmeno come sia fatto. Eccheccazzo! Fineppi? Quello del Banco Popolare Cuncano? Non ho nessun conto presso di voi! E no, signor Schizzo, non ho mai donato il mio seme alla Spermoteca Toscana. La valigia? Guardi, caro Vannini, che io non gliene ho mai consegnata una. E che ha da sogghignare? Oh, signorina, vuole entrare? Entri, entri pure… Come si chiama? Gioia la Troia? Promette bene. Si spogli, che aspetta?… Ma… Cos’è quel bitorzolo? Ma lei è Maio, il Fioraio Gaio… Via, via!… Ehi… sento puzzo di lezzo… No, signor Grezzo, non so nemmeno dove sia il distributore Egli… Un animale feroce? E quale? Il Lucertolallo? O il Coccoceronte? O magari la Formicola Conigliolata? Caro Tenente Cincipiccino, guardi, ho da fare, sono al telefono con l’America. Pronto, notaio Nick Hulow? Dove me la deposita la mia eredità? Ah, ni’ cculo! Chi è? Il postino? Un pacco per me? Mittente Sexy Dolls Italiana. signor Coglionchi. Lo sai cosa? La bambola gonfiabile la piglio! Sì… Sì… Quanto sei bona! Ma… Tu sei di ciccia! Ti riconosco, sei Clitoride Pazzo. No, guarda, preferisco una bambola. Sei troppo assatanata, tu! Aiuto!!! Maresciallo Bamburio della Scquadra Immobbele. Posso esselle utele? (Ma come parla questo?) Sì, se la trombi lei questa. Mi butto, mi butto… E buttati! Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!!!!…… Sbum! Andato. E lei chi è, signora? Assuntina Patalluocco? No, il biscottino non l’ho inzuppato nella sua pelosissima figliola. Come faccio a sapere che è pelosissima? Perché l’ho trombata, trombata e ritrombata, va bene? In mancanza di meglio… No, la prego, non faccia così, sennò chiamo Arraccattumballacca Piraccallaccattini: lui è anche capace di cambiarle il nome, sa? Il mio nome è Culisberto de’ Culisberti… Sono un fantasma e albergo ancora nella tua magione dove inquieto mi aggiro… Sì, lo so, lei fu ucciso dal vile Cazzantonio ecc, ecc. Scusi, sa, ma sono un po’ impegnato. Signor Feci? Sì, ho cacato tre chili di merda. Quando viene a ritirarla? Faccia presto ché devo andare da Giuseppe Masticabrodo a masticargli un pollo lesso… Cerco di sbarcare il lunario come posso… Oddìo, che c’è? Un fosso pieno d’acqua. Aiutoaffogoaffogo affogoaiuto aiutoaiutoaffogoaffogo aiutoaffogoaiutoaffogo affogoaffogoaffogoaiuto… Ti salvo io, tesoro… Son Dino, il Finocchino Fiorentino… No, meglio affogare! Aho’, te sarvo io. Basta che me dai tu’ moje. So’ GGessica ‘a Lesbica. Vie’ ssu, dai! No, resto qui e affogo. Non ne posso più! Mentre annego rivivo tutta la mia vita in un attimo, e mi passano davanti i volti di tutti coloro che ho conosciuto… Don Coccolino, il Signor Criniera, Peppe il Caciaio, il signor Vasino dell’URINA, il Professor Bellobillo del LILLI, il Muzzi, Amedeo, Astice Naselli, il Bambino Simone, Babbaraaa!!!, Cin-ciun-lì, il Professor Cazzantico, Don Postriboli, Suor Cammella delle Carmelitane in Ciabatte, Elisabetta la Bambina Perfetta, il Culaio, Salvatore lo Sragnatelatore, Ciccio il Vinaio, Cincidiporco, il Dottor Cinciunto del MERD, l’Architetto Culirossi, il Marchese Stefano Carogna Merda, Yomo del Pianeta Yogurt, la Famiglia Rompilmazzo, Finfunfanfo, il signor Favacaciosa dell’UTERO, Frate Lino, Giorgio Giggi, Girolamo, Giuseppe Pestalammerda, Vandalo Unni dei Traslochi Attila, l’Onorevole Sculacciacciughe, il Dottor Sgrillatope dell’UMIDO, il Capitano Stracchino, Suor Teresina del Bambin Gesù, Supermaschio, l’Avvocato Succiapeli, Tito Traves, l’Uomo con la Lingua di Fuori, il Mago Jago, Romeo Caldarrosti, il Nastro Registrato, Oreste Fegatelli, Pippo Sniffo, Paginetti Stampini Libracci della Libreria Telammollo, l’Inculino del Piano di Sotto, Herbert Von Stronziken…
No, aiuto! Rivoglio indietro i miei denti!!!… No! No!!!… Aaahhh!…

Madido di sudore mi sveglio. Meno male, era solo un sogno…

Peccato: non può più essere che un sogno…

Sesto giorno di ferie. (Eppure quelle vite le ho vissute…).

“G”


11 giugno 2007.
PRIMA E DOPO.


PRIMA vi rassicuro: le molte persone che hanno cercato una nuova pagina del mio diario datata 10 giugno e non l’hanno trovata, rabbuiandosi, sappiano che ieri era domenica, e quindi non ero in ferie.
Buffo, vero? Fai sei giorni di ferie e il settimo ti riposi.
Ma – tranquilli – adesso mi aspettano altri sei giorni di duro feriaggio!
Spero di farcela fino a domenica prossima, quando finalmente potrò riposarmi di nuovo…

DOPO voglio entrare nell’argomento che ha invaso i miei pensieri solo un attimo fa: ‘il prima e il dopo’, per l’appunto.
Ho sempre avuto un interesse speciale per gli attimi. Spesso sono quelli che decidono di una giornata, di un destino, di una vita.
E sono passati pochi attimi, si può dire, dal “G” nel pieno delle sue facoltà radiofoniche al “G” sempre meno presente, sempre meno, fino all’assenza completa, lamentata in modo insistente, battente come la pioggia, dai suoi (miei) assidui ascoltatori abituati ad averlo (avermi) sempre e facilmente a disposizione.

Fu un attimo quello in cui appresi telefonicamente che il mio programma era stato ridotto di mezz’ora per far posto a una rubrica di cucina. Un attimo quello in cui decisi, dietro pressioni irreplicabili, di chiudere – dolorosamente – il ‘Sondazzo’. Un attimo quello in cui lessi un comunicato scritto in cui si rendeva noto a tutti (mica a me) non già che il mio programma sarebbe stato dimezzato a sole due ore, bensì che il signor tal dei tali avrebbe occupato un’ora e mezza che era stata mia da 24 anni per condurre una classifica musicale. Fu un attimo quello in cui dovetti sedermi di fronte a un computer che mi diceva quando e quanto avrei dovuto parlare in mezzo al tanto in cui avrei dovuto tacere. La buona e generosa macchina mi concedeva un massimo di due minuti e mezzo per volta.
E fu un attimo quello in cui ricevetti una e-mail in cui mi si comunicava un improvviso periodo di ferie. Neppure un attimo per avvertire i miei ascoltatori.

E adesso eccomi qui, a ‘godermi’ giorni fatti di attimi, attimi fatti di pensieri, pensieri fatti di nuvole, confortato dalle tantissime testimonianze di affetto di tristi amici ascoltanti che sentono perduto il loro amico parlante, diventato quasi un parente, una presenza a volte indispensabile nella loro vita. Se dico questo non è per prosopopea, ma per infinite, toccanti attestazioni ricevute.
E allora penso agli attimi che cambiano la vita: un attimo prima di un incidente sei tranquillo, non immagini nemmeno quello che sta per succederti. Un attimo dopo vivi nell’incubo. Un attimo prima di un’alluvione o di un terremoto credi che i tuoi problemi siano quelli di ogni giorno, e un attimo dopo li rimpiangi, perché qualcosa di peggiore li ha spazzati via. Un attimo prima credi di essere amato e un attimo dopo sai di non esserlo più, o di non esserlo mai stato. E questo può succedere a tutti, anche a quelli che si sentono dentro una botte di ferro, a quelli che si reputano potenti, o si illudono di essere felici.
Godiamoci gli ‘attimi prima’, perché gli ‘attimi dopo’ possono sempre arrivare…

Io intanto mi godo gli attimi che la vita mi riserba giorno per giorno, pronto a sfidare persino i due minuti che la macchina mi concede, nella certezza e nell’augurio che gli ‘attimi dopo’ qualche volta possano anche essere migliori degli ‘attimi prima’.
Lo auguro a tutti voi. Ehm… quasi a tutti!

Settimo giorno di ferie su dodici. Sono le 9 e 23 di una giornata che promette il sole che non mantiene. O forse mantiene il sole che non promette. Boh!
Ho deciso: andrò a cucinarmi una bella classifica di canzoncine fritte e rifritte, con abbondante contorno di pimpante pubblicità in gratella. Ma mi riuscirà uno schifo, perché io non so cucinare, e butterò via ogni cosa.
Pazienza. Tanto non avevo fame!

“G”



12 giugno 2007.
UNA VITTORIA MERITATA.


Fra tante stecche finalmente un acuto. Ci voleva.
La cosa che ho da poco saputo mi riempie di orgoglio. Non sarà la fine del mondo, ma sempre meglio di un cacciavite in un occhio.
E potete vederla a lato, negli spazi blu (come il mare, come il cielo…), dove c’è scritto ‘Il “G” su Wikipedia’. C’era anche prima, direte voi. Sì, rispondo io, ma quello che non sapevo è quanto sia arduo arrivare ad avere una voce propria in quella libera ma rigidissima enciclopedia.
Devi passare una lunga settimana di esami, durante la quale chiunque ne abbia facoltà, da tutta Italia, può votare a tuo favore o contro, motivando o meno la propria decisione.
Ovviamente la voce non l’ho curata io, ma una persona che nemmeno conosco, un grande estimatore e purista della Lingua Italiana, che vorrei pubblicamente ringraziare. Grazie Emanuele!

E’ bello vedere come ci siano persone che sanno tanto di te e si imbarcano in iniziative del tutto prive di redditività per darti qualcosa (molto) del loro tempo, delle loro energie.
E ce ne sono tante, vedo… Grazie a tutti!

Se avete visitato su Wikipedia la voce ‘”G” (conduttore radiofonico)’ nei giorni precedenti vi sarete accorti che era preceduta da un fosco avviso, che la definiva ‘da cancellare’ per dubbia ‘enciclopedicità’.
Apertasi la votazione ognuno ha detto la propria, e alla fine della regolamentare settimana di passione (tanto per cambiare) i voti a favore hanno nettamente prevalso, secondo i criteri valutativi imposti dal severo regolamento, su quelli contrari. Sono tante le voci che non ce la fanno e spariscono. La selezione è durissima. Giustamente. E, giustamente, la mia ce l’ha fatta.
Adesso la brutta scritta è sparita, e se andate a cliccare in fondo alla voce potrete scoprire, nella categoria ‘Conduttori radiofonici’, in quale buona compagnia mi ritrovi.

Insomma, io ci sono.
Buffo esserci quando non ci sei, e non esserci quando ci sei.
Beh, farò in modo di esserci essendoci, OK?

Oggi è l’ottavo giorno di ferie? Madonna come passa il tempo… Bel tempo oggi, splende il sole, e nel pollaio sono le ore…
E’ l’ora di smetterla, sennò vi fo tutti lessi!
(Significativo silenzio).

“G”



13 giugno 2007.
LE FERIE STANCANO?


Suvvìa, non esageriamo! Le ferie fanno bene. No?
C’è gente che appena lascia il lavoro si sente il vuoto addosso. E’ la perversione del sistema ‘vita=lavoro’ (“E lei, signorina, cosa fa nella vita?”. “Lavoro in un’azienda di servizi”. Ma non faceva meglio a dire: “Faccio delle ottime pipe?”).
Si confonde la vita col lavoro. E si finisce per ritenere vita il lavoro e lavoro la vita.
Ma, applicata a me, questa regola vale o no?
No.
Anche se il ‘lavoro’ che faccio mi piace (o piaceva?) molto, ho mezzi straordinariamente poderosi per riuscire a sfuggire alla triste regola imposta dal mondo.
L’importante è riempire la mancanza.
Ho mille e mille possibilità di farlo. Ho scelto in particolare, in questo periodo, l’immersione nel passato della mia famiglia.
Ognuno dovrebbe dedicarcisi almeno una volta nella vita-non-lavoro.

Siamo tutti dei derivati del latte. Il latte di mamme, tante mamme che si sono succedute per fare in modo che tu esistessi. Mamme lontane, che non hanno mai pensato a te, come tu non pensi a chi fra cento e cento anni allungherà la catena.
E’ bello risalire finché si può all’indietro nel tempo e conoscere almeno le mamme più vicine, continuando ad ignorare, ma immaginando vividamente, quelle più lontane.
Fai scoperte. Trovi amori, tradimenti, momenti di felicità e neri abissi di crisi. Entri dentro alla vita di persone che non ti hanno scelto e che tu non hai scelto per esistere, che però hanno fatto le loro belle trombate a scopo non sempre riproduttivo, ma evidentemente anche tale.
Poi, fra i tanti antenati, ne scegli uno in particolare, quello che ti avrebbe fatto più piacere conoscere. Nel mio caso ‘quella’. E approfondisci più che puoi la sua conoscenza a distanza. Leggi lettere, biglietti d’auguri, diari, guardi fotografie sbiadite, ritagli di giornale…
Ho letto per la prima volta cose che erano da tempo in mio possesso, e ho scoperto i successi e il tormento di una vita breve e intensa. Una vita che è stata essenziale per la mia.

E’ triste? E’ bello? E’ bello e triste allo stesso tempo, e ti dà la misura della realtà. Una realtà che porta inevitabilmente a una fine certa, per tutti, noi stessi compresi.
E ti chiedi a che serva tutto questo affannarsi, tutto questo accumulare, voler sopraffare gli altri…

Anche i ricchi piangono. Anche gli stronzi muoiono.

Solo il mantenimento alto e orgoglioso di valori essenziali e importanti fa valer la pena di vivere. Tutto il resto è cenere. Ma attenzione, ci sono ceneri e ceneri. Alcune puzzano, e puzzeranno in eterno.
Altre olezzano, e sto ancora inebriandomi del loro profumo.

Vedete che le ferie servono a qualcosa?

Nono giorno di ferie. Ne mancano tre.
(????????????????).

“G”



14 giugno 2007.
L’AMICIZIA.


Che bellezza sapere che c’è ancora della gente che dà valore all’amicizia!
Perché il mondo sembra stia andando in direzione contraria: fregarsi a vicenda è l’imperativo categorico del momento.
Un mondo in cui le persone contano sempre di meno e gli interessi sempre di più. Dove le aziende valgono più degli esseri umani. Nel quale perseguire un ideale equivale ad essere squalificati.
Un mondo di merda.
Gli amici si fregano a vicenda se è necessario. Ma necessario non dovrebbe mai essere. Che amici sono?

Ma io so per certo che l’amicizia ha ancora un posto nel cuore degli uomini, basta dar loro la possibilità di esprimerla.
Così accade che gente che non si conosceva si conosce, gente sola trova compagnia, gente esasperata dalle nuove regole ritrova quelle vecchie, ma non invecchiate, in quanto universali.
Lo so perché vivo in prima persona quest’avventura, ma da una posizione di privilegio: vedo formarsi gruppi, amalgamarsi provenienze opposte, l’appagarsi insieme di un obbiettivo da raggiungere. Che importa se non lo si raggiunge? Si è già raggiunto quello ‘primario’: l’amicizia, appunto. E non è affatto poco.

La mia personale soddisfazione è sapere che tutto nasce dai semi che io ho sparso sul terreno. Ho costruito gente vera, altro che rotto i coglioni alle vecchiette! Ne vado fiero.
Vorrei fare ancora qualcosa per questi fiori meravigliosi, in modo che non appassiscano nell’aridità generale.
Mi verrebbe quasi la voglia di creare una sorta di ‘Accademia dell’Amicizia’, un club molto speciale in cui io potessi continuare a versare, anche al di fuori della radio, acqua fresca e pura sulle loro radici e farli continuare a vivere belli e profumati come sono adesso, quei fiori.
Sarebbe fantastico: una volta alla settimana tutti insieme, a rigenerare la nostra linfa. Se non potessi farlo alla radio almeno potrei farlo di persona.
In fondo la mia propensione a formare gruppi omogenei è ormai ampiamente dimostrata.
Quanti siete? Cento? Mille? Centomila? Si può fare.
Io ho buttato là l’idea. Ad altri raccoglierla.

Ma guarda quante cose ti vengono in mente quando sei in ferie…

Sì, perché oggi è il decimo giorno di ferie, sapete.
Di già?
Peccato però: ci avevo preso gusto!
(Un gusto amaro…).

“G”



15 giugno 2007.
IL VERO SIGNIFICATO DELLE FERIE.


Essendo per me un fatto eccezionale, lo stare in ferie, ho voluto documentarmi sul significato del termine.
E ho scoperto che la parola FERIAE deriva dall’antico FESLAE, in cui la radice FES corrisponderebbe al greco THES, che ha il senso di pregare, invocare.
Quindi FERIE significherebbe ‘giorni di preghiera’.
Infatti le FESTE fin dall’antichità sono giorni di riposo ma anche dedicati al culto.
Altri fanno risalire la parola alla radice PHA(S), che significa ‘splendere’.
Quindi si possono definire le ferie come splendidi giorni di riposo, letizia e preghiera.
Per la verità non me ne ero accorto.

Ma non sempre le parole corrispondono alla propria etimologia.
E potrei anche inventarmene una tutta mia: FERIE come FERITA, per esempio.
FERITA si fa risalire alla radice ariana BHAR (= FAR, FER), dal significato di ‘tagliare’ o ‘forare’. Ecco, qui siamo più vicini alla realtà.
Non sono stato forse io tagliato, e persino… forato? (Ahi che mal!).

Mi è sempre piaciuto inventarmi le etimologie, dopo aver studiato quelle storicamente accettate, ovviamente. A volte inventando ci si dà anche.

E dopo questa botta di cultura voglio registrare un vivo successo della mia balzana idea di ieri. Come sempre venuta sul momento, mentre scrivevo.
Come alla radio quando parlo. Ehm… parlavo. Ehm… parlerò.
Insomma quest’Accademia dell’Amicizia sembra essere piaciuta.
Mi fa piacere. Però vorrei precisare che non era e non è mia intenzione promuovere qualcosa di edulcorato, di mieloso, di prevedibile, ma una forma di amicizia attiva, anche discussa se necessario, e soprattutto intelligente e viva. Di quelle che ti fanno venire i lucciconi agli occhi del cuore per emozione vera.
Vedremo.
Intanto gli amici ci sono, la macchia d’olio si allarga. Ci metterei anche un po’ d’aceto, se permettete.
A voi disporne.

Le ferie, queste ferie, stanno finendo. Tra poco finirà anche questo diario.
E un po’ mi duole, perché mi è piaciuto tenerlo.
Chissà, potrei continuare così anche dopo. In fondo un blog, come ogni cosa, può – e forse deve – subire delle evoluzioni dovute al momento storico vissuto da chi lo redige.
Potrei iniziare un diario dalle non-ferie, ad esempio. Ora ci penso un po’ su, eh…

Intanto registro il declinare dell’undicesimo giorno di mie sudate ferie sulle parole che sto scrivendo. La tastiera mi sorride. E’ un’amica, anche lei…

(Devo smettere di vedere amici da tutte le parti…).

“G”



16 giugno 2007.
ULTIMO GIORNO.


E così ci siamo arrivati. Tutto arriva, se non è prima è poi: le cose belle e le cose brutte.

Ma… Questa è stata una cosa bella o una cosa brutta?

Brutta senz’altro nella forma, più che nella sostanza.
Mi spiego: il modo in cui sono stato messo in ferie è stato brutto. Nessuno potrà negarlo.
Non si è dato alcun valore alla persona, prendendo unilateralmente la decisione e impedendomi di preavvertire i miei (tanti) ascoltatori della mia quindicinale assenza. Questo ha fatto sì che sia la radio che io stesso siamo stati fatti neri di telefonate da parte di gente allarmata, disorientata, stupita.
E se a me la cosa non può fare che piacere, penso che a chi ha dovuto rispondere, anche in diretta mi dicono, sulla mia mancata presenza saranno girate davvero le palle. Oh, non che a me dispiaccia.
Tanto per essere chiari tra me e i miei presunti colleghi ormai non c’è più niente di niente. Ripago con la stessa moneta sia i nuovi arrivati, distanti mille miglia dal mio modo di concepire il lavorare insieme, sia alcuni dei vecchi, rivelatisi, chi già da prima chi solo ultimamente, per quelli che effettivamente sono.
Una delle mie caratteristiche positive (se ne ho), come ho già avuto modo di sottolineare, è sicuramente la capacità di aggregare. Un tempo (lontano) riuscii a formare un meraviglioso gruppo di lavoro nella mia prima radio. Poi, col microfono, ho seminato tra il pubblico, e proprio ora, in questi momenti critici, posso assaggiare i frutti maturati. E non sono frutti amari.
Non tutti ci riescono, purtroppo per loro. C’è chi tende anzi a dividere. E chi forma dei gruppi tenuti insieme da pochi euro e da tanto odio nei suoi confronti. Ne vale la pena? Il portafogli magari dice di sì. Ma il cuore?
Il mio portafogli dice di no, ma il mio cuore dice un SI’ grande come una casa!

Ma passiamo alla seconda parte dell’assunto iniziale. Se queste ferie sono state brutte nella forma, nella sostanza lo sono state molto meno. Perché?
La condizione di lavoro in cui ho lasciato la radio (una macchina che mi comanda a bacchetta, poco tempo per parlare, programmazione musicale non sempre a me gradita ecc.) non mi ha certo ispirato troppa nostalgia della mia attuale trasmissione.
Se avessi avuto le mie sacrosante quattro ore, il mio ‘Sondazzo’ e tutto il resto, allora sì che mi sarebbe dispiaciuto. E’ la stessa differenza che corre tra il lasciare una cosa viva e una cosa morta.
Perché, essendo morta la cosa che prima era viva, posso essere nostalgico solo di quando era viva e non morta.
Così con le persone: è la loro vita che ti manca se la morte te le ha portate via. Si rimpiange la vita, non la morte.
Insomma, è chiaro il concetto?

Ciononostante, preciso come un orologio svizzero tedesco, io lunedì sarò al mio posto alle ore 12,30 e condurrò il tram fino alle 14,30.

Dodicesimo e ultimo giorno di ‘ferie’.
Per fortuna o purtroppo si torna al lavoro!

A meno che…

“G”



17 giugno 2007.

ADDIO MAMMA!


DIARIO DALLA VITA


19 giugno 2007.
RINASCITE.


Sembra proprio che questo blog stia prendendo una via diversa.
Oh, non che abbia rinunciato agli ‘autodialoghi’, che mi piacciono tanto, ma in questo momento credo sia il caso di parlare direttamente a chi legge, e non a me stesso.
Sono successe cose basilari nella mia vita, perciò ho deciso di intitolare questa serie di articoli ‘Diario dalla Vita’, come la precedente s’intitolava ‘Diario dalle Ferie’.
Le ferie sono finite ed io tornato al microfono.
Certo se dovessi seguirmi come ascoltatore oggi avrei molti problemi.
Gli interventi che mi sono riservati a volte sono di 5 secondi! A volte però anche di 30… Raramente di 1 o 2 minuti…
Impera la pubblicità: io non lo so, ma può darsi anche che superi il massimo consentito dalla legge. Supera sicuramente il massimo consentito dalla pazienza degli ascoltatori.
Io per poter parlare un minimo butto nel cestino virtuale alcune canzoni, ma non basta. Mi rendo conto di essere inascoltabile. E mai mi era capitato nella mia lunga e – come si dice – onorata carriera.
Nei messaggi che mi mandate a volte ironizzate (‘O “G”, che la smetti di interrompere ogni pochino la pubblicità?’), a volte vi incazzate (‘Ma mandali tutti a fare in…’). Chissà dove.
No. Io resto lì a farmi distruggere, consapevole che chi mi fa questo operi in realtà un’autodistruzione. Io resto intatto.
Ricordate che figura di merda ci ha fatto chi ha messo in croce Gesù?
Nessun paragone, è ovvio, parlo di sistema. E anche qui non mancano i Farisei, i Pilato e i Giuda. C’è tutto.

Ieri alla funzione religiosa per il commiato a mia madre il prete non ha avvinto la folla con il suo discorso, ma una cosa che ha detto mi è rimasta impressa: Gesù ha avuto tante tentazioni, l’ultima delle quali quella di sfuggire al martirio e alla morte. Avebbe potuto, ma ha scelto di bere fino in fondo l’amaro calice.
Io ho sempre ammirato la figura del Cristo, poi strumentalizzata dai mercanti nel tempio, e se posso anche lontanamente tentare di seguire il suo esempio ne vado fiero.

Beh, speriamo di meritarci anche la resurrezione…

Ho tante cose da dire, e lo farò, almeno qui.
Stamattina ho visto la bara contenente il corpo della donna con cui ho vissuto per tutta la vita scendere in una fossa ed essere ricoperta di terra. E credo che sia il momento di pensare seriamente a cosa fare di ciò che resta della mia esistenza.
Cosa volete che sia un piccolo ostacolo come quello di un programma radiofonico umiliato ed offeso?
Da tutto questo nasce un nuovo “G”. Peggio per chi se lo perde.



20 giugno 2007.
CUPE RIFLESSIONI.


In un momento di perdita di certezze come l’attuale si è imposta alla mia attenzione una serie di riflessioni forse cattive, forse sbagliate, forse invece buone e giuste, chissà…
Mentre al microfono non sono più felice, affogando in un mare di mer…avigliosa programmazione musical-pubblicitaria, ben altre immagini si formano nella mia mente.
Sono immagini di morte. Sembra che intorno a me tutto stia morendo, e mi chiedo se sia per mia colpa. Ma io ne sono assolutamente innocente.
Muore un sogno soffocato dalla cupidigia, muore una madre soffocata dall’incapacità di ospitare ossigeno, muore il mondo soffocato dall’uomo.
E quando vedi quella fossa, e le altre già scavate, in attesa, non vedi solo le fosse degli altri, ma anche la tua.
E ti chiedi a che pro nascere, a che pro vivere, e vai più in là: ti chiedi se i genitori, dando la vita ai propri figli, non ne siano essi stessi gli assassini.
Infatti muore solo ciò che è vivo. E muore sempre. Niente di ciò che è vivo sfugge alla morte. Perché allora donargli la vita? Così facendo gli doni anche la morte.
Fai figli soprattutto per compiacere al tuo desiderio, e quando li vedi piccoli e deliziosi ridere, giocare, imparare la vita, non pensi alla loro morte: tanto avverrà dopo, quando tu sarai già andato. Casomai pensi alla tua. Tutto un fatto di egoismo, vivere.
Io in una mia canzone-sigla (ah, che bei ricordi…) cantavo: “Tra mille e mille spermatozoi la vita ha scelto soltanto noi, e se qualcuno non l’ha capito gli infiliamo un grosso dito… Su… per il culo!”. Ecc. ecc.
Un testo tendente all’ottimismo.
Ma oggi, forse per le note vicende, non mi sento più così ottimista.
Scopro invece che qualcuno prima di me ne aveva parlato in una sua somma poesia. Mica uno qualsiasi: Giacomino Leopardi.
Cito:

‘Nasce l’uomo a fatica,
ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
per prima cosa; e in sul principio stesso
la madre e il genitore
il prende a consolar dell’esser nato.
Poi che crescendo viene,
l’uno e l’altro il sostiene, e via pur sempre
con atti e con parole
studiasi fargli core
e consolarlo dell’umano stato:
altro ufficio più grato
non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perché dare al sole,
perché reggere in vita
chi poi di quella consolar convenga?
Se la vita è sventura
perché da noi sì dura?
Intatta luna, tale
è lo stato mortale’.

La poesia è lunga e grandiosa. Vi consiglio di leggervela tutta. Io l’ho fatto ieri alla radio, rubando tempo al niente.
Forse mi passerà questo momento di cupe riflessioni, ma ancora dura: genitori assassini, figli vittime e a loro volta, domani, assassini…
Si nasce per incartapecorirci nella vecchiaia, per subire l’affronto, l’umiliazione del tempo spietato. E, supinamente, accettiamo tutto questo, perché è inevitabile.
Chi vi scrive sarà morto. Chi mi legge sarà morto. E’ solo questione di tempo. E sarà poco, pochissimo, e il non poter farci nulla ci rende fatalisti. Salvo cacarci addosso quando sentiamo che il tempo è finito.
Perché non siamo come gli animali? Questo è un altro concetto espresso da Leopardi nella stessa poesia (‘Canto notturno di un pastore errante dell’Asia’). No, noi abbiamo un cervello superiore, gran dono di Dio, e mentre le pecore del pastore si posano serene sull’erba lui, facendo lo stesso, si annoia a morte. E chiede alla Luna perché. E lei non gli risponde.
Noi dobbiamo soffrire ed esserne consapevoli. E tutto quello che facciamo, tutto quello che siamo riusciti ad essere, presto sarà dimenticato, tempo una o due generazioni, cioè niente.
Lo sappiano gli stronzi, questo!
Il brutto è che lo sappiamo anche noi.

Via, su, diamoci da fare. Non sprechiamo altro tempo: togliamoci la soddisfazione, almeno, di essere GRANDI.
Questo sì, si può.

“G”



22 giugno 2007.
L’IMMENSA SOLITUDINE DEI GATTI.


Guardo una foto di mia madre. E’ giovane, bella, sotto i venti.
E m’immagino che qualcuno le dica: “Tu morirai a 93 anni”. E la sento rispondere come risponderebbero tutti a vent’anni: “Magari! Ci metterei la firma! C’è tanto tempo ancora…”. Un alzarsi di spalle e via nel tempo beato che a vent’anni sembra non trascorrere mai.
Ma i 93 anni passano, il momento arriva. Nessun luogo è lontano, scriveva Richard Bach. Nessun QUANDO è lontano, si può parafrasare.
E al momento della scadenza dei termini forse una proroga di qualche mese, dovuta più che altro ad accanimento terapeutico, poi la chiusura definitiva della pratica.
E di anni possono esserne passati 30, 40 o 93: è la stessa, identica cosa. Quando è finita è finita, e non conta la permanenza del proprio corpo vivo nel mondo. Dopo si è tutti inspiegabilmente uguali.
“Aveva solo 27 anni. Poverino, è morto giovane!”. No, se si chiama Masaccio.
“Beh, in fondo aveva 93 anni, era arrivato il suo momento”. No, se si chiamava Pincopallino.
Non esistono vecchiaia e gioventù. Esiste quello che riusciamo a fare nell’arco dei (comunque) brevi anni concessici.
In realtà una prima vita dovrebbe esserci data per prova, e una seconda per essere. Ma ci fermiamo tutti alla prova.
Le teorie sulla reincarnazione lasciano il tempo che trovano, dal momento che il reincarnato non ricorda niente delle vite precedenti, ed è costretto a rinascere bambino sperduto nel mondo per un altro faticoso periodo di prova.
Dovremmo avere una seconda opportunità essendo in grado di far tesoro di tutto quello che la prima ci ha insegnato. Questa dovrebbe essere la differenza tra noi e gli animali. E invece…

Animali.
Ho assistito a un fatto straordinario, proprio in concomitanza con la morte di mia madre.
Arriva la telefonata dall’ospedale alle 5,30 circa del mattino. Mi danno l’annuncio. Su di me scende qualcosa di pesante, che non si vede, ma pesa, pesa, e soffoca, e brucia… Riattacco il telefono e comincio a vagare per la casa. Sono solo. Eppure lo sapevo che era inevitabile: perché questa sensazione di peso opprimente? Mi organizzo per correre da lei. Lavarsi, vestirsi, sempre con la confusione in testa, il groppo alla gola e lacrime inarrestabili.
Non vi racconto niente di nuovo, sono comportamenti di tutti a certi annunci.
Prima di uscire cerco conforto nell’unico essere che è con me in casa: Iside, la mia gatta. Ma dov’è? Non la trovo. Esco. La ritroverò al ritorno, mi dico.
Torno, la cerco. Non c’è. La chiamo, mi infilo in tutti i pertugi più nascosti della casa. Non c’è. Temo di aver perso anche lei. E’ caduta dal balcone? E’ scappata dalla porta mentre uscivo?
E’ domenica. Passa la mattina, arriva il pomeriggio. La ricerca di Iside si fa pressante e senza esito. Scendo persino giù a controllare se, caduta dall’alto e feritasi mortalmente, non sia andata a morire in qualche cespuglio dei pressi. Niente, per fortuna.
Scende la sera. Nel frattempo ho dovuto occuparmi di un sacco di cose spiacevoli. Torno e la cerco di nuovo. Non c’è, non c’è!

E’ notte inoltrata quando dal nulla Iside appare. Dove si era nascosta? Non so. Ma c’è. L’accarezzo. Lei si struscia a me. E’ viva. C’è.
Racconto il fatto ad una persona cara e mi sento dire: “Ha sentito la morte. Si è nascosta fino a che non ti ha percepito più tranquillo, poi è uscita”. Può essere così? “I gatti lo fanno”.
Quanti ormoni di morte devono essermi usciti quella mattina durante e dopo quella telefonata? Lei li ha sentiti tutti, e si è rintanata senza farsi sentire, senza rispondere ai miei richiami, senza mangiare per un intero giorno. E Iside di solito mangia in abbondanza. E’ sempre a chiedere…

Io osservo i gatti da tutta la vita, e ne ho notata l’immensa solitudine.
Si dice siano egoisti. Forse invece sono esseri cosmicamente soli perché troppo più sensibili di noi. E non possono dirci che “Miao!”.
A volte Iside mi guarda, e ho la netta impressione che sia a conoscenza di cose che io ignoro.
E la ringrazio anche dei graffi.

“G”



22 giugno 2007.
TUTTO E’ (QUASI) COMPIUTO.


Peccato dover scrivere un altro pezzo di diario subito dopo il precedente, che mi piaceva molto. Ma voi leggete anche quello, OK?
Questo invece mi piace meno, molto meno.
Sto scrivendo a stento, continuamente interrotto da telefonate di ascoltatori che mi chiedono perché io non sia alla radio.
Rispondo a tutti quello che sto per scrivere qui:

IO NON SONO PIU’ IL “G” DI RADIO BLU !!!

Però sono ancora il “G”.

E’ accaduto che, tornato in trasmissione lunedì scorso, con mia madre ancora esposta nella camera ardente, io abbia trovato una situazione volutamente pesante nei miei confronti: tonnellate di pubblicità e musica nel mio programma, e spazi ridicoli per parlare: dai 5 secondi ai 30. Dal minuto al minuto e mezzo. L’avevo già denunciato su questo diario martedì scorso, il 19, andate a vedere.
Una condizione di irrespirabilità per me. Ovviamente ho fatto presente la cosa ai molti che ascoltando e inviandomi sms me ne chiedevano spiegazioni. Ho detto quello che pensavo, descrivendo semplicemente e con parole vere, per lo più ironiche e senza offendere nessuno, l’assurda situazione professionale in cui ero stato cacciato.
Questo non è piaciuto alla direzione dell’emittente, che mi ha spedito un telegramma in cui mi si intima, con effetto immediato, di astenermi da interventi in voce, in attesa di valutare quanto da me detto in trasmissione.

Come al solito (vedi ferie forzate e non annunciate) si tappa la bocca a qualcuno (sempre a me, però…) a tradimento, senza dargli neanche modo di informarne il pubblico. Da qui si capisce quanta importanza chi agisce così dia agli ascoltatori. Zero.
Si vedrà quanto ascolto daranno loro all’emittente. Zero.

Pensano di avere in mano le armi per poter facilmente licenziarmi, o addirittura adire le vie legali contro di me? Così si rigira la frittata e si arriva all’assurdo: il danneggiato diventa danneggiatore…
Ma non è contemplata in Italia la legittima difesa?

In ogni caso, onore al merito: non ho leccato culi a nessuno, io, o assunto posizioni pecoresche, e comunque vada ne esco a testa alta, parlando libero fino in fondo.
Sono piuttosto fiero di me.

“G”



23 giugno 2007.
SOLO POESIA.


No, oggi non voglio mettermi a lottare. Voglio distendermi sopra un prato verde punteggiato di margherite ed ascoltare una poesia.
Quella che nell’ultimo giorno di trasmissione ho voluto leggere al microfono, e che mi ha fatto incrinare la voce sul bellissimo finale.
Non mi si incrineranno le dita sulla tastiera se adesso la scrivo…

Accarezzami le mani

figlio mio

tienile tra le tue

per sempre

quel tempo in cui vivemmo

uno per l’altro

uno nell’altro

in un sol cuore

è ancora qui

ancora ti sento vivere

con gli occhi chiusi

le labbra trepide

tu sei ciò che la notte

non disperde

l’insonnia sulla barca

ormeggiata senza fune

le prime ore del mattino

la certezza lenta e silenziosa

il lamento di una radio

che annuncia il canto

la tana indistruttibile

il rifugio della rubecola

vorrei fosse già domani

per l’attesa di un tuo bacio

ma è già passato

quel finto commiato

nulla è più distante

siamo tornati insieme

uno per l’altro

uno nell’altro

sono io quella bambina

che vive e cresce nel tuo cuore

figlio mio

———– Walter Rossi.

(Accidenti, anche le dita…).

“G”



25 giugno 2007.
LA PAROLA A VOI.


Ricevo continuamente vostre comunicazioni attraverso mail, sms, telefonate.
Oggi voglio pubblicare i testi di alcune mail di questi ultimissimi giorni.
Esse rispecchiano, esemplificandolo, tutto il vostro attaccamento a un programma radiofonico e al suo conduttore.
La parola a voi!

UN MESSAGGIO FRA I TANTI.
Ciao G… Ti scrivo stasera dopo questo periodo di riflessione in cui non ti ho (purtroppo) ascoltato per radio ma seguito ogni giorno nel tuo diario internettiano.
Lo so che questo è solo uno dei tanti messaggi che ti saranno arrivati e che continueranno ad arrivarti, ma ho voluto esserci anch’io. Ti scrivo solo per ringraziarti della compagnia che mi hai fatto per radio in tutti questi anni, tanti, non ricordo neppure quanti siano di preciso.
Mi hai fatto riflettere e divertire nello stesso tempo, mi hai fatto conoscere cose che non sapevo sulla poesia, sull’arte e anche sulla gente, su di noi… In questi anni di Sondazzo ci hai fatti partecipi dei cambiamenti dei tempi, degli umori. Spero che tu riesca a trovare nuovi spazi magari su altre emittenti. Sì, su altre emittenti, perché la radio che seguivo e che mi teneva compagnia non esiste più, è rimasto solo il nome che suona addirittura come un insulto al ricordo della vecchia Radio Blu. Ora il colore è sbiadito e si confonde con i colori delle altre emittenti… Oddìo, più che colori sembrano di un grigio fumo, una nebbia che nasconde la creatività e la libertà, ma forse tutto questo fa parte dei cambiamenti della vita riflessi nel Sondazzo, siamo tutti omologati, monotoni. Che noia…
Ti seguo ancora sul blog, oltretutto ancora più riflessivo, più intimo…
Mariano Benassi.

MESSAGGIO DA UN LETTORE DEL TUO BLOG.
Ciao, amico G, mi manchi, mi manchi tanto. Sono un ragazzo del Valdarno che ti ha sempre seguito. Cazzo G, per la prima volta mi mancano le parole, vorrei svegliarmi e accendere la radio e sentire la tua voce che mi tiene compagnia nei giorni più bui, e credimi io ne ho avuti tanti tanti, ma tutto è finito. Quanti ricordi mi affiorano nella mente. Mi scappa da piangere. Racconterò ai miei figli e a chi non ti ha conosciuto che persona fantastica sei.
Torna presto, ci manchi!
Cristiano.

SENZA TITOLO.
Ciao G, amico delle mie ore più belle e spensierate, dove con il tuo Sondazzo e il tuo parlare a ruota libera mi rallegravi quella 4 ore, in casa, mentre si mangiava io e mia moglie ci ridavi quella allegria nel sentire le tue provocazioni telefoniche… Ah caro G quanto ci manchi, ma lascia quel posto, non fa più né alle tue idee e né tantomeno a quelle dei tuoi fedeli ascoltatori, è diventata una radio che non dice nulla, non è più quella radio di provocazioni e socialmente utile per rallegrarci e faci fare due sane risate.
Ciao G, per me sarai sempre la persona che mi ha dato tanti sorrisi e anche molta cultura che io non ne ho. Ciao, un abbraccio affettuoso.
Franco e Famiglia.

SENZA TITOLO.
Ciao G, ho potuto scoprire da poco il tuo blog, perché non ho mai sentito il bisogno di andare a leggere quello che scrivevi, perché ti ascoltavo, anche se non sempre, e mi facevi compagnia. A volte devo essere sincera non condividevo le tue idee, ma non importava. E’ giusto che ognuno di noi la pensi come vuole. Comunque quando ti potevo ascoltare mi facevi compagnia e ogni tanto anche sorridere e quindi di conseguenza dimenticare i miei problemi quotidiani. Adesso a malincuore ho letto che ti hanno cacciato via perché parlavi troppo e troppo di quello che i signori non volevano che tu parlassi (bella democrazia). Io nel mio piccolo finché tu non ritornerai a Radio Blu mi sono ripromessa di non sentirla più anche perché ora fa letteralmente schifo. Scusami carissimo G se non so scrivere come te (in questo momento dovrei lavorare), ma quando non ti ho sentito in radio mi sono immaginata quello che già presagivo da tempo, cioè che non ti avrebbero più fatto parlare liberamente e quindi uno come te era diventato troppo scomodo in una radio bigotta come quella che è diventata Radio Blu. Tieni duro caro G!
Con affetto.
Antonella.

DOMENICA MALINCONICA.
Carissimo G, sono un tuo ascoltatore di Lucca da tantissimi anni e non puoi capire quanto tu sia stato importante nel costruire gran parte del mio carattere e della mia personalità. Con te ho attraversato gli alti e bassi della vita, ben sapendo che ogni giorno – qualunque cosa succedesse – tu non mi avresti abbandonato in quel ‘mitico’ orario da mezzogiorno alle quattro dove si rideva e si ragionava, si imparavano cose nuove e si ribadivano le nostre certezze. Negli anni sei diventato il fratello maggiore che non ho mai avuto ma anche un insegnate vero che a scuola non ho mai trovato. Poi, d’improvviso, l’ottusità di poche persone ci ha tolto tutto questo e mi ritrovo qui, in questa domenica malinconica a scriverti per sentirti comunque vicino, per dirti grazie di tutto quello che ci hai dato in questi anni e che nessuno ci potrà comunque togliere.
Vorrei dirti tante altre cose ma preferisco chiudere questo mio sfogo con un forte abbraccio e con la certezza che arriveranno tempi migliori per entrambi.
Ciao amico G.
Luciano Martini.

Alt, per ora.
Potrei andare avanti per molto, molto spazio, e leggereste lettere molto simili tra loro, con prima un rimpianto per me e poi una (s)valutazione sulla radio che per tanti anni ho contribuito a fare grande.
Ovviamente lascio a chi ha scritto tutta la responsabilità dei giudizi espressi sull’emittente.
Io, da bischero che sono, continuo ad amarla…

“G”



26 giugno 2007.
ULTIM’ORA. OGGI COMPRATE ‘IL GIORNALE’.
NELL’ALLEGATO ‘IL GIORNALE DELLA TOSCANA’ TROVERETE UN ARTICOLO SU DI ME.

(SENTILAEEEEEE…)

Ma intanto…

Beccatevi qualche sms arrivato recentemente sul mio popolarissimo cellulare 333 180 52 52.
Gli sms, forma nobilissima di comunicazione sintetica, mi arrivano a pioggia, e il temporale sembra non finire mai.
Tanto tuonò che piovve!

ANCORA VOI, SEMPRE VOI.
(13 a caso).

E’ la prima volta che scrivo ad un uomo, visto che sono un uomo anch’io. Però… mi manchi tanto, G!!!
Tuo fedele Leo4you.

Grande G, ascoltarti così legato era come trombare l’Arcuri senza togliersi mutande e calzoni….
Marco da Figline.

O Gieeee… Indottussefinito?

Di cosa hanno paura i nuovi ‘padroni’? Del tuo potere? Quello di farci sorridere, pensare, criticare? Ci vogliono tutti impotenti, grassi, senza capelli e con i duroni?
M.

O G, ma che succede? Hai fatto tardi alla Manpower o all’Adecco?

Ehi, non posso pensarti lì a pensare… OK, penso ad altro… Ma tu… sei più forte di loro, di tutto!
A.

Ciao G! Prima di tutto voglio ringraziarti per tutto quello che mi hai dato in 20 anni e vorrei starti vicino in questo periodo così difficile.
Andrea da Prato.

Ciao G, sto passando un periodo pessimo, come non bastasse tu non sei più in radio. Mi hai fatto ridere, pensare, imparare. Grazie! Domani devo fare un ECG, ti penserò.

Caro G, che silenzio c’è nimmondo senza di te! Mi sento come se dovessi scontare una specie di pena, la pena del silenzio appunto… A casa avevo piazzato una radio in ogni stanza (persino nella doccia!) per poterti sentire e ora mi trovo con tutti questi oggetti muti e inutili bisognosi solo di essere spolverati… Ma questo periodo passerà, lo sento, anzi ho la sensazione di qualcosa di grande in arrivo. Speriamo, G, speriamo…
Un’ascoltatrice.

Caro G, che altro dire che non sia già stato detto? Ti auguro solo che a una stagione feconda e felice in radio conclusa con la testa alta ne possa seguire un’altra altrettanto positiva. A te tutta la mia stima ed il miglior augurio di… riscatto! Ciao.
Everyone.

“G”, mi dispiace tanto per ciò che ti è accaduto e che è accaduto a noi. Ma sono sicura che non ci lascerai soli… Sbucherai fuori in altre forme! A presto!
Lara.

G ma dove sei? Radio Blu è uno schifo senza te. Un bacione a te G, genio incompreso. Tvb.
Paolo gay da Fiesole.

Ieri ho avuto l’occasione di ascoltare vecchie registrazioni del Sondazzo. Credimi, mai come adesso riesco ad apprezzare la tua bravura, la tua fantasia e la tua intelligenza. Quanta nostalgia, quanti ricordi, quanta compagnia mi hai fatto. Forse avrò un’intelligenza limitata, ma non riesco a capire la strategia della nuova proprietà. Eppure dovrebbero sapere che nei grandi network ci sono brutte copie dei tuoi programmi…

E via così, senza sosta.
Chi, forse in malafede, insinua che io negli ultimi tempi ho avuto un calo di popolarità e di ascolti, è servito. Questo è solo un pallidissimo esempio delle centinaia, migliaia di messaggi che mi arrivano di continuo.
Chi invece lo pensa in buona fede, allora ha capito male o si è informato peggio.
Sono un caso raro: vengo ‘ascoltato’ anche se non trasmetto!
Forse un giorno mi studieranno a scuola… Che palle, il “G”!
Il fenomeno non accenna a calare, e brave persone avvertono un tale vuoto che chissà cosa non farebbero per riempirlo…

Io assisto sbigottito e ringrazio!

“G”



28 GIUGNO 2007.
L’UOMO DEI MIRACOLI.


Non vorrei si fraintendesse questo titolo che mi sono modestamente attribuito.
I miracoli accadono intorno a me e ancora stento a credere di essere io a provocarli. Ma no, non sono io, sono gli altri.
Io sono il miracolato.
Ecco, così va meglio. C’è un meraviglioso fervore tutto intorno alla mia esistenza, quasi un’aura fatta di splendenti persone che mi avvolgono di luce.
Forse è sempre stato così, ma uno se ne accorge solo in certi momenti della vita.

Come 28 anni fa adesso risuccede. Nel frattempo dove si erano rintanati gli angeli?
Dietro un apparecchio radio ad ascoltarmi, sotto un palco a divertirsi, per strada a salutarmi, su un libro a leggermi…

Ma ora che l’uomo è in difficoltà eccoli spuntare fuori da tutte le parti, pronti a fare qualcosa (tanto) per il fortunatissimo sfortunato che ha la fortuna di avere sfortuna. Perché è allora che si vedono gli angeli.
Non li vedi nei momenti di vacche grasse, o almeno credi di non vederli. Ma quando le vacche dimagriscono, se tu hai fatto qualcosa di buono nel frattempo, eccoli, tutti lì, pronti a sostenerti sulle loro ali.
E nascono gruppi, e si fanno avanti persone, e ti danno conforto e non solo. Anche fatti concreti.

Vorrei poter fare i nomi di tutti, scrivendoci accanto il loro miracolo, ma diventerebbe una lista sterile, da lapide.
Chiunque legga questa pagina di diario sappia che anche lui probabilmente fa parte della schiera, e se per caso non fosse così dovrebbe porsi dei seri quesiti sulla propria esistenza. Magari anche darsi di stronzo. Perché so per certo che alcuni stronzi mi leggono, e, chissà, adesso che l’ho detto scopriranno finalmente di esserlo. Ma sono certo che l’abbiano sempre saputo.

Non posso dire tutto e tutti, ma vi assicuro che mi sono capitate cose e persone in questi ultimi giorni da stupirsi. Scoprirei troppo le carte se fossi più chiaro. E certe volte è bene giocare a carte coperte.
Ho scoperto le mie carte per 25 anni, permettetemi di coprirne alcune adesso.

La parola che pronuncio più spesso in questo periodo è ‘grazie’.
Ma con orgoglio devo constatare che è anche quella che più spesso sento pronunciare.

Chissà se di questo debba ringraziare anche chi sta facendomi del male…

“G”

P.S. DELLA SERIE: MIO DIO COME SIAMO CADUTI IN BASSO!
Qualcuno dalle orecchie lunghe mi avverte di aver sentito stamani da una radio (chissà quale…) un tizio dalla voce impostata (o impastata?) che, riferendosi al matrimonio della Regina Elisabetta, lo ha collocato nell’Abbazia di Wess Master.
Ora chi glielo dice che Wess era quello che cantava con Dori Ghezzi e Master una parola inglese con vari significati che niente ha a che vedere con le abbazie, e in particolare con quella di Westminster?
Ah, ma forse si vuol battere la concorrenza di Testaunta…
Allora va bene! Perfetto!



29 giugno 2007.
ULTIM’ORA.

QUESTA SERA, ALLE 20,40 (REPLICA ORE 22,40), NEL TELEGIORNALE DI TVR TELEITALIA ‘OGGI IN TOSCANA’, IL “G” RISPONDE ALLA DOMANDA:
‘CHE FINE HA FATTO IL “G”?’.





30 giugno 2007.
INTERVISTE E INTERSENTITE.

Mi sono visto di nuovo in TV. Il mio pallido volto per un paio di minuti ha attraversato gli occhi di molti telespettatori, diventati, nell’attesa, ‘tele-aspettatori’…
Per prima cosa devo ringraziare di nuovo TVR Teleitalia, nelle persone di Elisangelica Ceccarelli e Lorenzo Cassigoli, nonché della gentile e fascinosa Claudia Guasti, tutti cari miei ascoltatori, per la sempre perfetta puntualità nell’invitarmi quando la mia vicenda subisce dei nuovi scossoni (siamo a cinque inviti a tutt’oggi).
Poi, inaspettatamente, mi corre l’obbligo di ringraziare la nuova Radio Blu per avermi insegnato la concisione: costringendomi a interventi di uno o due minuti al massimo mi ha fatto da scuola per la TV, in cui due minuti a volte valgono quanto un’ora di radio.
E devo dire che Radio Blu, com’è adesso, è il massimo dell’insegnamento per me: sa farmi parlare anche senza avermi in trasmissione!
Che splendida scuola!

In verità la mia mini-intervista di ieri era durata un po’ di più, ma già sapevo che ci sarebbero stati dei tagli: oh, non perché avessi detto cose poco gentili nei confronti di chicchessia, ma per pure necessità di tempo. In effetti ero stato un po’ troppo verboso: avevo parlato del ‘Gruppo G’, e anche di una sorgente iniziativa chiamata ‘Nessuno tocchi il G’. Avevo persino incrociato i polsi all’altezza del viso per simboleggiare la mia attuale ‘prigionia’, e declamato il testo del dolce telegramma col quale mi si è messo a tacere.
A proposito, per il momento sono ‘quelli là’ che tacciono. Non mi hanno più fatto sapere niente. Io aspetto, pazientemente e col sorriso sulle labbra…

E già che ci sono voglio ringraziare anche ‘Il Giornale della Toscana’, anch’esso puntuale nel seguire le mie vicissitudini radio ed extraradio.
L’articolo, il secondo dall’inizio del calvario, è stato di nuovo perfetto in ogni sua parte, rispecchiando esattamente i fatti e il mio pensiero, cosa non facile da verificarsi sulla carta stampata.
Bravo Marco Ferri, e grazie al direttore Riccardo Mazzoni, tutti, bontà loro, miei estimatori.
Anche qui il silenzio della ‘controparte’, vanamente interpellata, è suonato altamente significativo…

Ultimo ringraziamento, ma – come si dice – non ultimo, a tutti quelli che stanno dandosi da fare per me, e non sono affatto pochi: il ‘Gruppo G’ è una grossa realtà, ormai, e le sue iniziative spaccano. Che cosa? Mah… fate voi! Spaccano certamente il web con le tantissime visite al blog ufficiale (perilg.blog.tiscali.it).
E tutti gli altri, i singoli che mi chiamano, mi scrivono, spargono come possono la voce…
E nuovi amici come Emanuele, giovane genio della Normale di Pisa, che ha dato una pennellata di classe alla enciclopedicità della mia immagine, e il grande poeta Walter Rossi, uomo dalle molte e inaspettate risorse…

Insomma, se volevo passare un po’ di tempo da solo, ecco, non posso. Ci sono tutti questi meravigliosi rompicoglioni che per fortuna mi aiutano a vivere!

“G”



2 luglio 2007.
CHI APPARTIENE ALLA VERITA’ NON SARA’ MAI SCHIAVO DEL POTERE.


Potrà apparire strano che io intitoli così questa pagina di diario.
Ma perché strano?, chiederà qualcuno. E’ una bellissima frase, un concetto profondo e universale, vero.
No, no, non è questa la stranezza. Condivido in pieno quelle parole. Lo strano è che si tratta di una frase pronunciata proprio ieri dal Papa, e che, colpito, mi ero segnato per servirmene alla prima occasione.

Come sapete io non sono molto vicino ai concetti papali di solito, ma la mia nota imparzialità mi fa prendere il buono anche dove poco prima ho trovato del marcio. Quindi l’ho preso.
E l’occasione?
Quella si è presentata subito, guarda caso, così della frase in questione non ho potuto che fare il titolo di questo scritto.

In tre parole: SONO STATO LICENZIATO.

In data 29 giugno era partita una raccomandata che mi è arrivata solo oggi, e in cui mi si licenzia in tronco da Radio Blu per una causa che chi mi scrive definisce giusta.
Il concetto di ‘giusto’ è evidentemente molto soggettivo. Lascio a chi legge interpretare.

Finisce così definitivamente un’avventura durata quasi 25 anni, in cui ho dato tanto di me stesso a un microfono. Ho dato tutto.
Ho anche preso tanto. Non soldi: c’è ancora qualche stupidotto che mi scrive rinfacciandomi lauti stipendi… E magari va allo stadio ad inneggiare a mutandati multimilionari.
No, ho preso tanto da voi, e siccome io sono uno solo e voi una moltitudine, forse ho preso più io da voi che voi da me. Anche se ognuno ha avuto con sé il proprio “G”, il suo “G” personale, e ne ha fatto giustamente l’uso che più e meglio gli è parso.

E’ ovvio che io non pianga per come lascio la radio. Non quella attuale. Ma se lo sguardo del mio ricordo ripercorre le infinite imprese, a volte leggendarie, che abbiamo vissuto GANZAMENTE INSIEME, allora…
……………………………………………………………………………………
Succede anche a voi?
Lo sapevo.

Siamo stati una cosa sola per tanto tempo che sembra impossibile doverci separare.
Ma da quello che mi arriva, da quello che sento ogni giorno dalle vostre parole, dai vostri sguardi, dalle vostre strette di mano, capisco che adesso noi siamo uniti più di prima.

Come al solito quel signore che mi scrive, l’Amministratore Unico, si inventa circostanze facilmente confutabili.
Mi dice che le mie esternazioni in diretta ‘sono continuate nonostante i reiterati tentativi da noi posti in essere per cercare di farLe tenere un atteggiamento e un comportamento più corretto e più consono’.
(Mi danno del Lei con la L maiuscola ma mi trattano con la g minuscola!).

Ma quali reiterati tentativi! Ho scritto e riscritto IO alla proprietà, alla direzione ecc., facendo presenti i miei problemi di trasmissione e mai mi è stato risposto se non picche. E solo una volta, in una raccomandata del tutto pretestuosa risalente al 19 marzo, mi si richiedeva moderazione nei confronti dell’emittente. Io mi adeguai, ma furono loro a non moderarsi, riducendomi a una larva di conduttore e distruggendo, radendo al suolo letteralmente la mia immagine pubblica. “G”round Zero.
A quel punto se, privo di risposte dalla proprietà, ho esternato i miei disagi e quelli degli ascoltatori col mio solito fare ironico, credo di avere fatto il minimo. Il massimo sarebbe stato… Fate voi.

E, attenzione, non gli basta licenziarmi: si riservano anche ogni azione nei miei confronti nelle opportune sedi al fine di ottenere ‘il risarcimento dei danni da Lei procurati col Suo illegittimo comportamento’.
Altro concetto molto soggettivo, quello dell’illegittimità… Quello del ‘danno’ poi…

Non è che io non sappia ciò che ho detto in diretta. Ho le registrazioni. Ho le trascrizioni. E, riascoltandomi, non ho potuto che sorridere: non c’è proprio niente di offensivo. Qualche ‘legittima’ battuta nel mio stile e qualche opinione degli ascoltatori. Ah, se avessi letto anche i messaggi più crudi…

OK, signori, se volevate creare un martire ci siete riusciti.
I martiri sono quegli uomini e quelle donne che non chinano la testa, e preferiscono andare al rogo piuttosto che rinnegare le proprie idee.
Ma attenzione: i martiri hanno fatto bene sempre e solo alla propria causa, mai a quella dei loro aguzzini.

Perché chi appartiene alla Verità non sarà mai schiavo del potere.
Grazie, Benedetto, una volta tanto.

“G”



4 luglio

(Independence Day).
ANALISI.


* Primo elemento: IL LICENZIAMENTO.

E’ sinonimo di FALLIMENTO? Di SCONFITTA? Di DISPERAZIONE?
Nonononononononononononononononononononono…
Al contrario.
Ovviamente parlo del mio caso. A ognuno i casi suoi.
Premesso che è la prima volta in vita mia, l’esperienza si rivela tutto sommato positiva. Quasi esaltante.
L’abbinerei piuttosto alle parole SUCCESSO, VITTORIA, ORGOGLIO.
Non volendo mai copiare nessuno, anche in questo sono stato il primo. Non che mi auguri che altri seguano la mia sorte, anzi: spero proprio di essere non solo il primo, ma di restare anche l’unico.
Mi piacciono i pezzi unici, mi piace esserlo.

Il mio ORGOGLIO ha avuto SUCCESSO fino alla VITTORIA!

Perché venire escluso in questo modo e in queste condizioni non può essere che una grande VITTORIA.
Il mio non è affatto un ragionamento autoconsolatorio, come qualcuno potrebbe insinuare.
Ed eccone la prova: solo il pensiero di dover eventualmente ritornare davanti a quella macchina mi atterriva.
Se mi avessero richiamato avrebbero raggiunto senza fatica il loro primitivo intento: me ne sarei andato da me.

E invece MI HANNO FATTO VINCERE!
Vedi, a volte?

* Secondo elemento: I DATI DI ASCOLTO.

Ho passato 25 anni in una radio constatando ogni sei mesi quanto i dati di ascolto ufficiali mi premiassero.
Fino allo scorso anno la fascia d’ascolto che mi riguardava è sempre stata la più alta dell’emittente. Al secondo posto quella comprendente il programma sportivo, al terzo quella della mattina.
Io posso garantire solo per questi dati, essendo sicuro che nessuna strana manovra sia stata mai fatta per ottenerli.

Quello che succede attualmente non mi riguarda.
Non mi sento affatto responsabile dell’evidente calo dei primi quattro mesi, né tantomeno della miracolosa risalita degli ultimi due (+ 35%: mai successo nemmeno nei migliori anni dell’emittente!).
So solo che una miriade di ascoltatori proprio in questo periodo è diventata ex.
Forse a loro Audiradio non ha telefonato…
Ma loro hanno telefonato a me!

* Terzo elemento: GLI ASCOLTATORI.

Chi sono i miei ascoltatori?
Spesso me lo sono chiesto.
E’ ovvio che ogni persona faccia parte a sé, ma deve pur esserci qualcosa che accomuni chi sceglie di ascoltare un programma invece di un altro.
Per capire meglio facciamo un confronto: tra il mio programma e un programma sportivo, ad esempio.
Sia ben chiaro, è una scelta del tutto casuale ed ipotetica.

Allora: c’è chi ascolta solo il mio, chi ascolta solo l’altro e chi li ascolta entrambi.
Rispetto per tutte e tre le categorie, indubbiamente, ma con gli opportuni distinguo.

Chi ascolta solo me probabilmente non è interessato ad argomenti sportivi o non li condivide per diversa tifoseria.
Chi ascolta soltanto il programma sportivo è evidentemente interessato solo a quel preciso argomento.
Quindi, essendo il mio programma generalista, cioè vario, spaziante in tutti gli aspetti della vita, chi lo sceglie cerca ricchezza e varietà di argomenti, ama apprendere, migliorarsi e sognare, oltre che divertirsi.
Chi sceglie il programma sportivo, come si è detto, è interessato a un solo argomento, oltre il quale spesso non va. Ci vive, ci sguazza, fino a farne persino, in alcuni casi, una ragione di vita. Non desidera parlare né sentir parlare d’altro.
Chi ascolta entrambi i programmi dimostra apertura e giusta valutazione dell’importanza delle cose, e assomiglia più all’ascoltatore della prima categoria che a quello della seconda.

Altra differenza tra l’ascoltatore della prima e quello della seconda categoria è questa: mentre quello della prima ha una discrezionalità decisionale più sviluppata, anche in base alle scelte del conduttore che ha scelto, quello della seconda possiede una mentalità più elementare, è portato a farsi facilmente suggestionare e a credere a qualsiasi cosa gli venga suggerita dall’alto. Per ipotetico esempio, che il “G” sia quello che molesta le vecchiette al telefono. Così la calunnia diventa verità, modo di dire, etichetta, ripetitività da bassa radiocronaca.
Nel tranello non cascano gli appartenenti alla prima e alla terza categoria.

Il signor ‘seconda categoria’, che come abbiamo visto crede a tutto, è persino portato a credere, ad esempio, che certi maestri della banalità siano dei grandi professionisti, se glielo dice qualche gran sacerdote del gol.
E magari, sempre ipotizzando, lui lo dice perché non ama la concorrenza all’interno dell’emittente, e giova assai alla sua voracità che intorno a lui ci sia soltanto calma piatta, finalmente.

Continuando nelle ipotesi, lo stesso individuo potrebbe godere come un pazzo per il licenziamento di uno come me, pensando di essere il vincitore.
E invece perde. Ha sempre perso.
Può godersi tutti i presunti ascolti, ora, ma è come l’eterno secondo, che comincia a vincere solo quando il supercampione smette di correre.

Ma, attenzione…
Sempre per ipotesi: chi l’ha detto che il supercampione smetta?

“G”




E infatti il "supercampione" non smise di correre. Dopo l'uscita dalla radio entrò immediatamente in TV, dove visse altre quattro stagioni da protagonista. Ed essendo un purosangue da tiro (razza rarissima), ha continuato a macinare anche davanti alle telecamere, ogni giorno, una puntata dopo l'altra, in diretta, come ha fatto in tutta la sua carriera.
Dal 1983, anno in cui era passato dalla direzione al microfono, il "G" non si è fermato mai, fino al 2011, collezionando migliaia e migliaia di puntate dei suoi programmi giornalieri, sempre seguitissimo da un numero strabocchevole di fans, che tanto lo rimpiangono, dopo 34 anni di intensa e ininterrotta attività radio-televisiva.
Ma chi l'ha detto che dopo il dopo non ci sia, prima o poi, un altro dopo?






 
 
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