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FEBBRAIO 2007 - Museo del G

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FEBBRAIO 2007

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*** SPECIALE CULONI: JENNIFER LOPEZ ***

2 Febbraio 2007



O MEGLIO… CULACCI?

Jennifer è la portatrice del culone più celebre del mondo dello spettacolo.
Attrice, cantante, non certo una stangona, culo basso e carnoso oltre misura, donna di successo. Steatopigia.
Le si addicono parti di cameriera che poi diventa ricca a causa di principi azzurri che guardandola negli occhi probabimente pensano, alla fiorentina: “Che begli occhi, Jennifer… Borda in culo!”.
Ma poi…
Ma poi probabilmente devono scoprire la triste, amara verità: il culone, di per sé non disdicevole, si trasforma in culaccio, e il principe probabilmente torna rospo.
Ne fa fede l’impietosa immagine che appare qui sotto, in cui la fugace retrospettiva della Lopez rivela la vera natura delle celebrate chiappe: senza un contenitore apposito esse si sfardellano, si scquacquarellano, svalangano sulle sottostanti cosciotte travolgendo celluliticamente ogni principesco sogno.
Sono tali e quali a quelle di una casalinga sfatta che cerca il burro al supermercato.
Però, meglio così. Anche la casalinga sfatta può aspirare a far sognare qualche ometto di passaggio, e, chinandosi, persino migliorare la curvatura e solidità del proprio orgoglio gluteico.
E sentirsi, almeno per un istante, nientePOPOdimenoché Jennifer Lopez.



85 – TIFOSI? VIOLENTI?… NO, SOLO INFELICI!

6 Febbraio 2007




L’IMMAGINE.
La spudorata.
MA… SIGNORINA!
Che fa? Non vede che c’è gente? Come si permette di mostrare le sue nudità in pubblico? Ehm… Che ne dice di mostrarle solo a me, in privato?
—————————————————

Ciao “G”! Hai visto che sta succedendo a causa della violenza di scalmanati tifosi?
Tutti abbiamo visto. E non è cosa nuova. La violenza intorno agli stadi è qualcosa di connaturato al tipo umano denominato ‘testa di cazzo’.
Ma perché non si è fatto mai veramente nulla per impedire che simili cose accadessero?
Interessi. Soldi. Quattrini. Tutto fuori che sport.
E invece?
Invece si è beatificato, santificato il calcio, mettendolo sopra a tutti i valori umani. Si è giocato sull’imbecillità di gente priva di scopi nella vita. Un brutto gioco. Il campionato del cinismo: sfruttamento di menti labili a vantaggio di pochi privilegiati pieni di milioni.
Ma tu stai parlando in generale…
Sì, parlo anche dei non violenti, perché certo non tutti i tifosi sono tali. Ma il gioco (non del calcio) è un gioco di potere. Ci si impossessa della mente debole di gente povera di spirito per farne dei veri e propri schiavi. Molti dei quali si riuniscono in gruppi, branchi senza controllo formati dagli individui più disperati, che arrivano persino ad uccidere. E non è per il pallone che lo fanno, ma per la palla di merda che è stata loro trapiantata nel cervello.
E come?
Attraverso la mitizzazione di un bellissimo sport nella direzione opposta allo sport: si sostituisce la squadra di calcio alla propria appartenenza. Uno non è più milanese, ma del Milan. Uno non è più romano, ma della Roma, uno non è più fiorentino, ma della Fiorentina. E così via. Poco importa se nella squadra del cosiddetto cuore nessuno parla col tuo accento, nessuno condivide la tua cultura natale, nessuno resta fedele alla tua città, ma se ne va appena trova un ingaggio più vantaggioso.
E’ proprio da bischeri…
Eppure è così. Hai notato quante trasmissioni televisive e radiofoniche si occupano di calcio? E quanto spazio viene riservato sui giornali a quello più che a qualsiasi altro sport? E quanto sono diffusi i quotidiani specializzati che praticamente si occupano solo del pallone? Questo è plagio vero e proprio, rimbecillimento proficuo, ma non certo per i poveri stupidi che ci cascano.
E chi sono quelli che ci cascano?
Sicuramente non coloro che seguono il calcio con tifo giusto e moderato, che smettono di occuparsene dopo che la partita è terminata, ma quelli che non hanno altro nella vita, e che si attaccano al falso e insidioso mito facendone la ragione principale della propria esistenza. E qui scatta il pericolo.
Quale?
Quello di confondere le cose. Vedi, questo blog ha ormai un ricco archivio, e questo mi permette di citare degli articoli presenti nell’indice che trovi nello spazio blu in fondo. Vai a cercarti l’articolo numero 9 (‘Un calcio all’onestà’), scritto dopo gli scandali di calciopoli. Poi leggiti il numero 36 (‘Essere fiorentino’). E infine il numero 17 (‘La felicità’).
Sì, li rileggerò, ma intanto anticipami i concetti.
Semplice, e complicato allo stesso tempo. La disonestà nel calcio parte dal campo, dove i giocatori insegnano a milioni di persone a fingere, a cercare di fregare gli altri con antisportivi mezzucci, e in certi casi anche a praticare la violenza. Da qui la legittimazione per lo sterminato pubblico di questo ex sport a fare altrettanto. Poi, identificandosi esclusivamente con la squadra della propria città, ci si dimentica le ragioni vere per le quali si è nati a si è vissuto in essa, assimilandone, come dovrebbe essere, cultura e valori. Infine è proprio la mancanza di cultura che determina in molti poveretti l’infelicità. E l’infelicità porta a volte a gesti estremi.
Quindi tu sostieni che i violenti siano degli infelici?
Te lo garantisco! Infelici perché ignoranti. Ignoranti perché qualcuno vuole che lo restino.
E cosa si dovrebbe fare?
Partire da lontano, dai ragazzi. La scuola, la famiglia ancor prima, i mezzi d’informazione dovrebbero impegnarsi a dare valori e interessi sani e veri fin dall’inizio ai giovanissimi, riducendo drasticamente la dose di false fedi predicate dai sacerdoti dell’euro.
Anche la Chiesa potrebbe fare qualcosa?
Certamente. Potrebbe impegnarsi di più, invece di vagheggiare di castità e roba simile.
Allora siamo a posto: abbiamo la soluzione.
Col cazzo! Non abbiamo proprio niente. Io come al solito vaneggio, e non riuscirò a cambiare un tubo segoso. Però almeno ne parlo.
Parli libero.
Libero! E qui voglio allegarti una mia inedita ‘Poesia Progresso’ basata proprio sulla violenza allo stadio.
Sì, sì, fammela leggere!
Eccola:

ALLO STADIO.

CERTAMENTE NON T’INTRALCIO
SE HAI PASSIONE PER IL CALCIO,
NE’ SE INVECE CHE ALLA RADIO
SEGUI IL GIOCO DALLO STADIO.

IL PROBLEMA SI PRESENTA
SE LA SQUADRA TUA DIVENTA
L’UNICA RAGION DI VITA:
QUI TU PERDI LA PARTITA!

E TI CURI L’IMPOTENZA
DANDO SFOGO ALLA VIOLENZA.

GUARDA IL MONDO, C’E’ BEN ALTRO,
NON FREGARTI, FATTI SCALTRO:
BUTTA A FIUME IL MANGANELLO…
E USA MEGLIO IL TUO CERVELLO!

Sai, pensavo che fosse ‘uccello’.
Anche, anche: meno pallone e più palle!
Giusto! Ciao “G”! Dove vai?
Allo stadio.
Ma oggi non c’è la partita!
Appunto: sai che pace!…



86 – MASINO.

8 Febbraio 2007




L’IMMAGINE.
La spudorata.
MA COME… ANCORA?
Signorina, lei è proprio un’impudente, sa? Fare così per strada! Vergogna! Queste cose non si fanno. Ehm… In privato, caso mai… Guardi, io sto proprio a due passi. Se vuole…
————————————————–

Ciao “G”! Hai notato? Oggi il mondo è fatto di cani e gatti.
In che senso, “G”?
Ci odiamo tutti. Siamo contrapposti su ogni cosa. Se non si litiga, o peggio, non siamo contenti.
E tu pensi che il paragone con i cani e con i gatti sia efficace?
Si dice così…
Magari fossimo come cani e gatti. In realtà siamo umani senza umanità, e niente abbiamo a che vedere con la naturale schiettezza delle bestie.
Però anche nella scelta di un animale domestico ci dividiamo: chi ama i cani non ama troppo i gatti e viceversa.
Può essere. E’ una questione di scelta. Io amo particolarmente i gatti.
E i cani?
Non li odio di certo. Ma preferisco avere gatti. Ne ho sempre avuti.
E perché?
Ritengo che un animale non addomesticabile (anche se domestico) mantenga maggiormente le sue prerogative naturali. Il gatto risponde a questi requisiti, mentre il cane no: troppo amico dell’uomo, a volte persino complice…
Pensi alla caccia?
Sai come la penso.
So. E qual è il gatto, tra quelli che hai avuto, che ricordi con maggior affetto?
Affetto, hai detto bene. Si chiamava Masino, ed era mio fratello.
Fratello? Un gatto?
Più di un fratello. Come sai, io e te siamo figli unici.
Già.
E avremmo sempre voluto avere un fratello, magari maggiore.
Parla al singolare, ti prego: anche se qui fingiamo di essere in due siamo sempre la stessa persona.
Va bene. Avrei voluto avere un fratello, ma non ce l’avevo. E quando mio padre portò a casa in un freddo 21 dicembre questa minuscola pallina io avevo otto anni, e la chiamai Masino, da Tommaso, il santo ricorrente quel giorno. Sai, i gatti dovrebbero sempre avere nomi con dentro la ‘s’, perché quando li chiami ne riconoscono meglio il sibilo.
Interessante.
Da quel giorno Masino fu mio fratello. Un fratello minore. Ma con l’andar del tempo i suoi anni si facevano più pesanti, mentre i miei ancor leggeri. Piano piano diventò il mio fratello maggiore, quello che avevo sempre desiderato.
Ma com’era, Masino?
Un gatto un po’ bianco, un po’ nero, un po’ misto. E fu castrato.
Ahi!
Lo so, può sembrare un atto barbarico, ma gli consentì di essere mio fratello a lungo, e di vivere in salute e col pelo lucido tutti i suoi anni.
Che faceva?
Quello che fanno tutti i gatti. Cacciava, nel cortile. Portava a casa uccellini e lucertole, a volte anche farfalle. Poi puntava la carne pronta sul tavolo per essere cucinata. E si leccava, e dormiva, e faceva le fusa. A volte graffiava.
Normale.
Guai se non fosse stato così. I gatti, beati loro, non hanno perso mai niente della propria ‘cultura’: non sono mica come noi!
Un po’ azzardato parlare di cultura…
Non credo. Pensa agli Egizi e al loro culto dei gatti: quelle non erano persone che si sbagliavano troppo, sai.
Effettivamente…
Masino mi parlava. Io gli rivolgevo dei versi o degli schiocchi, anche solo dei gesti, e lui rispondeva. Ne ho delle registrazioni.
E che ti diceva?
Non lo so. Ma penso volesse darmi dei consigli. Oppure rimproverarmi, chissà…
Tipo?
“Ti fai troppe seghe!”, o “Studia di più!”, o anche “Ti piace quella ragazzina? E allora buttati!”.
Un vero fratello maggiore.
Masino lo era. Ed lo è stato per vent’anni. Tutto il tempo che può vivere un gatto. E lui l’ha vissuto interamente. Io ero un giovane nel pieno della propria vitalità e lui un vecchio artritico che camminava male e non andava più a caccia di sogni.
Ricordo…
Ricordi, eh? E ricordi anche quando se ne andò?
Ti prego, mi fai piangere…
Perché, io che sto facendo?
Sì, ricordo. Andò in terrazza, sulla sua copertina, e lasciò la vita con una dignità che molti umani non possiedono, o non più.
Piansi, piansi e piansi, molto più di quanto stia facendo ora nel ricordare. Persi una persona vera, un amico, un fratello che non mi aveva mai tradito. E lui rimase per sempre nel mio cuore.
Dai, smettila, vuoi vedermi proprio singhiozzare, allora!
E che c’è di male? I sentimenti non si devono reprimere.
Ricordi la sua piccola bara?
Sì, certo: una scatola di cartone dove io non riuscii ad adagiarlo. Lo fece mia madre per me. Fu avvolto nella sua copertina e richiuso per la sepoltura.
Ma prima…
Ma prima volli aggiungere qualcosa, come facevano gli antichi, per accompagnarlo nel grande viaggio: durante la sua vita era stato talmente ‘umano’ per me che a nome suo avevo richiesto delle cartine geografiche che venivano inviate gratuitamente a chi avesse fatto riferimento a una nota marca di carburanti. Cartine di tutto il mondo, in cui io mi perdevo nei miei viaggi immaginari. Ma il destinatario era lui: Masino Gatto, presso il mio indirizzo. Presi le cartine, le rimisi nelle loro buste sempre conservate con su il suo nome, e le appoggiai su quel corpicino dal pelo ormai spento. Buon viaggio, Masino!
Buon viaggio!
Lo portammo con tutto il rispetto e la mestizia del caso in un prato delle Cascine, dove sotto a un albero verde scavammo una buca e lo affidammo al per sempre. Era Inverno, ma presto uccellini, farfalle e lucertole avrebbero girato là intorno. Acchiappale ancora, Masino!
Non più.
Non più. Ecco cosa può dare a un uomo un gatto, animale da sempre considerato egoista e menefreghista. Sta a noi saper leggere in quegli occhi, vedere in quei gesti il messaggio profondo che forse ci viene da altri mondi, forse da Dio.
Masino per sempre.
Non ti dimenticherò mai.


87 – SAN VALENTINO.

14 Febbraio 2007




L’IMMAGINE.
La spudorata.
MA ALLORA E’ UN VIZIO!!!
Senta, signorina, mi vuol dire perché continua ad infestare il mio rispettabile blog con queste sue inverconde pose da porcona? Ma vada a farle a casa sua! O meglio… a casa mia…
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Ciao “G”! Sai che festa è oggi?
Sì, la festa dei cioccolatini.
Ma no, cinico che non sei altro, è la Festa degli Innamorati!
Appunto, quella ricorrenza in cui ci si scambiano baci di cioccolata e carissime rose rosse anche se non ci si ama, anche se ci si tradisce, anche se…
Fermati lì, arido che sei!
Arido? Ma l’amore non ha bisogno di feste. Ha bisogno solo di se stesso. Chi invece ha bisogno di feste?
Chi?
I produttori di cioccolatini e i fiorai, ad esempio. Per non parlare dei ristoranti che sui tavoli accendono i moccoletti attraverso i quali le coppie devono amarsi per forza, tenersi la mano per forza, guardarsi negli occhi per forza, dirsi ‘ti amo’ per forza…
Ma se ci si ama non è uno sforzo.
Se ci si ama ci si dice e dimostra ogni giorno della vita. E non è mai un obbligo.
Sì, è vero, ma ci vuole un giorno in cui si possa sottolineare tutto questo, magari per ravvivare un rapporto un po’ sopito…
E la sera farsi una bella scopata, vero?
Anche.
Così arricchiamo pure i produttori di preservativi.
E se lei prende la pillola?
Quelli di pillole.
E se lui fa la ‘ritirata’?
Allora si arricchiscono i produttori di pannolini. Quasi sempre scappa quello spermatozoo impertinente… E poi il piacere va a farsi benedire.
Va bene, niente ‘ritirata’. Ma almeno ammettilo che San Valentino possa essere una tregua tra innamorati litigiosi.
Lo ammetto. Ma il giorno dopo litigano con gli arretrati.
Oh, sei proprio incorreggibile!
Forse, ma io correggerei la maggior parte delle ‘giornate di…’. Ne siamo pieni, tutto l’anno.
E perché?
Servono solo a metterci la coscienza a posto nei confronti di un determinato problema. Poi per il resto dell’anno non ci si pensa più.
Questo non vale per l’amore.
Se è amore. E se è amore non ha bisogno di un giorno a lui dedicato. Anzi, io farei di San Valentino il giorno del non-amore, dedicando gli altri 364 all’amore.
E negli anni bisestili?
Gli altri 365.
Ovvio.
Allora, caro, sei convinto?
Abbastanza. Tu sei sempre molto convincente… Ma dove vai adesso?
A comprare i Baci Perugina e una bella rosa rossa.
Perché?
Ma è San Valentino, no?



88 – BRODO DI ‘CULTURA’.

19 Febbraio 2007




L’IMMAGINE.
La spudorata.
MA E’ MATTA?
Ora basta, signorina! E’ l’ora di farla finita! Si è divertita, ha mostrato le sue non indifferenti grazie, si è messa in pose inaccettabili dalla morale corrente su una pubblica via, dove passano grandi e piccini. Purtroppo ci sono passato anch’io, e ciò che era piccino mi è diventato grande… Vuol… ehm… constatare?
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Ciao “G”!
Ciao “G”!
Nei nostri autodialoghi non abbiamo mai parlato di errori di Italiano, mi sembra.
Forse perché noi non ne facciamo…
Modesto, come sempre.
Parlo anche per te, sai.
Certo, certo. Ma vorrei che tu mi illustrassi, diciamo, i dieci più ricorrenti errori che si sentono in giro.
Divertente. Partiamo da un’espressione che in questi ultimi tempi si è usata molto nei talk-show e nei telegiornali.
Quale?
‘Brodo di CULTURA’. Un po’ tutti lo hanno detto, a proposito della rinascita di certe Brigate…
Un fatto culturale, dunque?
No, un fatto tragico. Hanno fatto più danno politici e giornalisti usando a raffica questo termine che i presunti brigatisti colti sul fatto.
E come avrebbero dovuto dire?
Lo sai anche tu: ‘coltura’.
Vuoi dire che hanno scambiato la coltura con la cultura?
Sì, e sarebbe bene che si dessero tutti all’agricoltura!
Ben detto! Poi?
E adesso passiamo a una bella ‘emorragia CELEBRALE’. Che te ne pare?
Eh, l’emorragia va celebrata. Non vieno mica tutti i giorni!
Forse qualcuno la pensa proprio così. E non sono solo i… cerebrolesi a parlare così.
Ci mancherebbe! Ma ce n’è un’altra simile, mi sembra…
Sì, quando dicono che qualcuno è stato ‘colto in FRAGRANZA di reato’, o ‘in FRAGRANTE’.
Si vede che emanava un forte odore…
Sì, di merda! Ma è quello di chi parla così!
Curioso: prima hai citato un errore in cui si metteva la elle al posto della erre, e adesso l’opposto: erre al posto di elle.
La gente non è mai contenta.
E’ creativa, però.
Crea confusione e ignoranza. E ora prendiamo in considerazione una frase che impera – errata – nelle peggiori pubblicità. E mi fa rabbia.
Cioè?
‘Diffidate DALLE imitazioni’.
Forse si rifanno alla frase: ‘La diffido da fare questo o fare quello’.
La cosa è ben diversa. Io posso diffidarti dal fare qualcosa, ma se non ho fiducia in te diffido ‘di’ te, non ‘da’ te.
Giusto. Quest’errore lo si sente anche da individui che dovrebbero stare al di sopra di ogni sospetto, come ad esempio Gerry Scotti. Però vengono lautamente pagati per sbagliare.
Scandaloso! Ma procediamo.
Un altro uso improprio della nostra bella e martoriata Lingua si ha quando si pronuncia il verbo ‘CENTRARE’ al posto di ‘entrarci’. L’ho sentito in bocca ai personaggi più vari, come Giuliano Ferrara, conduttore di solito corretto, Michele Santoro, peraltro notoriamente sgrammaticato, Alba Parietti, che la lingua penso la usi meglio in altre occasioni e, udite udite, Pierferdinando Casini, significativo rappresentante della classe politica italiana.
Che schifo!
Una cosa che mi stride dentro poi è sentire ‘INTERPETRE’ e ‘INTEPETRARE’ al posto di ‘interprete’ e ‘intepretare’. Molti politici usano questa versione orrenda che usava nell’Uno quando un c’era nessuno.
Vai avanti.
Ci sono due parole che spesso vengono travisate, anche se in fondo la cosa non è secondo me così grave.
Dimmele, dimmele.
‘AEREOPORTO’ e ‘METEREOLOGIA’.
Al posto di ‘aeroporto’ e ‘meteorologia’, vero?
Esatto. ma, come ripeto, fossero questi gli errori… Ben altri sono quelli che ci tormentano l’anima attraverso le orecchie.
Alludi ai congiuntivi sbagliati?
No, guarda, di quelli non voglio nemmeno parlare. Ci sarebbe bisogno di un trattato a parte. Un giorno lo scriveremo. Cito soltanto altri due casi, giusto per arrivare ai dieci che mi hai richiesto. E sono speculari.
Cita, cita.
Primo esempio. L’ho sentito proprio stamattina dal buon Gasparri: ‘Fini è stato tra coloro che HA detto…’.
Orribile! E l’altro?
Si può sentire di questi tempi in una aberrante pubblicità che, ahimé, passa anche durante il mio programma radiofonico: ‘Sono un coadiuvante che FANNO passare la voglia di fumare…’. Capito perché speculari?
Sì: nella prima si riduce un plurale a un singolare, nella seconda l’opposto. Al rogo!
Ben detto. Insopportabile tutto ciò! E mi fermo qui, per pietà nei confronti di chi, purista come me, leggendo questo articolo starà già puntandosi la pistola alla tempia.
Sì, hai ragione. Basta così. Ma che fai? Lascia stare quella pistola!
Grazie, mi hai salvato la vita.
No, dicevo, uno sparo fa troppo rumore. Prendi questa corda.
Grazie, sei proprio un amico. Anzi, di più!




89 – LA BANALITA’ UCCIDE.
20 Febbraio 2007






L’IMMAGINE.
La spudorata.
DAVANTI…
Ed eccola qui. E’ sconosciuta, chissà chi è e cosa sta facendo in questo momento… Un esemplare raro di femmina reale. Eppure probabilmente si tratta solo di una puttana. Sicuramente ha avuto meno fortuna di tante reginette del gossip, non meno troie, ed è costretta a campare mostrando a un obbiettivo le sue superbe bellezze in mezzo a una strada, e in chissà quanti e quali altri posti…
Visione anteriore.
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Ciao “G”!
Ciao, guardoncello!
Ma che dici? Stavo solo dando una sbirciatina…
Lo sai che tra i nostri autodialoghi e le immagini del blog non deve esserci alcun nesso, vero?
Sì, ma già che c’ero…
E va bene, fai pure. Ma non cascarmi nel banale.
Farò il possibile.
E’ uno dei mali profondi dell’Umanità.
Che cosa?
La banalità. E’ mortale.
Addirittura?
Te lo dico io. E subdola, anche, diffusa, facile perché è comoda. Utile a chi teme la fantasia, a chi intende esercitare un sottile potere, a chi odia l’intelligenza degli altri.
Oh, quanti discorsi per un po’ di luoghi comuni… Chi non ne usa?
No, non l’accetto! Si può anche dire: “Sta per piovere”, oppure “Si stava meglio prima”, o “Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”, ma dipende da come lo dici, a che proposito e in che contesto. Mi sono spiegato?
No.
Me lo immaginavo. Ascolta: il banale non è mai se stesso, è sempre qualcun altro. Ripete cose sentite, già dette, così va sul sicuro. Il banale non rischia, sa che riportando banalità incontrerà le banalità degli altri e incrociandole se ne farà forte. La banalità è uno scudo che protegge dai guai. Non sei nessuno perché non dai noia a nessuno, e perciò ti senti qualcuno. Ma resti nessuno.
Come come?
Il banale è banale nei gesti, nelle parole, nei fatti. Vive una vita banale, si circonda di persone banali, e senza saperlo uccide.
E’ un assassino, allora!
Sì, il peggiore. Perché, come un appestato, attacca il morbo a chi lo ascolta, a chi lo vede agire, a chi gli sta vicino. Avrà una moglie banale, dei figli banali, un’amante banale, e renderà banale anche il proprio lavoro, persino qualora non fosse un lavoro banale.
Un vero e proprio serial killer!
Il brutto è che spesso sono i banali a fare carriera, ad andare avanti, perché ad essere banali si va sul sicuro, e non si pestano i piedi ai superiori.
Vuoi dire che…
Pensa ai politici e ai loro discorsi. Più banali di così… Gente che ha fatto strada e guadagna molto più della media del popolo che dovrebbe servire.
Ma ogni tanto…
Ogni tanto salta fuori un ‘picconatore’, ma si tratta di casi isolati.
E tu?
Io?
Sì, tu. Sei banale, tu?
Come osi, piccolo lurido pezzo di me? Come osi insultarmi? Chiamami stronzo, testa di cazzo, figlio di puttana, ma non darmi del banale, sai!
Ehi, ehi, calmati. La mia era solo una domanda…
Ti rispondo di no, no, NO! Almeno ci provo. Io lavoro in un settore in cui purtroppo la banalità impera. La radio è uno strumento fantastico, meraviglioso, che spesso, troppo spesso, viene usato a sproposito, malamente. Quanto buon tempo radiofonico si butta nella spazzatura! Io faccio il possibile per valorizzarlo, movimentarlo, interessare i miei ascoltatori giorno dopo giorno ad argomenti vivi e palpitanti: spazio dall’attualità al passato, lancio grandi ponti verso il futuro e parlo libero. Questo mi ha assicurato un gran numero di ‘seguaci’, ma a volte mi sento come Don Chisciotte. Vedo tanti mulini a vento intorno a me.
E tu che fai?
Li carico con la mia acuminata picca, o buon Sancho Pancia.
E loro?
Si scansano, e continuano a prendere vento e a produrre scorregge.
Sei un idealista.
Penso proprio di sì, purtroppo. Ma le mie soddisfazioni me le tolgo.
Quali, per esempio?
Oltre alla considerazione dei miei cari e tanti ascoltatori, la considerazione che ho di me stesso: questa è la ricompensa più grande. Il mio non è un lavoro, non lo è mai stato, è una passione.
E gli altri, i banali?
I banali chiameranno sempre il loro lavoro ‘lavoro’. Perché altro non è. Routine. Giorno dopo giorno, in un amalgama dolciastro e stantìo.
Quindi cosa consigli a chi sta leggendo?
Rifuggire sempre da tutto ciò che abbia anche lontanamente l’odore di banale. Forse inizialmente può costituire uno sforzo, ma poi verrà naturale, spontaneo, e non si potrà più fare a meno di essere originali, unici, splendidamente diversi dagli altri. E allora, guardandoli negli occhi si riconosceranno i rari non-banali, e si stabiliranno con loro rapporti belli e privilegiati. All’inizio in pochi, poi sempre di più, alla fine un esercito…
Avanti, verso la vittoria finale!
Ecco, mi sei caduto nel banale! Io ero preso dall’entusiasmo, tu ci hai messo la retorica.
E allora che dobbiamo fare?
Niente. Tanto la banalità ha la maggiornaza. Noi non andremo mai al governo. Ma possiamo fare una feroce opposizione. E i banali…
Si sentiranno delle merde!
Bravo! Sei stato efficace. La merda al potere, i fiori al sapere!
Come i famosi fiori nel letame?
Sì, perché…
La so: ‘Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior’…
Hai citato uno che non fu mai banale.
Nel nome di Fabrizio: morte ai banalmen!
Viva le banane!
Forever!
Ovvìa, giù. Secondo me sta per piovere…
Eh… Le stagioni non sono più quelle di una volta…
Hai proprio ragione. Ecco, che ti dicevo? Piove!
Governo ladro!
Lo sai che ti dico? Si stava meglio prima…
Molto meglio…
Ma vuoi mettere?




90 – INTERVISTE.
23 Febbraio 2007




L’IMMAGINE.
La spudorata.
… E DIETRO!
Ecco che si chiude il cerchio. La bella gazzella sfrontata sta per tornarsene nella savana dei suoi letti, ma prima vuole lasciarci un ricordino.
Et voilà… Il culo!
Addio, splendido animale, non ti incontreremo mai, ma hai lasciato una traccia notevole in questo blog. Sei nostra ormai. O ne abbiamo l’illusione.
————————————————–

Ciao “G”!
Ciao caro.
Ma tu, come conduttore radiofonico, hai fatto molte interviste?
Insomma, sì, qualcuna, ma sono sicuramente di più quelle che sono state fatte a me.
Davvero? Strano…
Mica tanto. Io ho sempre ricoperto un doppio ruolo: ho presentato e sono stato presentato.
Un protagonista.
Ma anche una spalla di protagonisti.
E quali sono le interviste che ti sono piaciute di più?
Sicuramente quelle che ho fatto io.
Perché?
Perché un’intervista per essere buona deve basarsi su buone domande.
E tu ne hai fatte?
Credo. Mi metto soprattutto nei panni del pubblico che ascolta, e cerco di interpretare le sue curiosità, che poi sono anche le mie. Spesso nelle interviste che sento fare manca la domanda che vorrei porre io, e mi chiedo: perché non glielo chiede? E non glielo chiede…
Forse per convenienza.
Ma più spesso per inconsistenza. Se hai un personaggio a disposizione devi utilizzarlo fino in fondo, frugarci dentro, rigirarlo come un calzino. Molti si fermano alle domandine consuete, e viene fuori uno schifo.
E a te sono state fatte domande intelligenti?
Poche volte. Sono più o meno sempre le solite: “Come ti è venuto in mente di telefonare alla gente?”. “Ma non hai paura che qualcuno ti meni?”. “Come fai a essere sempre così allegro? Non hai mai problemi, tu?”. “Hai mai avuto querele per quello che fai?”. E così via.
Divertente.
Mica tanto. Sono state rare le interviste che mi abbiano soddisfatto. Quelle per la stampa, poi…
Che vuoi dire?
Tu dici una cosa e ne stampano un’altra. Spesso stravolgono completamente il senso di ciò che hai detto, o mettono l’accento su aspetti meno interessanti tralasciando i concetti più importanti. Un vero disastro. Ne ho un elenco lunghissimo.
Conservi gli articoli?
Se li trovo sì. Ho una cassapanca piena di roba che mi riguarda.
Ganzo. E che te ne fai?
Nulla. La tengo lì. Per i posteri. Forse un giorno, da vecchio, mi divertirò a fare un po’ d’ordine. Ma sarà così triste…
Ma come scrittore, almeno, ti hanno fatto qualche intervista di buon livello?
Qualcosa, sì… Ma poi ricascano sempre sul ‘Sondazzo’ e sulla radio, accidenti!
E tu smetti di fare radio.
Non ci penso nemmeno.
Smetti di fare il ‘Sondazzo’, almeno.
A quello ci penso da un po’. Vedremo.
Notizione!
Eh, che vuoi, il “G” fa notizia, sempre.
Nel bene e nel male.
Che male c’è?
Ma… sai… mi è venuta una curiosità.
Spara.
Come ti venne in mente di telefonare alla gente?
La prossima domanda?
Non ti hanno mai menato? Di’ la verità.
Vai avanti.
Ma non ti girano mai i coglioni? Come fai a essere sempre così allegro?
Poi?
Hai avuto delle querele? Quante? Quali? Quando?
La prossima l’avrò da te.
Perché?
Perché sto per mandarti affanculo!
Ti querelo!
Ci mancava anche questa!




91 – REMO, UN SANTO CANTERINO.
27 Febbraio 2007





L’IMMAGINE.
Pistolini.
CONSOLATEVI!
Se pensate di averlo piccolo, guardate quello di Gérard Dépardieu, e vi sentirete meglio.
————————————————-

Ciao “G”!
Ciao carissimo.
Oh, grazie!
Di che?
Del ‘carissimo’.
Niente, niente, oggi sono ‘in bona’.
Forse perché comincia il Festival di Sanremo?
No, no, se fosse per quello sarei di pessimo umore.
Allora non parliamone…
E per quale motivo? Parliamone invece, tanto con l’aria che tira in Italia forse è meglio parlare di canzonette.
Ma non ti sono venute a noia?
Cosa?
Le canzonette.
Annoia abbestia! Tutti gli anni alla radio leggo in anticipo i testi delle modeste proposte dei nostri autori e cantanti. Uno squallore…
Del resto da un mondo musicale in cui si esportano ‘talenti’ come Ramazzotti e Pausini, mentre all’estero ignorano chi siano stati De André, Gaber e Battisti, cosa ci si può attendere?
Poco e nulla. In una Italia in cui Gigi D’Alessio, uno dei più deteriori lamentevoli della canzone, riempie stadi e palasport di giovani c’è da stare poco allegri. E si vede anche da come vota la gente.
Sì, la gente vota ancora i mediocri politici che abbiamo, ma in compenso compra pochi dischi.
Solo perché si possono scaricare da internet. Si potessero scaricare anche i politici…
Da internet?
No, direttamente nella spazzatura!
Ah, vedo. Ma non dovevamo parlare di Sanremo?
Già. Non voglio entrare nel merito dell’attuale edizione, ma raccontarti qualche aneddoto radiofonico che mi riguarda… al riguardo.
Sì, sì!
Oltre a leggere in anticipo agli ascoltatori i testi, che spesso da soli non si reggono e senza musica cascano da tutte le parti, in anni passati ho preso un po’ per il culo il mio pubblico.
Come?
Fingendo di andarci, a Sanremo, e di fare una mia personale radiocronaca di ciò che accadeva, proprio dalle prime file dell’Ariston.
Ma in realtà…
In realtà me ne stavo a casa davanti alla televisione e registravo i miei pesantissimi commenti che mandavo in onda il giorno dopo.
Oggi c’è qualcuno che lo fa in diretta.
Sì, ma l’ho fatto prima io. Come tante altre cose.
E gli ascoltatori ci credevano?
Eccome! Alcuni giuravano persino di avermi visto, seduto su una delle poltrone rosse del teatro.
Ma va’!
Me ne inventavo di tutte, comprese donnine che scorreggiavano o tentativi di stupro in sala, nei miei confronti, ovviamente. Insomma, ne scaturiva una satira feroce e sboccata sul Festival e i suoi protagonisti.
E perché non lo fai più?
Non c’ho più voglia. Adesso tutt’al più guardo la prima serata per sentire le canzoni ed esprimere un giudizio, poi l’ultima per capire chi ha pagato di più per vincere.
Cattivello, eh?
Più cattivi di me gli organizzatori, che spendono i soldi del canone RAI per ‘regalarci’ uno spettacolo modesto privo di contenuti validi, e lo fanno per cinque lunghi giorni di seguito!
E in tutto questo il povero San Remo che c’entra?
Niente, proprio niente. Io non so cos’abbia fatto per diventare santo, ma se lo è giocato tutto al casinò.
Ed è rimasto col culo per terra.
Già.
Ma almeno un Sondazzino ce lo fai a Sanremo?
Vedremo quello che si può fare. A volte lo faccio. Mi spaccio per qualche cantante od ospite d’onore e chiamo i sanremesi (che già c’hanno le palle piene) inventando necessità e congiure, o tutto quello che mi passa per la mente.
Allora vedi che il Festival serve a qualcosa?
Credimi, posso sondazzare in lungo e in largo anche senza di lui. Non mi mancano gli spunti. E anche gli sputi.
Gli sputi?
Sì, quelli che a volte verrebbe di sparare in faccia a presentatori e cantanti.
Fammi un esempio.
I Pooh! Il loro nome è già uno scaracchio.
Burghh… Non voglio sentire altro. Che schifo!
Lo scaracchio?
No, i Pooh!
Bravo, vedo che impari subito!






 
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