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DICEMBRE 2006 - Museo del G

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DICEMBRE 2006

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69 – LE DISCARICHE DELLA VITA.
5 Dicembre 2006




L’IMMAGINE.
La donna usata.
L’OPERA D’ARTE.
Quale miglior nudo dell’originale?
Piero Manzoni l’aveva capito, e si limitava a firmare direttamente i corpi femminili.
Per la cronaca, è lo stesso artista che metteva la propria merda in scatola.
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Ciao “G”! Mi chiedevo… C’è qualcosa che rimpiangi fortemente del tuo passato?
Il passato si rimpiange sempre e tutto, proprio perché è passato. Ma a volte mi sorprendo a rimpiangere anche il futuro.
Cioè?
Il futuro che non vivrò. Fra cento, mille, un milione di anni…
Quel futuro non lo vivrai mai. Ma il passato, quello sì, lo hai vissuto, quindi lo conosci. E sai cosa rimpiangi.
Certo, è così. E una cosa che rimpiango del mio passato è la vecchia discarica abusiva che fino a una decina di anni fa si stendeva lungo l’Arno, all’Argingrosso, zona ovest di Firenze. Sai, di quelle discariche dove trovi i classici cartelli: ‘Divieto di scarico’. E invece sono piene di roba…
Rimpiangi una discarica abusiva?
Sì, la rimpiango, va bene? Perché lì bastava passeggiare in mezzo alla strada e sia su un lato che sull’altro la città ti parlava attraverso i suoi rifiuti.
Chissà che puzzo!
Sbagliato! Era una discarica di materiali non organici. Nessuno veniva lì a buttarci la spazzatura di ogni giorno, bensì roba, oggetti, mobili, libri, quadri, dischi, lettere d’amore, indumenti, mattonelle… di tutto, ma non i resti dei volgari pasti giornalieri.
Quindi…
Quindi io che abitavo a due passi molto spesso ci facevo un giro. Un chilometro e mezzo di novità ogni giorno. E…
E?
E ci trovavo vite ancora pulsanti che mi chiedevano di non morire.
Tipo?
Cose di cui incredibilmente la gente si era liberata: fotografie, lettere, vecchie pagelle, librini della Prima Comunione, ricordi familiari di tutti i generi. E io con dolce compassione salvavo quello che mi sembrava da salvare.
Sì, ma cercavi soprattutto cose di valore.
E’ ovvio, e le ho anche trovate!
Dimmi, dimmi…
Posso citarti un medaglione apribile in oro massiccio dell’Ottocento, rivestito esternamente di lacca nera e con due diamanti incastonati, con dentro ancora l’effigie del defunto, un signore molto distinto vestito alla moda dell’epoca: era stato al collo di una nobile vedova, quel medaglione, ed ora era lì che mi chiedeva di essere raccolto. Posso citarti lo splendido ricamo del Seicento, in seta, su carta grossa, che ora è appeso a una parete di casa mia, inserito in una pregiata cornice ottocentesca sempre trovata nello ‘scarico’. E ancora, appallottolato, un pregevole dipinto su carta di Achille Vianelli, noto e quotato pittore della Scuola di Posillipo, datato 1831: l’ho salvato, curato e appeso anch’esso al muro. Sono sicuro che me ne è molto riconoscente. E che dire delle due rarissime stampe di Stefano Della Bella, pieno Seicento, che impreziosiscono un angolo di casa mia? E il mascherone cinquecentesco di legno dorato, di quelli che si usavano nelle sfarzose feste di allora, dove lo mettiamo?
Su una parete di casa tua!
Esatto!
Queste e tantissime altre cose mi ha donato il ‘mio’ amato, ma ahimé defunto, ‘scarico’.
Ci credo che tu lo rimpianga!
Ma guarda, se è logico che le cose più preziose abbiano un posto in evidenza, io non amo meno le altre, testimonianze di vite anonime che qualcuno ha voluto gettare nel dimenticatoio. E attraverso di esse cerco di rivivere emozioni, passioni, gioie e dolori di chi, morendo, non ha potuto impedire la dispersione dei propri ricordi da parte di insensibili discendenti.
Certo che una città come Firenze ne ha di cose da gettare…
E io dico ai fiorentini: non gettate via il vostro passato, la vostra vita. Ma se davvero volete farlo, allora fatelo lasciando gli oggetti di cui volete liberarvi accanto a un cassonetto: quello vicino a casa mia. Poi passo.
Posso venire anch’io?
E come potrei impedirlo?
“G” & “G”, Recupero Vite. Ti garba?
Abbestia!
Vai, è andata!



70 – L’AGGRESSIVITA’ IN NATURA.

11 Dicembre 2006



L’IMMAGINE.
La donna usata.
FIKANIKE.
Ma guarda fin dove va ad annidarsi la pubblicità!
Del resto per qualcosa di arcuato e tendente a raddrizzarsi quello è il posto migliore…
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Ciao “G”! Mi chiedevo…
Vuoi dire ‘ti’ chiedevo! Se chiedi a te chiedi a me.
Già, dimenticavo. Dunque, ti chiedevo…
Cosa, ragazzo?
Ti e mi chiedevo perché certe specie in natura siano aggressive ed altre no.
Lo sai che a volte me lo sono chiesto anch’io?
Cioè ‘me’ lo hai chiesto.
OK, pignolo io pignolo tu.
Pignoli noi.
Veniamo al sodo. Ho notato che ci sono animali che nascono aggressivi ed altri che nascono docili. Eppure all’origine tutti avrebbero dovuto essere stati aggressivi, per un fatto di alimentazione o di difesa.
Ma non è così. Il mite è sempre stato mite, e l’aggressivo sempre aggressivo.
Sarà per il diverso tipo di alimentazione?
Già! Gli erbivori, non dovendo attaccare per fame, sono di solito tranquilli. Tranne quando s’incazzano. Un cavallo può imbizzarrirsi, un elefante anche caricarti…
Ma solo in determinate condizioni. Il leone invece è sempre pericoloso.
Giusto. Ma io andrei oltre. Seguendo teorie che parlano di evoluzione delle specie, anche il carattere di certi animali dovrebbe mutare in seguito alle differenti condizioni ambientali.
Spiegati meglio.
Sì dice, ed è anche vero, che nel corso di milioni di anni gli esseri viventi si siano adattati al clima, all’habitat, alle diverse distribuzioni sul territorio, specializzandosi fisicamente e attitudinalmente alle differenti occorrenze. Chi vive nel freddo, chi nel caldo, chi nell’acqua, chi in cielo…
Chi in terra, a diretto confronto con la bestia per eccellenza, l’Uomo.
Sì, ed è proprio qui che voglio arrivare. E’ mai possibile che con le stragi che facciamo di animali commestibili, questi non si siano ancora attrezzati per combatterci? Che tipo di evoluzione è la loro, se non riescono a fronteggiare, o almeno a iniziare a farlo, l’emergenza che li affligge da almeno un milione di anni?
Poverini, l’unica cosa che possono fare è tentare di scappare, come la gazzella dal predatore.
Ma non ce la fa. E nemmeno i milioni, miliardi, trilioni, fantastiliardi di poveri polli impossibilitati a difendersi, di vitelli miti e ignari, di conigli, tacchini, agnelli…
E che dovrebbero mai fare?
Ribellarsi! Mi chiedo sempre perché non abbiamo delle galline aggressive, degli agnelli mordaci, dei vitelli feroci… Perché la Natura non ha dotato queste povere bestie di reattività? Perché per loro l’evoluzione si è fermata al mattatoio?
Vuoi forse ipotizzare che l’evoluzione sia una grande cazzata?
Beh, perché no? In fondo non ho mai pensato che l’Uomo potesse discendere dalla scimmia.
E l’Uomo è l’unico animale sia buono che cattivo.
No, precisiamo: solo l’Uomo può essere cattivo, perché le bestie non lo sono mai, anche quelle che sbranano.
Quindi a cattiveria tu faresti rispondere con cattiveria.
Con giustizia, caso mai. E non io. E’ la Natura che dovrebbe pensarci. Ma si è limitata a creare carnefici e vittime. E questo non è giusto.
Meno male che noi siamo tra i carnefici!
Eh, sì, anche quando qualche povera belva sbrana il proprio domatore, o qualche orribile incrocio canino da noi stessi creato fa a pezzi un bambino. I cattivi siamo sempre noi. E non c’è da rallegrarsene.
Va bene, non me ne rallegro.
Sarà meglio!
Che c’è da mangiare, oggi, “G”?
Pollo.
E domani?
Coniglio.
Venerdì?
Pesce.
Sabato?
Bistecca di manzo.
Buon appetito!
Mmm… Mi è passata la fame!



71 – MA COS’E’ VERAMENTE IL NATALE?

22 Dicembre 2006



L’IMMAGINE.
La donna usata.
BABBO NATALE MICA SCEMO…
Ma guarda guarda… Allora il buon Santa Claus è un bel porcellone! Questo regalo se lo tiene tutto per sé. E dire che con la fame che c’è nel mondo potrebbe elargire ai non più bambini tanta topa…
Egoista!
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Ciao “G”! E’ Natale…
Cioè?
Come cioè? E’ Natale!
Intendi quella ricorrenza in cui tutti fanno finta di volersi bene e spendono e spandono per regali quasi sempre ipocriti e rituali mangiate che vanno regolarmente a finire in merda?
Come sei cinico…
Intendi quella ricorrenza che prevede alberi sradicati da addobbare con palle colorate e pacchiani signori dalla pancia imbottita vestiti di rosso e con la barba bianca che spuntano fuori un po’ dappertutto?
Non dire così…
Intendi quella ricorrenza che fa bene solo ai commercianti? Che ti obbliga a vedere parenti di cui non t’interessa niente, falsi amici a cui augurare buone feste? Ma che significa poi ‘buone feste’? Che vuol dire ‘buon Natale’? Che tutto il resto può anche essere cattivo?
Ma i bambini…
Sì, i bambini sì. Ma anche loro sono presi per il culetto da perfide pubblicità che li spingono a richiedere insistentemente quel tale gioco o quella tale plasticaccia travestita da felicità. E quando il babbo vero gliela fa trovare sotto l’albero non si prende nemmeno il merito. E’ stato Babbo Natale!
Ma la magia della Natività…
C’è ancora? O si è trasformata in un colossale affare di alcuni ai danni di molti?
E’ un’occasione per dirci ‘ti voglio bene’…
E’ un’occasione per odiarci di più, in molti casi. E si spera che tutto finisca presto, che le feste passino, che la Befana venga a portarci via gli obblighi almeno fino al prossimo Natale. Hai presenti i sospironi di sollievo che si fanno dopo le feste?
Ma… Il presepio…
Ottimo, divertente, un po’ squallido…
La nascita di Gesù…
E quella di milioni di bambini che nel mondo non avranno pastori e re Magi, angeli e comete? Bambini destinati a fame, disperazione e morte…
Il Natale è anche per loro.
Non mi sembra. Per loro solo sofferenza. Ma visto che non avranno mai assaggiato una vita migliore moriranno inconsapevoli delle atroci ingiustizie del mondo. E qui Gesù Bambino forse si vergogna un po’…
Non dire questo, “G”!
Non lo dico, lo urlo! Ma non hai visto cosa è diventato il nostro mondo? La gente assatanata del possesso, l’egoismo imperante, l’importanza del denaro? L’economia un tempo era risparmiare qualcosa per vivere meglio. Oggi è materia stessa della nostra struttura ossea. Chi ha è, chi non ha fanculo! La gente si misura secondo la ricchezza, non secondo il cuore, l’anima, il cervello. Di cosa parlano i politici? Di umanità, forse? No, di soldi, sempre e solo di soldi. E buon Natale!
Accidenti, “G”, vedo che con te oggi non si può parlare. Posso farti gli auguri?
No.
Posso non farteli?
No.
E allora cosa vuoi?
Buh!!!
Oddìo, che è?
Ci sei cascato, povero, stupido “G”! Ci hai creduto! Ma io scherzavo! Buon Natale, vecchio mio! E buon Natale a tutti!
Scherzavi, eh? Peccato… Mi avevi quasi convinto! Beh, buon Natale.
Se ci credi…



72 – LA DISPERAZIONE DEL TEMPO.

30 Dicembre 2006




L’IMMAGINE.
La donna usata.
MESSA IN CROCE.
Ecco un’immagine della donna che non vorremmo vedere. Ma nella sua crudezza indubbiamente interpreta bene secoli di condizione femminile. Una condizione che ancora in certe parti del mondo si mantiene crudele e ingiusta, con le sue lapidazioni, infibulazioni, schiavitù.
Ma la donna è un essere meraviglioso e superiore di cui nessun uomo può fare a meno. Auguri, donna!
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Ciao “G”! Siamo arrivati al termine di un anno. Un altro anno.
Ciao “G”! Bella scoperta! Ma chi ce lo dice che finisca un anno e ne cominci un altro?
Il calendario. C’è scritto 31 dicembre 2006, e poi subito dopo, girando pagina, 1° gennaio 2007. E’ semplice, no?
Non come credi tu, e come credono tutti. Il calendario esiste perché l’abbiamo inventato noi. E a che serve?
Serve… Serve… Già, a che serve?
A prima vista sembrerebbe servire ad ordinare la nostra vita attraverso la codificazione di giorni, settimane, mesi, stagioni, anni. In realtà è un disperato tentativo – fallito – di imbrigliare il tempo, di fermarlo in qualche modo sulla carta, di renderlo nostro schiavo, mentre siamo tutti noi ad esserne schiavi.
Teoria bislacca. Senza il calendario non avremmo una data di nascita e non potremmo sapere quanti anni abbiamo né festeggiare il compleanno.
Oh, quanto sarebbe meglio…
Ma che dici? Non potremmo stabilire date storiche, ad esempio.
Così pallose da studiare a scuola…
Non potremmo dare né subire scadenze…
E questo non sarebbe bello? Senza il calendario anche le bollette non avrebbero senso, le tasse, i rinnovi, le revisioni, gli obblighi di ogni tipo…
Ma sei pazzo? Salterebbe tutto l’ordinamento umano!
Magari! Sarebbe l’ora di dargli una bella resettatina!
Folle! Aboliresti il calendario, e anche l’orologio, tu!
Perché no? Si vivrebbe a senso, a naso, a vista, e nessuno avrebbe un’età.
Tutto questo mi sembra assurdo.
Oggi come oggi sì. Siamo del tutto condizionati dai paletti invisibili che ci siamo costruiti intorno. Senza la cognizione del tempo che passa sotto forma di numeri saremmo persi. Dolcemente persi.
Disperatamente persi!
No. La disperazione è quella che ci ha insegnato a rinchiuderci in sbarre di tempo. Ma lui se ne sbatte: passa, ci scivola addosso subdolo e inesorabile, si impipa dei sabati e delle domeniche, dei giorni feriali e delle festività. Lui è sempre uguale anche se noi vogliamo dipingerlo diverso. E ci fotte, ci fotte sempre. Tu puoi tornare indietro su un percorso o su una decisione: lui va sempre avanti e non si volta mai.
Questo è vero, ed è tremendo…
Vedi che cominci a capire? Il calendario è una convenzione, il tempo una realtà. Dovremmo vivere ogni minuto intensamente e non lo facciamo, perché ci siamo stabiliti orari e date, tempo libero e tempo incatenato. Ma il tempo è sempre lo stesso. E il massimo della disperazione lo si raggiunge proprio l’ultimo dell’anno.
Macché disperazione! La gente è allegra e festeggia l’anno nuovo!
Che tristezza! Festeggiare per non piangere, fingere di essere allegri e felici, abbracciarsi, baciarsi, bere e ballare: più disperati di così!
Ma è una festa…
E’ un funerale, peggio di un funerale: lì almeno sono tutti tristi e lo dimostrano. L’ultimo giorno di un anno siamo tutti disperati e dobbiamo nasconderlo dietro al sorriso. Ipocrisia, paura, falsità. Questo è quello che c’è dietro ad ogni sorriso. E il massimo della disperazione si ha in quel terribile conteggio alla rovescia finale, che precede il falso passaggio da un presunto anno a un presumibile altro. Meno 10, 9, 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1…
Viva l’anno nuovo!
Viva la morte!
Cazzo, “G”, così mi abbatti.
Abbattiamo calendari ed orologi e potremo urlare: viva la Vita!
A proposito, che ore sono?
Che te ne frega?
Che giorno è?
Fottitene.
Beh… Buon anno nuovo, “G”!
Buona vita senza limiti di tempo, “G”!

 
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