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OTTOBRE 2006 - Museo del G

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OTTOBRE 2006

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*** LETTERA A UNA DONNA MAI MORTA ***
2 Ottobre 2006




SPECIALE ORIANA FALLACI.

Cara Oriana,
ho fatto volutamente trascorrere alcuni giorni per lasciar sfogare tutti quelli che si sono buttati come cani sull’osso alla notizia del tuo assentarti.
Era inevitabile, come per ognuno, che anche per te venisse quel giorno, ma io sono convinto che ci sia chi muore e chi no, anche dopo che il corpo ha ceduto.
Muoiono l’operaio e il capitalista, il banchiere e il venditore di lupini, il Berlusconi e il clochard, ma lo scrittore no. Gli scrittori non muoiono mai. E alcuni muoiono meno degli altri, se hanno dato alle loro parole il senso della più completa libertà di espressione.
Tu ti sei solo nascosta, restando visibile nei tuoi scritti, e lo fai in un periodo in cui io ogni giorno canto alla radio il mio, e non il mio solo, ‘Parlare Libero’.
Non ho alcuna intenzione di entrare nel merito degli argomenti da te propugnati, sui quali molti hanno indubbiamente a storcere il naso. Ma si tratta di gente che non ha mai esercitato il nobile mestiere della verità. Perché chiunque esprima il proprio parere con un sincero slancio è da apprezzare, anche da chi la pensa diversamente.
Tu invece sei stata ridicolizzata da ridicoli usurpatori di Nobel, derisa nel tuo sacro cancro da risibili comicastri di parte, rifiutata persino da chi indegnamente spadroneggia nella tua città.
Loro sono morti, non tu.
Io, fiorentino come te, ti accetto, ti offro idealmente anche gli unici riconoscimenti che la Toscana mi ha elargito: due premi ‘Pegaso’ per un programma radiofonico che, chissà, forse nei tuoi soggiorni fiorentini qualche volta hai ascoltato anche tu. Accettali.
Però non accettasti la pubblicazione su un mio sito internet de ‘La Rabbia e l’Orgoglio’, ricordi? Fu quando attraverso il tuo avvocato mi mandasti un’ingiunzione affinché togliessi dal sito quel testo. Oh, certo, quell’ingiunzione deve essere arrivata a molti: il web trasudava le tue parole. Pensai a un’arida operazione commerciale, benché a quell’epoca il tuo pamphlet avesse già venduto 800.000 copie. E tale probabilmente fu, anche se inutile, secondo me: avresti raggiunto vertici di vendita eccelsi lo stesso, e la tua rabbia sarebbe penetrata ancora di più nelle coscienze, lasciandola in rete. Ma ho sempre pensato che il tuo nome comparisse in quell’ingiunzione per renderla più efficace, mentre dietro doveva annidarsi l’interesse dell’Editore, non il tuo orgoglio. Peraltro l’avvocato era di Firenze… Una caduta di stile?
Beh, forse lo stile tu l’hai sempre sacrificato all’irruenza. E in fondo meglio un’irruenza sincera che uno stile costruito.
Mi stupii di me stesso, anch’io irruente, per non essermi incazzato a morte. Continuai ugualmente ad apprezzarti, a stare dalla tua parte qualunque cosa tu dicessi, fosse anche ferocemente controcorrente. Anzi, meglio così.

Ora tutto deve sembrarti più leggero, là dove ti sei nascosta. Ma attenta, potrebbe capitarti di imbatterti in loschi figuri. Ti consiglio di stare alla larga da Arafat: quello sputacchia sempre…

C’è chi vuole intestarti una via o erigerti un monumento, ma forse è meglio che tu non abbia una strada o una statua a te dedicata a Firenze: non ce l’ha nemmeno Pinocchio! Ma chi sa di te, chi sa parlare libero, chi scrive libero, ti intesta la città intera.
Perché al confronto dei piccoli di oggi tu giganteggi, come i grandi di ieri. Eccezione rara.

Un saluto e un ‘a prima o poi’ dal tuo

“G”, fiorentino e libero.



49 – I ‘SI DICE’.
5 Ottobre 2006



L’IMMAGINE.
Io Pompei, e tu?
FAI TUTTO TU, BUDELLONA!
A Pompei se la godevano mica poco. Le ‘lupe’ ricevevano i propri clienti su letti piuttosto duri: pietra. Ma sopra di essi la carne era soffice e le donne abili, piene di iniziative.
Visto? Che vi dicevo?
————————————————–

Ciao “G”! Si dice in giro che tu…
Alt! Frena!
Oh, scusa… E poi tu sei me… Meglio non dire.
Ma cos’è, ‘Pensiero Stupendo’?
Potrebbe accadere, sai…
Ancora? Senti, quello che si dice non corrisponde sempre a quello che veramente è.
Certo, certo, ma, tu m’insegni, dove ci sono le voci ci sono anche le noci.
E a volte ci sono anche le susine. Ma non tutti i proverbi la raccontano giusta. Quantunque…
Quantunque?
Beh, sai, facendo radio io vengo informato di un sacco di cosette che non si leggono sui giornali…
Dimmi, dimmi…
Sai, di quelle cose di cui si dice: lo sanno tutti!
E invece non lo sa nessuno.
Dipende. Alcuni di questi fatti poi vengono fuori, in qualche modo. Altri no.
Fammi un esempio di un fatto venuto fuori.
Quello di una nota conduttrice televisiva che si sarebbe portata a letto una ben conosciuta subrettina mentre il marito, famoso conduttore a sua volta, si beava della visione.
Ah, sì, ho capito. Questo è venuto fuori.
Anche lui, per questo… Però io l’ho saputo molto prima che la voce si spargesse a livello gossipparo, con conseguenti smentite e denunce intentate dalle parti (anatomiche) lese.
Ma passa a qualcosa di più esclusivo, dai.
OK. C’è chi dice che tutti sappiano degli inizi, diciamo così, avventurosi di una famosissima show-girl ormai ampiamente ex-girl, e forse anche ex-show. Ma in realtà ben pochi lo immaginerebbero.
Cosa?
Che la tizia, giovanissima, di notte battesse a Montecatini dalle parti dell’ippodromo.
Ma dai… E chi è?
Ascolta nel vento e lo saprai.
Eh, sì, la calunnia è un venticello…
T’intendi anche di lirica, ora?
M’arrangicchio. Ma vai avanti. Ancora un caso, dai.
Altri cinque o sei, se vuoi. Un noto comico toscano, che poi ha dovuto smentire recisamente, ha avuto la vita avvelenata da una voce che insistentemente lo dava per spacciato. Pensa che a me lo disse in anteprima assoluta un’infermiera di un certo ospedale di Pisa. “Poverino”, mi disse. “Lo hanno aperto e richiuso. Ha pochi mesi di vita”. E io ci credetti, anche, rattristandomi. Ma lui sembra sanissimo, e lavora indefessamente.
Ma guarda tu!
E in quanto ad omosessualità e droga, figurati, se ne dicono! Un conduttore televisivo attualmente un po’ in ribasso se la sarebbe fatta, odi odi, con un grande corridore motociclistico, per la verità anche lui in ribasso, il quale peraltro è noto come trombatore delle più belle fiche del mondo dello spettacolo. Come la spieghi?
Non la spiego.
E una conduttrice in grande auge si riempirebbe di coca. E questo solo perché la si vede assai pimpante in trasmissione…
Ma che maligni!
E la politica non fornisce meno spunti di cattiveria, sai, specialmente quando si mischia con spettacolo o cronaca.
Davvero?
Ti dico questa: il brutto coccolone subito da un leader politico e dal quale sta solo adesso un po’ riprendendosi sarebbe stato causato da un suo rapporto sessuale con una prestante show-woman molto presente in Rai. Quasi ci rimase, sul pezzo, dicono.
Ma che dici mai?
Sono voci, bada bene, solo spregevoli voci. E che dire di quell’altro famosissimo politico che sarebbe il vero padre di un bambino balzato tristemente ai disonori delle cronache perché barbaramente ucciso?
No! Quello?
Proprio quello! E per finire ti dico l’ultima che mi è giunta all’orecchio: una ministra della repubblica, in seguito alla sua relazione con un famoso autore di colonne sonore, sarebbe rimasta incinta e avrebbe abortito segretamente nel più grande ospedale di Firenze.
Ma va’!
Proprio così. Ma non è dei presunti fatti che io mi stupisco, bensì della certezza con cui la gente dà per vere queste informazioni, che spesso si rivelano assolutamente false.
E come può succedere?
Uno lo dice a un altro, questo a un altro ancora, ancora, ancora, ancora, e alla fine la cosa sembra vera.
Ma potrebbe anche esserlo…
Sì, ma prendo il tutto e lo metto nel mio archivio di psicologo delle masse. Anche questo mi serve per capire i moventi umani. Ed emergono insicurezze, invidie, rabbie, malignità, cattiverie, sterili rivalse…
Verità…
A volte. Ma sempre espresse con malizia e compiacimento, come dire: anche i ricchi piangono. E invece piange solo l’impotenza dei poveri.
Però, vedi, di te ho sentito dire che…
L’articolo è finito. Sarà per un’altra volta!


50 – I ‘SI DICE’ 2.

7 Ottobre 2006




L’IMMAGINE.
Io Pompei, e tu?
ALZA LA COSCIA, TROIA!
Stupisce, ma mica poi tanto, che a quell’epoca facessero le stesse identiche maialate che facciamo noi tutt’ora. Questo prova quanto certi atti naturali come l’accoppiarsi non abbiano subito mutamenti nei millenni. Caso mai distorsioni. Ma la base è semplice, quasi monotona, sempre quella.
Che noia…
—————————————————

Come, ancora?
E perché no?
Cosa ti spinge a continuare su questo argomento?
Nuove acquisizioni.
Davvero?
Proprio.
E chi…
Un amico, stimolato dall’articolo precedente, mi ha fornito nuove voci.
Controllabili?
Ma quando mai? Le voci non si controllano. Si ascoltano.
E poi?
E poi si buttano.
Perché?
Perché sono solo voci. E anche perché, in fondo, a noi che ci frega?
Ma allora…
Allora ascolta: la sai quella del venditore di materassi che sarebbe andato a letto con l’attempato presentatore?
No, non la so.
Nemmeno io. E quella del famoso cantante a suo tempo sposato con una conduttrice non italiana che da giovane si sarebbe prostituito alla periferia di Roma?
Noddavvero!
Io sospettavo. E del politico che avrebbe cornificato la moglie con un’appetibile collega di coalizione?
Beh, ma di questo hanno parlato anche i giornali!
E’ vero. Passiamo a un’altra voce, dolorosa, peraltro.
Quale?
Quella che darebbe per amanti un grande cantante ora defunto e il suo paroliere tutt’ora vivente.
No! Comunque sarà stato doloroso soprattutto per chi dei due lo prendeva nel…
Zitto, bestia! Ma non vedi che si vuole infangare persino la memoria dei grandi?
Però, che carosello di stronzate!
Puoi ben dirlo. Ma guarda, voglio aggiungerne una io, come botto finale.
Spara, spara!
Questa è grossa: si riferisce a un Papa!
‘Azz! All’anima dell’infangamento!
Si dice, o meglio diceva, che un certo Papa, evidentemente gay, avesse come amante un certo attore cine-televisivo.
No! Che mi dici? Un attore famoso?
Diciamo popolare, ai suoi tempi.
Quali tempi?
Eh, no: se ti dico i tempi ti dico anche il Papa. Ti basti sapere che adesso sono morti tutti e due.
Pacem in Terris.
No, non era quello. Quantunque…
Maligno!
Io? Non ho detto niente.
E io neppure.
Amen.



51 – UN LAVORO RISCHIOSO.

9 Ottobre 2006




L’IMMAGINE.
Io Pompei, e tu?
HAI LAVORATO IN UN CIRCO, MAIALA?
Persino le acrobazie! Cosa si pretende di più? Divertente.
Tariffa doppia!
—————————————————–

Ciao “G”! Beato te che fai radio… Che bella vita la tua!
Oh, sì, certo, se si paragona ad altri tipi di lavoro…
Un sacco di gente che ti ascolta, che ti ama…
Eh, come no!
Perché, non è così?
E’ così… e non è così.
Spiegati.
Sai, ci sono modi diversi di ‘fare radio’: il mio non è esattamente il più comodo.
Ma dai…
C’è chi passa musica e dice sciocchezzuole: per lui la vita è tranquilla, anche se inutile. C’è invece chi con convinzione esprime le proprie idee e opinioni: per lui può essere un rischio.
Addirittura! E tu appartieni alla seconda categoria, è ovvio.
Non potrebbe essere altrimenti. Mi conosci, no?
Eh! Ma chi te lo fa fare?
Boh!
Bella risposta!
So solo che non farei questo mestiere se non potessi esprimermi appieno. Mi sentirei superfluo, un usurpatore di prezioso spazio vitale, quale io ritengo l’etere.
Quindi tu vivi pericolosamente.
Intendiamoci, sono estrememente di più le persone che mi seguono apprezzandomi, amandomi svisceratamente, quasi dei discepoli, oserei dire.
Ma?…
Ma ce ne sono anche altre che mi darebbero volentieri fuoco dove piglio meglio.
Cattivi soggetti!
E tutto perché mi va di dire sempre e solo quello che penso. Per alcuni sono uno sporco fascista, per altri uno sporco comunista. Contemporaneamente.
Buffo!
Il fatto è che qualcuno vede e sente solo ciò che vuole vedere o sentire. Ma a me va benissimo questo. Significa che io sono veramente libero. E se devo commentare un fatto non parto da posizioni preconcette, ma ne parlo come sento di dover parlarne.
Come quando parli del ‘nobile sport della caccia’…
A quello dovremmo riservare un intero articolo. Sono da sempre contro. Aspramente. E i signori cacciatori, seguendo la loro indole grottescamente armata, non solo mi contestano, come è nel loro diritto, ma mi minacciano di morte, come non lo è. Hanno il fucile, loro!
Minacce di morte, eh? Andiamo bene!
E il ‘Sondazzo’ non mi dà meno problemi: ricevo puntualmente telefonate minatorie, promesse di botte e quando va bene di denunce.
E tu le hai prese?
Botte no. Denunce sì.
E come sono andate a finire?
Bolle di sapone. Dopo 24 anni di dura lotta contro l’umanità imbecille sono ancora incensurato. Comunque devo dire che ogni problemino legale che mi è capitato nella vita è dipeso esclusivamente dal mio lavoro. Ne vado fiero. Anche perché significa che io sono essenzialmente una persona onesta.
Essenzialmente?
Ottimo avverbio.
Vabbè… Scusa, ma sono un po’ preoccupato. Sai, essendo te a volte ho paura di…
Niente paura: ti proteggo io.
Come?
Con la forza della libertà. Niente può vincerla.
Ma mi racconti almeno un fatto? Che so, il primissimo caso di serio pericolo in cui sei incorso per il tuo lavoro.
Lo ricordo benissimo. Avevo incominciato da poco il mio programma di telefonate provocatorie, e allora mi divertivo a rispondere in diretta ad annunci economici di varia natura. Uno di questi era stato messo da un signore che cercava una partner per andare a ballare il liscio. Che ghiotta occasione! Mi trasformai subito in una dolce signorina desiderosa di un cavaliere ballerino.
Facesti la voce di donna?
Lo faccio spesso. Insomma, lui ci cascò in pieno. Durante un’intera settimana telefonai varie volte al soggetto in questione, approfondendo sempre di più la sua personalità. Entrai in confidenza con lui e mi permisi domande intime, fino a quella decisiva: come gli funzionava l’uccello?
E lui?
E lui, testualmente: “Ehm… Vedi… Non mi viene troppo duro…”. Poverino… In effetti la sua voce non era propriamente mascolina. Insomma, il tapino cercava sì una partner femminile, ma per il solo ballo. Per il letto probabilmente si rivolgeva altrove.
Ganzo!
Mica tanto quando me lo vidi arrivare alla radio incazzatissimo e con pessime intenzioni nei miei confronti.
E come ti aveva scoperto?
Era stato riconosciuto e informato da varie persone. Perché – e qui scatta l’imprevisto – si trattava di un noto psicologo che teneva regolarmente un programma su una TV locale. Fu riconosciuto da alcune sue pazienti. Io però non avevo mai visto il suo programma.
Sputtanato in pieno, anche come psicologo: non aveva certo analizzato correttamente la situazione…
Il meschino col groppo alla gola mi disse che in una società cazzocratica com’è la nostra lui ormai era finito. La sua carriera fortemente pregiudicata dalle mie pubbliche telefonate. Era furente. E prese in mano un pesante portacenere di onice che stava su un tavolo bilanciandomelo pericolosamente sulla testa. Credetti che fosse veramente finita per me.
Avevi appena incominciato!
Ma lo ammansii. Gli promisi di cancellare la registrazione delle telefonate e lo guardai negli occhi. Lentamente, quasi affascinato dal mio sguardo magnetico, abbassò l’arma impropria. Ma molto lentamente. Fui salvo. Gli dissi di tornare il giorno successivo: avrei distrutto di fronte a lui le prove. Lui tornò, ma in realtà il nastro che gli cancellai davanti non era che una copia fatta nel frattempo. Lo avevo di nuovo preso per il culo. Proprio un bel tonno.
E un pessimo psicologo!
Alla fine, andandosene, mi guardò con uno sguardo poco rassicurante, questa volta sul versante gay della sua ambiguità. “Peccato”, mi disse. “Avremmo potuto essere mooolto amici…”. E come no! Ma vahia buco! Lo accompagnai alla porta e dandogli riluttante la mano gli dissi: “E perché no?”. Lui mi guardò languidamente e sparì dalla mia vita. Mi richiamò un paio di volte in modo assai confidenziale, ma a me non piace ballare il liscio.
E il suo programma in TV?
Ne guardai un paio di puntate. Era proprio lui. Sempre più triste. Ma poi finì subito. E non ho mai saputo se fosse stato a causa mia.
Cattivello, però, caro “G”…
Guarda, per caso qui c’è un pesante portacenere di onice. Vuoi che te lo spacchi sulla testa?
Ehm… no grazie. Anche perché sarebbe la testa a spaccarsi. Potremmo essere amici, no? Mooolto amici…
Non dirmi che tu sei la mia parte femminile.
Non so. Chiedilo alla psicologo!
Ehm… Meglio di no!


52 – I FUGGEVOLI INCONTRI.

11 Ottobre 2006



L’IMMAGINE.
Io Pompei, e tu?
COME TI CHIAMI, PUTTANA?
Sì, c’era anche spazio per il dialogo a Pompei, volendo. Questa posizione lo permetteva. Guardandosi in faccia lavoratrice e fruitore potevano persino imbastire una bella conversazione, mentre…
—————————————————-

Ciao “G”!
Ciao, buffo me stesso mio!
Quanta gente hai conosciuto nella tua vita?
Tanta. Tantissima.
Troppa?
No, se si eccettuano alcune decine di stronzi.
Quindi è un bilancio positivo.
Sì, direi, soprattutto per quanto riguarda gli incontri fugaci.
Incontri fugaci?
Intendo dire le persone che ho solo sfiorato. Io amo molto questo tipo di rapporto. E’ anche molto più igienico.
Stai parlando di una botta e via?
Come sei triviale! No, io non sono mai stato uno da una botta e via. Parlo di rapporti fatti anche di un solo sguardo, uno spostamento d’aria, un contatto casuale.
Ma sono superficiali, inconsistenti, irrilevanti!
Lo dici tu. Sono basilari nell’esistenza di una persona.
Mi sembri eccessivo.
Forse lo sono. Ma io ho sempre amato il sogno… o è il sogno che ha sempre amato me. Ad ogni modo ritengo che troppo spesso noi siamo maledettamente frettolosi nel liquidare gli incontri sfioranti. Io posso lavorare per giorni sul pensiero di due occhi che si sono incrociati con i miei, di una mano che accidentalmente ha toccato la mia, di un’aria respirata per un attimo in comune…
Animo poetico…
Perché no? Non me ne vergogno. Ma hai notato quanto spesso le persone di cui approfondisci la conoscenza ti deludano?
Questo è vero.
Certe volte il meglio ce lo diamo proprio sfiorandoci. Dentro quell’attimo c’è tutto. Dentro una vita intera può esserci il nulla.
Come sei profondo…
No, sono me stesso. Prendi l’amore. Bello, vero?
Bellissimo.
Eppure dopo qualche tempo cambia, subisce una mutazione. A volte si trasforma persino in odio.
Oh, sì!
Ma nei primi tempi è puro, fresco, fiorito.
Poi appassisce.
Così è qualsiasi rapporto umano, tranne le felici, poche eccezioni. Spesso più conosci una persona e più ti delude.
Fammi un esempio.
Non posso fare nomi, ma ho avuto modo di approfondire la conoscenza di alcuni che per me erano dei veri e propri mostri sacri.
E…
E sarebbe stato molto meglio non fosse mai successo. Ho scoperto meschinità, cattiverie, isterismi, falsità, complessi e depressioni. Tutto l’opposto di come pensavo.
Quindi secondo te è meglio non conoscersi a fondo.
Non dico questo, E non tutti ti deludono, è chiaro. Nella vita devi avere dei punti fermi di riferimento, non c’è dubbio. E te lo dice uno che è molto portato ai lunghi rapporti. Ma devi selezionare parecchio, e lasciare tutto il resto nel sogno del possibile.
Cioè nella realtà dell’impossibile.
Bravo, vedo che hai afferrato. Lo sai che io sono stato per ore, giorni, mesi, persino anni innamorato di sguardi appena colti per strada, in un supermercato, in un cinema, dovunque… E mi gusto ancora sfioramenti inconsapevoli, leggeri e indipendenti da qualsiasi volontà, calcolo, malizia… Ricordo tutto. Ce ne sono alcuni, diciamo una ventina, che ho archiviato nella mente, e tornano a guardarmi e a sfiorarmi, di tanto in tanto…
Sei un maniaco!
Se vuoi. Io direi un ipersensibile. Sai, una volta scrissi anche un racconto su questo. Ma credo che non vedrà mai la luce.
Già, tu preferisci scrivere thriller.
Io scrivo tutto. Ma alcune cose le lascio a me stesso.
E a me nulla?
Se vuoi ti sfioro. Ti guardo allo specchio…
Oh, mio Dio… Non lo dimenticherò mai!
Ma vaffanculo!
Ecco, così va meglio. Ci conosciamo da troppo tempo…



53 – SCRIVERE UN LIBRO.

13 Ottobre 2006



L’IMMAGINE.
Io Pompei, e tu?
NON MI PIACE LA TUA FACCIA, ZOCCOLONA!
Se la conversazione o il volto della meretrice non erano di gusto del cliente, a Pompei avevano trovato il sistema per farsene mostrare la faccia migliore.
Noi non abbiamo inventato nulla.
————————————————–

Ciao “G”! Allora ci siamo, eh?
Eh, sì, ci siamo.
Il libro esce, finalmente!
‘Finalmente’ è l’avverbio giusto: sapessi da quanto tempo aspetta…
Perché, nessuno voleva pubblicarlo?
Al contrario: sono io che non l’ho proposto a nessuno fino a tre mesi fa.
Quando…
Quando il primo editore che l’ha letto l’ha immediatamente accettato.
Quindi…
Quindi quello che sta uscendo è il frutto di anni e anni di scrittura saltuaria, quando quei racconti li buttavo giù per il solo gusto di inventare, così, di tanto in tanto. Poi li ho messi insieme, e ho scoperto che poteva essere dato loro un senso: solo allora ho visto questo lavoro come un possibile libro. Non mi sarebbe piaciuta una piatta raccolta di storielle. Ne ho dunque eletta una a simbolo (e titolo), ho aggiunto un fil-rouge et voilà. Rien ne va plus, mesdames et messieurs.
Les jeux sont faits!
Oui!
Ma questo non è il tuo primo libro.
No, però è il primo di narrativa pura. I primi due, usciti 11 e 10 anni fa, sono dei veri blog ante litteram, con dentro tante cose di me. Il terzo, del 2004, è un fumetto di cui ho scritto soggetto e sceneggiatura. Ma adesso inizia il bello. Ho in serbo sorprese a non finire.
Cioè?
Sto scrivendo all’impazzata, visto che ho cominciato un po’ tardi. Sono passato al romanzo. Mi sono messo in testa di scriverne almeno 20 prima di tirare il calzino.
Al ritmo di?…
Due all’anno, più varie ed eventuali: altri racconti, questo blog…
A che punto sei?
A sei, appunto.
E se ti avessi chiesto a che punto sette?
Sempre a sei.
E quando hai cominciato a scrivere sul serio?
Nel 2004.
Ti sei portato parecchio avanti… Ma cos’è scrivere un libro?
E’ il più gran divertimento che ci sia. Paragonabile solo al parlare al microfono, ma con modalità del tutto diverse. Scrivi, rileggi, correggi, vai avanti, torni indietro, correggi, procedi, rileggi…
E’ una lotta dura…
Sì, ma vinco sempre io.
E quando inizi un racconto o un romanzo sai già come va a finire?
Mai. Non so neanche cosa succederà nella stessa pagina in cui scrivo. Gran parte del mio divertimento è proprio scoprire cosa accadrà. E accade sempre qualcosa che mi stupisce. E se stupisce me…
Stupirà anche i lettori.
Hai già capito. ‘Io sono il Mostro’ non è che l’inizio. Tutto quello che ho scritto ormai non può più restare dentro il proverbiale cassetto.
Parlami dell’enigma legato al tuo nome…
Verrà finalmente e ufficialmente svelato. Quasi me ne sono dimenticato anch’io… Ma come scrittore voglio riappropriarmene. Ne sento il bisogno.
Allora sotto con il ‘Codice G’, inserito nel libro!
La soluzione non è impossibile, ma bisogna leggerlo proprio tutto, fino in fondo.
E il tuo nome…
Sulla copertina del prossimo libro sarà quello completo.
Certo i lettori non vorranno aspettare.
Me lo auguro. Comprino questo e si cimentino.
Sei molto determinato.
Come poche volte in vita mia. So che posso farcela. Ho messo in cantina dell’ottimo vino, che più invecchia più sarà buono.
Ma credo che tu non voglia farlo invecchiare troppo…
Quanto basta. Intanto scolatevi questo ‘Mostro’: in più ne berrete più presto stapperemo altre bottiglie.
Come si dice, “G”? Cin cin! E in bocca al lupo!
Alla tua, “G”! E crepi il cacciatore!
Sì, ma così crepa anche Cappuccetto Rosso.
Meglio. Mi è sempre stata sui coglioni!



54 – LEGGERE UN LIBRO.

16 Ottobre 2006




L’IMMAGINE.
Io Pompei, e tu?
A PECORELLA SEI PIU’ BELLA, MIGNOTTELLA!
Un classico: probabilmente la più antica forma di accoppiamento umano, derivante direttamente da quello delle bestie. Ma dalla preistoria ad oggi non siamo riusciti ancora a superarlo.
Infatti è insuperabile!
—————————————————–

Ciao “G”! Tu parli di scrivere. Ma di leggere non parli?
Ma certo, se vuoi, caro “G”. E’ ovvio che se qualcuno scrive qualcun altro debba di conseguenza leggere.
Lapalissiano. Ma quando uno legge che succede?
Succede che entra nella testa di chi ha scritto.
E se ne impossessa?
Ci prova. Ma sono più propenso a credere che sia lo scrittore a impossessarsi della testa di chi legge.
Tu tendi a questo quando scrivi?
In un certo senso sì. Mi piace da morire entrare.
Dove?
Dovunque.
Porcellino!
Beh, sì, anche dove hai pensato tu. Ma soprattutto nei punti vitali della gente.
Questo anche per radio?
E’ ovvio. Parte da lì il mio insinuarmi. I miei ascoltatori sono come tanti lettori che invece di usare gli occhi usano le orecchie. Ma il flusso dei miei pensieri li colpisce ugualmente alla testa.
Quindi chi legge è una vittima.
Noddavvero! Chi legge è un viandante che percorre un sentiero di montagna col baratro da un lato. Può stare accostato alla parte sicura, senza correre rischi, ma se chi scrive possiede qualche magica capacità lo attira inevitabilmente dentro il burrone.
Quindi dipende da chi scrive che il lettore si salvi o meno.
Sì, ma entrambi devono sperare nella non salvezza. Lo scrittore per dimostrarsi tanto abile da attirare nella trappola il lettore, e quest’ultimo perché se non vi cade ha speso male i suoi soldi e il suo tempo.
Profondo.
Cosa, il burrone?
No, tu. Quindi alla lettura bisogna lasciarsi andare.
Il più possibile, come se fosse un suicidio. Perché alla fine, quale araba fenice, il lettore riuscirà a risorgere dalle proprie ceneri, pronto a volare ancora in un nuovo sogno di carta.
Ma la carta non è superata? Oggi col computer, la televisione, aggeggi elettronici di ogni tipo, leggere ancora delle righe stampate su pagine da girare sembra cosa antica.
Ben vengano le nuove tecnologie, ma non riusciranno mai ad eguagliare il sacro rito della pagina da voltare, magari inumidendo il dito per farlo meglio aderire al foglio, e con la curiosità di sapere cosa si celi dietro quel labile sipario bianco che ci separa dal seguito della storia. Io tra le pagine dei miei libri di ragazzo ho lasciato eserciti di briciole di pane. E quando ce li ritrovavo rivivevo i momenti esaltanti passati col Capitano Nemo, con Robinson Crusoe o con Zanna Bianca. Prova a lasciare le briciole tra le pagine di un computer.
Ehi, però, che grandi classici dell’avventura!
Sì, uno scrittore prima di scrivere è indubbiamente un grande lettore. Ma è quando incomincia a scrivere che smette di leggere.
Oh, bella!
Lo afferma Umberto Eco, che di queste cose se ne intende. E io gli do ragione. Chi legge non scrive. Chi scrive non legge. E io ho smesso di leggere quando ho incominciato a scrivere. Sono passato all’altra sponda.
Devvero, caaaro?
Non come pensi tu, maligno! Ho quasi paura di leggere, paura di lasciarmi influenzare. Per la stessa ragione non ascolto altri programmi radio all’infuori del mio.
Quello devi ascoltarlo per forza!
Eh già, sono condannato a vita… Ma io parlo e scrivo, e non voglio correre il rischio di copiare inconsapevolmente chicchessia.
Come hai detto?
Chicchessia.
Una chicca.
E sia. Ovviamente ci saranno delle eccezioni: scrittori che leggono a man bassa. Forse non si sono ancora decisi, e stanno sia di qua che di là.
Ma perché tracciare un confine?
Perché i confini fanno parte della nostra natura. Padre è padre e figlio è figlio. Non si possono invertire i ruoli.
Mi freghi sempre.
Per forza: questo blog lo scrivo io!
Ma anch’io!
No: tu sei la parte succube di me.
Ah, già! Come non detto. Consigli da dare ai lettori?
Leggete i miei libri.
Consiglio disinteressato, eh?
Consapevolezza di scrittore. Se chi scrive non è convinto di ciò che fa, meglio che smetta. Ma se mette il meglio di sé dentro le righe e sente di aver creato un nuovo mondo in cui far vivere chi legge, gli sia concessa l’immodestia. La modestia è una falsa virtù: in realtà spesso nasconde una ricerca di forzato consenso nello squallido panorama del nulla.
Con questa frase hai superato te stesso.
E ogni limite, lo ammetto. Ma non la ritiro. Ogni tanto un po’ di pompa fa bene.
Un po’ di che?
Di pompa.
Nel senso di…
Nel senso di espressione pomposa. Non pensare sempre a quelle cose là!
Perché, ti fanno tanto schifo?
E a te?
E a te?
E a te?
E a te?
Basta! Sembriamo due bambini!
Al prezzo di uno, però!




*** SPECIALE JOHN PISELLO E YOKO PASSERA ***

18 Ottobre 2006




DUE VERGINI.

Così si definivano loro nella foto che fece da copertina all’insolito disco ‘Two Virgins’, che viene ricordato più per quella che per il suo contenuto.

John Lennon e Yoko Ono amavano stupire in quel 1968 che si stupiva ancora, tanto che al disco in questione furono apposte pudìche mutande, cioè una busta di solida e impenetrabile carta che avvolgeva le loro nudità nascondendole ipocritamente al mondo. Ma il mondo ci guardava dentro. E cosa vedeva? Quello che state vedendo voi, più il retrocopertina che mostrava anche i retri dei due spudorati personaggi.

Queste immagini oggi fanno tenerezza. In fondo il nudo è quanto più ci sia di naturale.
C’è tuttavia da notare come tra i due fosse di gran lunga più coraggiosa la figura femminile, perché ci vuole proprio coraggio a mostrare nudità tanto miserine. Da dietro, poi, il culuccio inesistente della Ono sfigura nettamente al confronto delle lennoniane più paffute chiappe.
Ve ne risparmio la visione per carità cristiana e decenza giapponese.

Due vergini. Sì, ma dove?



55 – DIO NON E’ UN PORCO.
20 Ottobre 2006




L’IMMAGINE.
Quando le donne erano veramente sode.
DURA COME IL SASSO.
Infatti è di pietra questa ‘venere’ di oltre 20.000 anni fa. Lei è la più famosa, una vera miss.
E guardate che passerina…
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Ciao “G”! Hai visto? La bestemmia adesso è di moda!
Non parlerei di moda. Però è un argomento di cui si parla a causa di quel personaggio toscano che è stato squalificato da un popolare reality-show per aver bestemmiato in diretta.
Dobbiamo parlare di lui?
No. Parliamo invece della bestemmia. Tu bestemmi?
No, e tu lo sai bene.
Ma tanta gente lo fa. Perché?
Sei tu quello intelligente. Dai una risposta.
A volte non si hanno risposte. Però credo che chi bestemmia lo faccia per dare più forza alla propria rabbia o più peso alle sue affermazioni. Tra una ‘miseria’ e una ‘Madonna’ ci corre. Vuoi mettere?
Ma l’aggettivo è sempre lo stesso.
Eh, sì, se vogliamo accettarlo come aggettivo. La madre di Gesù è uno dei bersagli preferiti dai bestemmiatori, forse perché è una donna. Per lei si sono coniati sostitutivi come ‘madosca’, o adottati termini già esistenti come ‘mattina’ e ‘maremma’…
Sempre ‘porca’, però.
Ma anche ‘maiala’, ‘troia’, ‘puttana”. Chi usa questi mezzucci per non bestemmiare mi sembra ancora più meschino di un chiaro bestemmiatore.
E Dio?
Dio è un altro grande bersaglio degli smoccolatori. Anzi, il più colpito. E gli si affibbiano attributi quali ‘boia’, ‘porco’, ‘cane’, ‘maiale’, per non parlare delle bestemmie più elaborate che lo vorrebbero addirittura ‘rotto in culo’. Molti però lo sostituiscono con ‘io’: ‘io cane’, ‘io boia’, per esempio, o con ‘due’: ‘porco due’. Questi non andranno all’Inferno.
E Gesù?
Lui per la verità viene bestemmiato un po’ meno, forse per una minore scorrevolezza del nome, che di solito viene messo dopo la brutta parola, che di solito è ‘porco’.
Non hanno una gran fantasia i bestemmiatori…
Dipende. In Toscana alcuni fanno delle loro bestemmie delle vere e proprie opere d’ingegno. Meglio non approfondire.
Sei bravo a raccontare le bestemmie senza bestemmiare a tua volta.
Oh, è semplice: basta non mettere a diretto contatto i termini. Se dico che Ceccherini all”Isola dei Famosi’ ha dato di porco a Dio io non bestemmio. Lui sì.
Però, mi sorge un dubbio.
Non sarà mica anche il mio?
Penso proprio di sì.
Chiariamolo. Ci sono vari nomi comuni di animali che vengono associati alla divinità. Mi chiedo, anzi, ci chiediamo: possono essere considerate delle offese?
Già! Possono?
Il porco, o maiale, è una creatura di Dio, come il cane. E si tratta di animali considerati positivi, buoni. Il primo anche da mangiare. Come può Dio offendersi se paragonato a loro?
Ma sai, nel linguaggio comune i bravi animaletti diventano simboli negativi. Se ti dicessero: “Sei un cane, “G”!”, tu che risponderesti?
Bau! Bau!
“Sei un porco, “G”!”.
Snorf… Snorf…
Sei abile a sviare i discorsi.
Dio non è un porco, ma in un porco io vedo Dio. Chi ha detto questa frase?
Boh! Chi?
Io, in questo momento.
Sentilàeee!
E adesso voglio spiegarti perché non mi piace la bestemmia.
Spiega.
La bestemmia è disdicevole.
Tutto qui?
No: volgare, assurda, puerile, stupida, inutile. Chi bestemmia ha l’indole del bambino scemo anche a 80 anni.
Ma chi bestemmia crede o non crede in Dio?
Crede forse più degli altri, anche se si vanta di non credere. Chi disprezza compra.
E chi bestemmia crede.
Tu mm’ha’ bell’e’ capito!
Ma se non esistesse alcun Dio?
In questo caso la bestemmia sarebbe da bischeri, e non avrebbe più alcun potere dirompente. Perché, se può servire a qualcosa, un bel moccolo quanto meno fa da scarico alle tensioni. E Dio magari si presta a fungere da sfogo. Ce l’ha fatto Lui il cervello, no?
O è il cervello che ha fatto Lui?
E’ nato prima l’uovo o la gallina?
La gallina.
Da cosa?
Dall’uovo. Ops…
Bona Ugo!
Mi hai fregato, porca Ma…
Madonna, la cantante.
Grazie, “G”, mi hai salvato.
Di niente, io boia!



56 – L’AMORE.

23 Ottobre 2006




L’IMMAGINE.
Quando le donne erano veramente sode.
UN PO’ SOVRAPPESO?
Oh, beh, tanto allora non c’erano mica le bilance!
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Ciao “G”! Ho bisogno di te.
Anch’io. Sei me!
No, guarda, ho proprio bisogno di un tuo consiglio.
Consiglio?
Nemmeno: di un chiarimento.
Chiarimento?
Insomma, una spiegazione.
Se posso…
Ho un chiodo fisso che non riesco a togliermi.
E dovrei togliertelo io?
E chi altro??
Sentiamo.
Sto lambiccandomi il cervello senza trovare una soluzione. Dovresti darmi una definizione dell’amore.
Hai detto nulla!
Lo so che non è facile. Per questo chiedo a te. Io non ci capisco un tubo.
Guarda che nessuno è mai riuscito, se non parzialmente, a dare una definizione, una descrizione, un compendio logico dell’amore.
Dai, provaci tu. Prenditi lo spazio che vuoi. Starò quieto e zitto ad ascoltarti.

Ma come posso io permettermi di tentare una simile impresa? Come posso descrivere i tumulti che ti assalgono la parte centrale del corpo, dallo stomaco alle budella, dai polmoni al cuore? Il galoppo di mandrie impazzite nelle praterie gastriche? Le sanguinose rivoluzioni, i colpi di stato, le guerre civili, gli agguati, i complotti, i capovolgimenti di fronte che ti avvengono nel sangue? I terremoti violenti, le inarrestabili eruzoni vulcaniche, le paurose alluvioni, i nubifragi, le tempeste, i cicloni che ti devastano il basso ventre? Gli incendi premeditati, dolosi, colposi, o spontanei che ti bruciano l’esofago? Le diligenze inseguite dagli indiani, le sfide all’O.K. Corral, i duelli al sole, i mezzogiorni di fuoco, i massacri di Fort Apache che ti dilaniano il pancreas? Le frane, le slavine, le valanghe… E poi… improvvisamente la quiete, la pace infinita di cieli limpidi, prati verdi e fioriti, aria dolce alle narici, lunghi tramonti – o albe al contrario – albe purissime – o tramonti alla rovescia – mari caldi e puliti, cascatelle di ruscelli in boschi vietati alla caccia, farfalle e laghetti, e grandi dighe… Dighe che si incrinano, cedono, si rompono, e acqua che travolge tutto, animali impazziti, case distrutte, uomini, donne, bambini trascinati via dall’immensa incazzatura degli elementi non più incatenati, ma scatenati fino a cancellare tutto ciò che incontrano a valle… Come posso io dare anche una pallida idea delle gioiose nascite e delle sentenze di morte, dei primi vagiti e delle esecuzioni capitali, dei lanci a caduta libera e dei paracaduti che non si aprono, dei viaggi interplanetari senza ritorno e dei ritorni senza viaggio, delle sedie a dondolo e delle sedie elettriche, dei giocattoli e delle bombe, del miele e del veleno, del pane, del vino, del sale, del fiele, del bianco, del nero, del sonno, del sogno, dell’incubo, la paura, il sospetto, le lancette che ti trafiggono come lance, il telefono muto guardato con odio o implorazione, l’orgoglio calpestato con scarpe fangose, gli urli silenziosi di dolore, quelli acustici di goia urlati dalla bocca dello stomaco e… E poi il rilassamento, nel bene o nel male, l’appagamento o la rasseganzione, la stanchezza, lo sfinimento, e infine, forse, la noia. Più tardi – sempre – il rimpianto. Come posso io descrivere, definire, rappresentare l’amore? Non posso. Infatti non ci provo nemmeno.

All’anima! Figurati se ci avessi provato!



57 – IL DOLORE PIU’ GRANDE.

25 Ottobre 2006



L’IMMAGINE.
Quando le donne erano veramente sode.
TI HO FATTO UN CORNO!
Già a quei tempi, a quanto pare, le signore cornificavano i loro mariti.
Questa ne mostra orgogliosamente la prova.
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Ciao “G”! A cosa stai pensando?
Sto chiedendomi quale sia stato il dolore più grande della mia vita.
E sei riuscito a scoprirlo?
Non mi ci è voluto molto.
Sofferenze d’amore?
Oh, sì, certo. Sono le più acute, a caldo, le più lancinanti. Indicibili. Chi non ci è passato? Ma non è stato questo il dolore più grande per me.
Credo di aver capito.
Se non mi capisci tu!
Effettivamente…
Sì, il mio dolore più grande è stata la morte di mio padre. Ed anche il più lungo. Non è ancora finito. E non finirà.
Certe cose non finiscono mai di procurare sofferenza.
E’ vero, un dolore che anche se col tempo attenua la propria consistenza non perde mai del suo significato. E la lancia è sempre pronta a bucarti il cuore.
Anche se…
Anche se con tuo padre non hai mai avuto una grande sintonia.
Succede.
E succede che ti accorga, dopo, di quello che avevi e che non hai saputo valorizzare.
Di quante cose avresti potuto dirgli e non gli hai detto.
Di quanti sguardi, sorrisi, carezze avresti potuto dargli e non gli hai dato.
Lui forse ne aveva bisogno.
Si aspettava sempre che…
E invece…
Le alzate di spalle, i silenzi, le cose non dette, quelle non fatte… Tutto – dopo – torna a tormentarti, e scopri improvvisamente un sentimento che per anni hai soffocato nella presunta indifferenza.
Ci si vergogna a volte di dire ‘ti voglio bene’.
E dopo, quando è tardi, vorresti dire ‘ti amo’.
E soffri dentro.
Sì, soffri. Soffri per lui che non c’è più e per te stesso che sei impotente ormai. Non puoi più farci nulla.
Allora c’è bisogno della morte per scoprire l’amore?
Forse. Anche in una coppia può succedere: è quando l’altro ti manca che puoi valutare la vera entità dei tuoi sentimenti.
E lui ti manca, vero?
Sempre. Ma non vado mai a trovarlo al cimitero. E’ sepolto qui, nel mio petto.
E la sua tomba è sempre piena di fiori.
E non vedo più i suoi lati negativi, non ci litigo più. Gli chiedo solo di proteggermi, come sempre ha fatto in vita… anche troppo.
Lui sapeva esprimere amore, ricevendone ritrosìa. E ora che io saprei esprimerglielo, lui è assente.
Ma ne siamo proprio sicuri?
No, forse è lì, a scansarmi i guai in cui spesso mi ficco.
E ci riesce.
Sai, lui non ha mai potuto ascoltarmi per radio. Sentire una mia canzone. Leggere un mio libro. Se n’è andato prima.
Ma forse ti sente, ti legge…
E io parlo e scrivo anche per lui. Per lui che si tormentava perché non lo chiamavo mai ‘babbo’. E adesso dentro di me non ho altro nome per lui.

Ciao babbo.
Ciao babbo. Accidenti, piango…









 
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