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SETTEMBRE 2006 - Museo del G

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SETTEMBRE 2006

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37 – A VOLTE RITORNANO.

1 Settembre 2006



L’IMMAGINE.
La Bella e le Bestie.
KING KONG – LOCANDINA.
L’eterno confronto tra la grazia e la brutalità causato dall’incontro della Bella con la Bestia è molto più dolce nei film horror o di fantascienza di quanto non sia nella realtà. Ci sono uomini dall’apparenza normale che violentando una donna dimostrano di essere assai più mostruosi del povero King Kong, che della bella s’innamora senza speranza e la protegge fino alla fine.
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Ciao “G”! Da quanto tempo non ti vedevo…
Da un mese, vero? Che falso che sei!
Dobbiamo pur mantenere il format di questo blog: io e te che dialoghiamo, anche se siamo la stessa persona.
D’accordo allora. E’ un mese che non ci vediamo, non ci sentiamo, non ci parliamo. Va bene così?
Va bene. L’importante è che malgrado questa piccola finzione scenica ciò che esprimiamo sia vero. Non ti pare?
Mi pare.
Dunque, di cosa parliamo oggi?
Di quanto sia triste l’Estate.
Triste? L’Estate?
Triste. L’Estate.
Ma come sarebbe? E’ la stagione del caldo, del riposo, delle vacanze, del divertimento…
E dell’amore, no?
Sì, anche dell’amore. Sprattutto dell’amore.
Già. Metti insieme tutte queste cose e avrai un cumulo di rimpianti su cui frignarti dentro per il resto dell’anno.
Ma non si può affrontare così la stagione più bella: si rischia di non riuscire a vivere mai. Sei un fosco pessimista.
Non direi. Al contrario. Cerco di valorizzare i cosiddetti tempi morti, i lunghi periodi occupati dal lavoro e dagli impegni più pesanti. Secondo me tutto l’anno dovrebbe essere considerato allo stesso modo. Ogni giorno prezioso, ogni istante di freddo, di caldo, di gioia o dolore essenziale.
Ma non sempre può essere così.
Lo dici tu. Fammi un esempio di cosa antipatica.
Gli esami.
OK. La notte prima degli esami, tanto per citare una canzone, un film e uno stato d’animo, non vedi l’ora che tutto sia finito, vero?
Certo!
La notte prima delle vacanze, invece?
Non vedo l’ora che tutto cominci.
Ecco la differenza. O almeno una delle differenze.
Scusa, non ti seguo.
Mi spiegherò meglio: finito un esame sei contento?
Sì.
E finita la vacanza?
No.
Quindi è provato che un esame ti lascia una sensazione piacevole, e una vacanza, al contrario, un disappunto.
Cazzo, non ci avevo pensato. Potresti fare il filosofo, “G”!
Purtroppo le cose belle non durano in eterno: devi sempre reiterarle per goderne di nuovo. Guarda il sesso. Quando lo hai fatto è chiuso, finito, solo un ricordo. Devi rifarlo, e rifarlo, e rifarlo…
Effettivamente…
E se per caso perdi il partner e non ne trovi un altro?
Son cazzi!
Amari. Vivi di sensazioni passate, non ripetibili. Rimpiangi, stringi i pugni e soffri.
Guardi le fotografie…
Già, le fotografie: atroci torture, mostri del passato. Ogni volta che scatti una foto a qualcuno lo uccidi. Con la scusa di fornirci di ricordi ci facciamo del male. Sai cosa diceva Oscar Wilde?
Ne ha dette tante…
“Ognuno uccide le cose che ama”. Questo, tra le altre cose, ha detto. Ed è una sconvolgente verità. Quando guardi una foto tua o di qualcuno che ami, sai dentro di te che quella è la faccia di un morto, assassinato dal tempo: mai più sarai o sarà uguale. Poi verrà la morte fisica, preannunciata da quella scandita dall’obbiettivo. A proposito, chi diceva: “Mai più!”?
Il corvo di Edgar Allan Poe.
Bene, bravino! Vinci un bel necrologio a pendolo. O lo preferisci da… pozzo?
Sì, ‘Il Pozzo e il Pendolo’! O “G”,, oggi sei particolarmente lugubre.
No, anzi sono allegro!
E perché?
Perché il rito forzato del divertimento ad ogni costo, del ‘dove vai in vacanza?’, del ‘ti ho portato un ricordino’, del ‘madonna quanta fica c’era…’ è finito. Ora si ricomincia a vivere. E se alla fine della stagione hai dovuto lasciare un rimpianto tra gli ombrelloni, se quella ragazza che ti ha incendiato il cuore vive in una città lontana e si farà scaldare da altre braccia, se gli amici di un giorno di Sole spariscono, restiamo noi.
Noi chi?
Noi: io e te, per esempio.
Ma siamo la stessa persona.
Appunto. Si deve imparare a vivere bene con noi stessi prima di affrontare la convivenza con gli altri. Questo è il segreto. Approvo solo in parte la celebrata ma – quella sì, pessimistica – frase “Beata solitudo, o sola beatitudo” di Tommaso d’Aquino, perché la solitudine non è e non deve essere l’unica beatitudine della nostra vita. Ma la prima sì. Una volta stabilito un buon rapporto con noi stessi saremo in grado di sopportare anche la fine di un amore estivo (niente di più desolante), di una bella escursione fuori casa, di una stagione che non torna più. E qualsiasi altra cosa. L’Autunno e l’Inverno valgono quanto la Primavera, anche se si usa questa per contare gli anni. Tu, per esempio, “G”, quante primavere hai?
Ehm… Tante quanti Autunni e Inverni. E anche Estati.
Bravo! Vedo che hai capito. Non cadrai mai in depressione.
E neanche tu.
Bentornato, “G”! Vuoi che ti scatti una foto?
No, grazie! Preferisco vivere.


38 – IL NUTI.
4 Settembre 2006


L’IMMAGINE.
La Bella e le Bestie.
IL MOSTRO DELLA LAGUNA NERA – LOCANDINA.
Il Mostro della Laguna Nera puzza di pesce e fa parecchio schifo. Ma dentro al suo petto batte un cuore tenero. E anche i suoi gusti non sono male. Chissà perché a mostri così diversi da noi piacciono le stesse passerone che piacciono ai maschi umani. E’ come se noi ci innamorassimo di un’aragosta, invece di mangiarla.
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Ciao “G”! Hai sentito di Francesco Nuti?
Ho sentito, ho sentito… Non sta molto bene.
Ma tu lo conosci?
Ho avuto modo di incontrarlo un paio di volte. Sai, capita, nel ‘dorato mondo dello spettacolo’ di incontrare vari personaggi, magari per un attimo fuggente. Ma può bastare per farsene un’idea.
Mi hai già raccontato l’incontro con Vasco Rossi (vedi articolo n° 22).
E con Francesco Nuti non fu casuale, ma voluto da lui.
Lui volle incontrarti?
Sì. Era il 1978. Tanto tempo fa. Francesco era ancora un pischellino (e io pure) e faceva parte del gruppo dei Giancattivi. All’epoca io ero Direttore Artistico della mia prima radio, avevo un nome e un cognome, nonché un ufficio spazioso e una scrivania con una grande finestra alle spalle in una villa di Fiesole.
Ma non trasmettevi.
No, non trasmettevo ancora personalemnte.
Scusa se faccio un inciso: ma tu lo rimpiangi il tuo ruolo di Direttore, l’ufficio e il potere che ne derivava?
Incido sull’inciso: tu pensi che abbia meno potere adesso che parlo e basta?
No, effettivamente… Forse ne hai di più.
Ecco. Chiusi gli incisi senza alcun rimpianto. Anzi!
Ma torniamo al Nuti.
Sì. Una mattina (o era un primo pomeriggio?) la segretaria, dal piano inferiore, mi chiamò per dirmi che c’era un certo Nuti che voleva vedermi. Uno dei tanti. In quei mesi la radio era come un fiore per le api, o miele per le mosche: tutti volevano entrarci. Oggi questo lavoro difficile e riservato ormai ai veri professionisti non vuol farlo più quasi nessuno. Vanno tutti in TV, dove basta non saper far niente.
Vabbè. Continua.
In quel momento avevo un po’ da fare con una signorina che si era offerta…
Maiale!
Ma cos’hai capito? Beh, capisci quello che vuoi! Insomma, feci aspettare un po’ questo Nuti che voleva vedermi. Quando ebbi finito con la signorina in questione lo feci salire. La porta era rimasta aperta e me lo vidi spuntare con quella faccia che sai, ancora da ragazzino, il passo quasi troppo leggero, velocità rallentata, un po’ d’incertezza nell’incedere, ma succede sempre quando si deve entrare in un ufficio sconosciuto.
Cosa ti disse?
Subito si presentò: “Mi chiamo Francesco Nuti, e volevo chiedere se è possibile… Sì, insomma, noi si fa una recita e…”. Sembrava intimidito, impacciato. Io lo incoraggiai: “Sì?”. Lo invitai a sedersi, ma non volle. Restò in piedi. “Noi siamo i Giancattivi”. Avevo sentito parlare di loro, e visto anche qualcosa in televisione. Adesso focalizzavo anche quella faccia. “E allora?”. “No, volevo sapere se è possibile avere un po’ di pubblicità, una recensione alla radio. Ti do i biglietti per lo spettacolo”. Ecco sputato il rospo. Chi veniva da me voleva sempre qualcosa.
Cosa gli rispondesti?
“Nessun problema”, risposi. Avevo personale a sufficienza per mandarlo qua e là a vedere, intervistare, recensire… Lui rimase un po’ con me a parlare di questo lavoro teatrale, me ne accennò la trama. “Ma siediti”, insistetti. “No, no…”. Allora mi alzai io. Alla fine, sempre un po’ dondolando (ma non credo allora per i suoi problemi di adesso) se ne andò ringraziando molto, quasi procedendo all’indietro, finché non uscì dalla mia visuale.
Tu cosa pensasti?
Un ragazzo particolare, una faccia unica, timido o forse inadatto al mondo così come ce lo siamo costruito.
Ottima analisi, signor psicologo!
Allora non facevo ancora il Sondazzo, ma già riuscivo a capire la gente. Dovevo.
Poi come andò la rappresentazione?
Bene. Avevo tre biglietti e accompagnai i due che avrebbero fatto, al termine dello spettacolo, l’intervista ai Giancattivi da madare in onda il giorno dopo.
Ma allora il Benvenuti l’avevi conosciuto prima del ‘Forum’ di diciassette anni dopo (vedi articolo n° 16).
Sì, è vero, ma quella sera praticamente non ci parlai. Lasciai tutto agli intervistatori. Lo spettacolo era stato abbastanza carino, e il Nuti aveva primeggiato in simpatia e presenza scenica. Ma quello che rispondeva alle domande dei miei inviati era sempre il Benvenuti, insieme all’Athina Cenci. Sembrava che Francesco volessero tenerlo fuori. Una mia impressione, certo. Io assistetti, muto, all’intera intervista, e la sensazione, credimi era quella. Il capo era Alessandro Benvenuti, che balbettava le sue risposte battendo sul tempo il povero Francesco, che alla fine si arrese e restò zitto.
Cosa ti colpì di più in lui?
I saluti, quando in via Ricasoli, nel pieno centro di Firenze, davanti al teatro Niccolini, i tre si divisero, ovviamente due da una parte e uno dall’altra. E puoi capire bene chi fosse quell’uno.
Francesco Nuti.
Sì. Mi impressionò molto il suo svanire nella strada ormai deserta, solo, la giacchetta un po’ stazzonata, le mani in tasca e una tristezza profonda negli occhi del saluto. Una vera uscita di scena da film. Se ne andò e io pensai che fosse e che sarebbe stato un grande, mentre vidi piccoli gli altri due.
E grande è stato.
Sì, e io non ho mai pensato di lui, come invece penso di vari altri, che avesse usurpato il suo successo. Peccato però parlarne già al passato… Mi piacerebbe rivederlo come allora, pieno di sogni ancora, anche se con qualche incubo forse già dentro.
Forza, Francesco!
Forza. Le palle ce le hai.
Quindici… Ma che tristezza! Ciao “G”!
Ciao.



39 – LA NUOVA SIGLA: ‘PARLARE LIBERO’.

6 Settembre 2006



L’IMMAGINE.
La Bella e le Bestie.
LA VENDETTA DEL MOSTRO – LOCANDINA.
Quando il mostro decide di vendicarsi, che fa? Abbranca la stangona più vicina e se la porta a casa. Siamo alle solite. Ma poi c’è da chiedersi: com’è che in certi luoghi pericolosi e inospitali c’è sempre una bella figliola? (Di solito si tratta della figlia del ‘professore’ o di una impavida scienziata). Ma le vere scienziate di solito assomigliano a Rita Levi Montalcini o a Margherita Hack. Poveri mostri, in tal caso…
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Ciao “G”! Ho sentito la tua nuova sigla radiofonica. Ma quanta roba c’è dentro!
Eh, sì. Forse ho un pochino esagerato.
Invece a me sembra giusta. Non si intitola forse ‘Parlare Libero’?
Proprio così s’intitola. E parlare ho parlato.
Ma sarebbe bene anche che tu la scrivessi, per tutti coloro che magari fanno fatica a seguirti in quello scioglilingua di testo…
Sì, e anche per i non-ascoltatori, quelli cioè che leggono questo blog da fuori portata del mio etere e non possono – ahiloro! – sentirmi.
Poverini…
Non fare del sarcasmo, ora! Veniamo alla sigla. E’ suddivisa in cinque parti, da cantare una al giorno in diretta all’inizio della mia trasmissione, e tutte presentano la stessa musica ma hanno testi differenti. E ognuna delle cinque parti è preceduta da un monologo diverso.
Complicato!
Ma vario. Io trasmetto sei giorni alla settimana, e le cinque parti, a rotazione sfalsata, fanno sì che nello stesso giorno non ci sia sempre la stessa sigla. Chiaro?
Boh!
Vabbè, se sei tonto non posso farci niente. Ma voglio accontentarti. Però, data la monumentalità dell’opera, dovrò dilazionare la pubblicazione del testo in cinque diversi articoli.
Mi sembra giusto. E allora cominciamo dal primo.
OK. Leggi e impara.

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PARLARE LIBERO
Parte prima

(Parlato)

Egregio Signor Direttore,
pur non avendo Lei accolto la mia domanda di assunzione con la motivazione che io sono un inadatto dal quoziente intellettivo risibile e l’aspetto mostruoso, che puzzo, che farei meglio a levarmi dal mondo e che – soprattutto – ho la moglie intrombabile, Le porgo ugualmente i mei più sinceri ringraziamenti, uniti alla immutata stima che nutro nei Suoi confronti, nella speranza che in un prossimo futuro la mia modesta candidatura possa essere da Lei magnanimamente presa in considerazione.
E salutandola ossequiosamente, Le rinnovo il mio più cordiale
VAFFANCULO!

(Cantato)

PARLARE LIBERO FA BENE ALLA SINCERITA’,
MUOVI LA LINGUA E FALLA ANDARE DOVE PIU’ LE VA,
MUOVI LE LABBRA E DILLA INFINE QUELLA COSA LA’:
NON C’E’ NESSUN DISCORSO MEGLIO DELLA PURA VERITA’.

LA GENTE MENTE ANCHE SOLTANTO CENSURANDOSI,
E PER NON ESSERE VOLGARE TRATTENENDOSI:
PENSA ‘PUTTANA’ E INVECE DICE ‘CARA COME STAI?’,
E IL ‘VAFFANCULO’ CHE HA NEL GOZZO NON LO SPUTA FUORI MAI.

PARLARE LIBERO NON E’
RISERVATO SOLO A ME,
LO FACEVA ANCHE GESU’:
PERCHE’ NON DOVRESTI FARLO TU?
RICARICANDOTI TI DA’
FORZA E GRAN REATTIVITA’.
SE ALL’INIZIO STENTERAI
PIU’ DEGLI ALTRI POI CAMMINERAI.

PARLARE LIBERO E’ UN BELL’ESERCIZIO LUDICO,
TU PARLA COME PENSI E CERTO NON TI GIUDICO,
MA SE SOLTANTO MI DAI IL DUBBIO DELL’IPOCRISIA
TI PRENDO A CALCI NEL SEDERE CON UN VERBO E COSI’ SIA.

TOGLIAMOCI SODDISFAZIONI INSOPPRIMIBILI
NON SOPPRIMENDO LE PAROLE PIU’ TEMIBILI.
DI PRIM’ACCHITO PASSEREMO PER SFRONTATI, MA
L’INTELLIGENZA DEL CORAGGIO CI SI RICONOSCERA’.

GRATIFICANTE COME MAI,
VAI GIU’ PESANTE E VINCERAI.
PARLARE LIBERO SARA’
LA NUOVA ALBA DELL’UMANITA’.

PARLARE LIBERO E’ L’IMPRESA PIU’ FANTASTICA CHE C’E'…
PARLARE LIBERO!

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Ti è garbata?
Sì, davvero! A quando la seconda parte?
Alla prossima.
Non vedo l’ora, guarda!
Te ttu mmi pigli per i’ cculo!
Ma cosa dici, Giuccio mio? Sono in trepida attesa. Proprio!
Ma vahìa vahìa vahìa… detto proprio alla fiorentina!
Vo via, vo via… Ma non ti libererai di me così facilmente.
Purtroppo lo so. Oh, se lo so!
Allora ciao “G”!
Ciao, me-bischero!



40 – PARLARE LIBERO 2.

8 Settembre 2006



L’IMMAGINE.
La Bella e le Bestie.
ULTIMATUM ALLA TERRA – LOCANDINA.
I mostri non sono solo dovuti a scherzi della natura. Ci sono anche quelli costruiti dall’uomo: i robot, che però non hanno un cuore, né un’anima, né un pistolino. Per questo i poveretti non possono apprezzare le gioie di un bel corpo femminile. E allora perché anche loro le abbrancano tutte? Ma per sorreggerle dopo che sono svenute, poverine, come in questo classico della fantascienza!
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Senti, “G”, ma perché hai scelto questo tema per la tua sigla della stagione radiofonica 2006/2007?
Perché è sempre stato un mio punto d’impegno, il parlare liberamente. Ho sempre ritenuto che proprio dal linguaggio nascano le rivoluzioni. Chi può cambiare le cose se non parla chiaro? Se non dice tutto quello che ha da dire? Se non scuote le coscienze non solo facendo, ma anche esprimendosi?
E’ vero: viviamo in un mondo in cui la comunicazione è essenziale.
E se non comunichi liberamente la gente se ne accorge. Ormai si conoscono i trucchetti dei politici o degli imbroglioncelli ad ogni livello: vogliono sempre farti credere quello che non è. E a volte la fanno pure franca. Ma non per molto. Non per la Storia.
Fammi un esempio di uno che parla o parlava libero.
Gesù. Lo cito nella canzone/sigla. Lui faceva un sacco di cose, persino miracolose. Ma ha anche parlato tanto, e il proprio séguito, che è enormemente cresciuto negli ultimi duemila anni, se lo è conquistato soprattutto con le parole. Anche quelle degli ultimi momenti della sua vita, estremamente umane, vere fino alla fine.
Ma tu non sei Gesù.
Ci mancherebbe! Anche se qualcuno mi metterebbe volentieri in croce…
Proprio perché parli libero!
Faccio il possibile. A volte anche di più. E alcuni si chiedono come possa accadere una cosa simile. Come possano lasciarmelo fare. Sono 24 anni che se lo chiedono. Poveretti, hanno subìto troppa falsità, bigotteria, imposizioni di appecoronamento. E sono incapaci di scuotersi dal loro torpore intellettuale… Ma che ne diresti se ci sparassimo qui sotto la seconda parte della sigla?
Ma sì. E vai!

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PARLARE LIBERO
Seconda Parte

(Parlato)

Amore mio,
lo so, non ho più alcun diritto su di te dal momento in cui tu sei scappata con quell’abbiente commercialista di Treviso. E non ti chiederò nemmeno di tornare, come facesti dopo la tua scappatella con quello spogliarellista turco. Tantomeno cercherò di forzare la tua volontà tentando il suicidio come quando scoprii che di nascosto scopavi con mio cugino Adolfo.
No, finalmente l’ho capito. Tu non mi ami più, anche se io provo per te lo stesso sentimento di un tempo.
Ti amo, amore mio, e proprio per questo ti lascio libera, perché la tua felicità è ciò che conta. E dal profondo del mio cuore, appassionatamente ti dico:
SEI UNA BELLA TROIA, AMORE MIO!

(Cantato)

PARLARE LIBERO SOPPRIME LE POLEMICHE,
GUARISCE DALLE PESTILENZE PIU’ EPIDEMICHE
CHE NON COLPISCONO SOLTANTO I CORPI SOLIDI,
MA SOPRATTUTTO LE MENINGI DEGLI STOLIDI – ET VOILA’!

LE JEUX SONT FAITS, CARI IMBECILLI SENZA FANTASIA,
AVETE PERSO IL CAZZO PER UNA LOBOTOMIA.
USANDO IL BISTURI TAGLIENTE DELLA VERITA’
RAGGIUNGEREMO LA METAFORA DELLA FELICITA’.

PARLARE LIBERO NON E’
COME L’ISOLA CHE C’E’.
SU UNA CARTA CERCHERAI
MA DI CERTO NON LA TROVERAI.
DOVRESTI AGGIUNGERLA DA TE
DOVE PIU’ PROFONDO E’
E SPOSTARLA SE TI VA
DOVE MEGLIO E PIU’ TI SERVIRA’.

PARLARE LIBERO E’ VOLAR SOPRA LE NUVOLE,
E’ NAVIGARE SU UN VASCELLO TRA LE FAVOLE,
ARRAMPICARSI SENZA CORDE IN CIMA ALL’EVEREST,
TROVARSI NELLO STESSO TEMPO A TOKIO E BUDAPEST, E STAR

DENTRO UNA BOLLA DI SAPONE CHE SCOPPIANDO DA’
LA SENSAZIONE DI UNA RITROVATA LIBERTA’.
DOMANI E’ MEGLIO SE OGGI TI SEI LIBERATO E VAI
OLTRE CONFINI CHE TU PRIMA NON HAI SUPERATO MAI.

GRATIFICANTE COME MAI,
VAI GIU’ PESANTE E VINCERAI.
PARLARE LIBERO SARA’
LA NUOVA ALBA DELL’UMANITA’.

PARLARE LIBERO E’ L’IMPRESA PIU’ FANTASTICA CHE C’E'…
PARLARE LIBERO!

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Bene, sempre più labirintica, scioglilinguagnola.
Ho trovato una metrica fantastica, adattissima agli incastri linguali. Ne ho scritte cinque parti, ma potrei andare avanti per altre cinque o più. E’ divertentissimo. Mi piace parlare libero, ma anche usare la lingua in modo formalmente ineccepibile, affrontando sfide con metrica, termini e rime.
E poi come ti piace usarla, la lingua?
Lo sai bene.
Lo so, lo so… Ne abbiamo una in comune.
La Lingua Italiana?
Italianissima. Rosa, umida e molto… insinuante.
Porcellino!
Senti chi parla!
Sì, ma… libero!



41 – MOLTI LO SEPPERO DA ME.

11 Settembre 2006



L’IMMAGINE.
La Bella e le Bestie.
IL PIANETA PROIBITO – LOCANDINA.
Ed ecco il simpatico Robby Robot che servizievole trasporta la bellona di turno in un superclassico della fantascienza Anni Cinquanta. Ma tranquilli, non ha alcuna intenzione erotica, poverino. Ne ha sicuramente di più Leslie Nielsen, che vediamo in basso a destra, ancora antipatico, in attesa che con i capelli bianchi e le pallottole spuntate gli spunti anche la simpatia.
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Ciao “G”! Oggi sono cinque anni da quando…
Da quando il mondo cambiò. Ricordi?
Come potrei non ricordare? Eravamo seduti davanti al microfono, tu ed io.
Come due gemelli.
Due torri gemelle…
E in un certo senso venimmo abbattuti anche noi. Che sgomento… La notizia dell’impatto del primo aereo arrivò improvvisa, e all’inizio pensai a un incidente. Del resto molti anni prima un velivolo si era schiantato sull’Empire State Building, causando anche la morte di alcune persone.
Ma quello non crollò.
Altra struttura. Però devo dire che un dubbio mi assalì fin da subito, e lo espressi in diretta. Detti immediatamente la notizia, come faccio sempre quando ne arriva qualcuna degna di essere trasmessa.
Tu non sei un giornalista, vero?
No, ci mancherebbe! Non ho mai voluto esserlo anche se avrei potuto mille volte, sia per l’opportunità che ne ho avuto scrivendo su riviste e giornali che per la capacità. Scusa l’immodestia, ma leggo e ascolto giornalisti che manco sanno l’Italiano.
E peggio ancora non sanno quello che dicono. Ma torniamo a quell’11 Settembre.
Arriva il dispaccio di agenzia e subito entro in agitazione. Interrompo quello che sto facendo e comunico il fatto con voce più alta e parole più scandite del solito. Cerco di dare agli ascoltatori la sensazione dell’eccezionale, perché, comunque sia, un aereo che perfora un grattacielo è cosa non solo insolita, ma soprattutto grave, dal punto di vista del numero di vittime che può causare.
E quale grattacielo!
Già. Mica uno qualsiasi. Il mio sentimento fu espresso dalle parole che mi sgorgarono spontanee: “Le MIE Torri Gemelle!”, dissi. Perché le avevo viste da vicino, le avevo sentite mie mentre le filmavo dal traghetto che mi riportava a terra dalla Statua della Libertà, affascinato dallo skyline di Manhattan, il luogo che fin da bambino avevo sognato di visitare, sai, quando riempivo quaderni e quaderni di ritagli di grattacieli.
Ma non avevi voluto entrarci in quell’occasione, vero?
Vero. Sapevo che là dentro si parlava soprattutto di soldi. Diciamo che il World Trade Center era il simbolo dell’avidità terrena. Preferii godermele da fuori, le Twin Towers, come il frutto dell’aspirazione umana a salire sempre più in alto, e non invece a cadere sempre più in basso.
Hai rivisto quei tuoi filmati?
Sai bene che no. Non ho ancora avuto il cuore di rivederli. Ma un giorno ci riuscirò.
Quindi desti immediatamente la notizia…
Sì, e gettai là subito qualche dubbio. Ma dissi che speravo trattarsi di un incidente. Mio Dio, sarebbe stato troppo atroce se fosse avvenuto intenzionalmente.
E invece…
Invece, quando mancava poco al termine del mio programma, cioè prima delle 16, arrivò la seconda mazzata, quella definitiva: anche l’altra torre era stata colpita da un aereo. Non ci furono più dubbi. Riversai nel microfono tutta la mia rabbia, e la tremenda sicurezza che era in atto un attacco terroristico.
E gli ascoltatori?
Tutti i miei ascoltatori, e tu sai che in Toscana sono parecchie decine di migliaia, lo seppero da me. Molti ancora me lo ricordano. Oh, non me ne faccio un vanto, ma in qualche modo mi rendo conto di essere entrato anch’io nella storia di quel fatto, piccola pedina di un enorme gioco di scacchi.
Scacco matto!
Quello lo subimmo tutti. Da quel momento la televisione prese il sopravvento, e tutti restammo incollati, dovunque ci trovassimo, agli schermi pieni di fumo che ci rimandavano immagini surreali.
Come e più di un film. E tu quando le hai viste per la prima volta dopo che sei uscito dalla radio?
Spesso per rilassarmi dopo la trasmissione frequento qualche mercatino di vecchie cose, dove cerco – e a volte trovo – oggetti che soddisfino il mio desiderio di appagamento. Ero entrato in un ‘conto vendita’, e tutti i televisori che erano in mostra li trovai accesi. Davanti ad essi i musi lunghi di persone mute che guardavano allucinate. Uno mi riconobbe: “O G”, mi disse. “Ti ho sentito alla radio quando l’hai detto. Lì per lì pensavo a uno dei tuoi soliti scherzi… Ma hai visto che roba?”. Non riuscii a rispondergli. Un groppo alla gola me lo impediva. E anch’io, allucinato come gli altri, stavo assistendo al crollo della prima torre su se stessa.
Piangesti?
Feci di tutto per trattenermi, ma ci riuscii solo in parte. Tutti piangevano, lì dentro, anche se come me lottavano contro le lacrime. Nessuno parlava, nessuno voleva ammettere di essere stato colpito al cuore. Uscii da quel luogo improvvisamente non più così rilassante e andai a nascondermi davanti al televisore di casa mia, come ipnotizzato dalle immagini che senza sosta tutti i canali mi vomitavano addosso.
Le Torri, il Pentagono…
La cattiveria umana, il disprezzo per la vita, l’indifferenza al dolore. E una domanda grossa come mille torri messe una sull’altra: PERCHE’?
La risposta?
Non c’è. E non può essere la guerra, lo sterminio, il sacrificio di altre vite innocenti. Bisognerebbe ricominciare tutto da capo. Ma dubito.
Cinque anni dopo…
Vedi, del crollo delle Torri si è fatto un monumento alla retorica, al patriottismo, all’eroismo, al fanatismo in qualche modo, prendendolo a pretesto per altre e anche più vaste stragi. Non si sono resi conto che in definitiva l’11 Settembre rappresenta il trionfo dell’imbecillità: quella di chi le Torri le ha distrutte e quella di chi se ne è strofinato le mani. Più nemici più guerra, più guerra più guadagni, più petrolio, più voti…
Ma è un’arma a doppio taglio.
Stanno accorgendosene, perché non sono più così baldanzosi: i nostri ‘alleati’ non sono riusciti più a vincere una guerra dal Vietnam in poi. E anche quando vincono lasciano cumuli di macerie.
Ne sappiamo qualcosa noi Italiani.
All right!
E Bin Laden?
Sia come sia resterà un mito. Negativo, ma imprendibile. Tutti quelli che non si fanno prendere diventano dei miti
E Bush?
Quello purtroppo l’abbiamo già preso.
Dove?
Sì, ore te lo dicevo!
Ah, nel culo! Mi pareva! Ciao “G”!
Ciao. E curati le emorroidi!



42 – PARLARE LIBERO 3.

13 Settembre 2006




L’IMMAGINE.
La Bella e le Bestie.
TOBOR THE GREAT – LOCANDINA.
Come, Tobor, anche tu? Credevo fossi un invertito…
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Ciao “G”! Come va la nuova sigla?
Bene, benissimo! I miei ascoltatori hanno già in qualche modo adottato questo titolo quasi a dettame di vita. Almeno a parole.
Eh già. Ma di parole si tratta, in fondo.
So bene quanto certe volte parlare libero sia praticamente impossibile, ma nei limiti della decenza bisognerebbe sempre mettere in atto questo modello comportamentale.
Sembra facile…
Sai, io odio i falsi e gli ipocriti. Odio profondamente i leccaculo, i ruffiani. E sono loro soprattutto che non parlano libero.
Chissà quanto soffrono, poverini.
Io credo di sì. Pensa a una persona che per convenienza sia costretta a non poter esprimere mai il suo vero pensiero. Di solito si tratta di gente avida, che morirà peggio di come ha vissuto.
E tu ne conosci?
Sì, purtroppo. I laccaculo sono sempre intorno, te li ritrovi dappertutto. E spesso sono così abituati a lodare, blandire, incensare i potenti che lo fanno anche con gli altri. Diventa un’abitudine che li rende prigionieri di se stessi.
E te lo leccano?
Cosa?
Il culo.
Sì, eccome! Io occupo una posizione in cui si è spesso soggetti a richieste di ogni tipo. Difficilmente qualcuno offre. Di solito a me si chiede. E per farlo si usano i più subdoli mezzucci, dal complimento sperticato al ricattino.
Ricattino?
Eh, già. A volte inconsapevolmente. Magari un ascoltatore mi chiama e mi dice che lui mi ascolta sempre, che non ha mai perso una puntata del mio programma ecc. Poi mi chiede qualcosa, che so, una dedica particolare, che io in trasmissione faccia un mumero che mi dà lui, che gli regali uno dei miei libri… E insiste, anche.
Ma tu devi riconoscenza a chi ti ascolta, no?
No. E’ il contrario. Se uno mi ascolta vuol dire che mi ha scelto, che io riapondo ai suoi gusti radiofonici, che gli do qualcosa, e pure gratis. Quindi è lui in debito con me. Io non sono tenuto affatto ad accontentare uno perché mi ascolta. Lui dovrebbe dare a me. io ho già dato.
Questo si chiama parlare libero!
Non ho paura di perdere audience esprimendo questi concetti anche in diretta. Non sopporto quelli che ringraziano ‘per il cortese ascolto’. No. Sono io che cortesemente ho profuso un impegno tale nel mio lavoro da meritarmi l’attenzione di migliaia di persone. Nessuno può pretendere qualcosa da me perché gli piaccio.
Bravo! Sei il migliore, il Numero Uno! Io ti ascolto sempre!
Che c’è, vuoi anche tu qualcosa da me?
Ehm… Sì. La terza parte della sigla.
E sia. E questa volta la dedichiamo a chi riesce a invertire il senso dei luoghi comuni, delle frasi fatte. Un’operazione che andrebbe fatta più spesso.
Libero parlare.
Cosa?
Ho invertito.
Ma ‘Parlare Libero’ non è un luogo comune. E tantomeno una frase fatta.
Ma tu l’hai fatta.
L’ho fatta grossa a mettermi a parlare con te!

——————————————————

PARLARE LIBERO
Parte terza

(Parlato femminile)

Caro dottore,
lei mi ha resa un’altra donna, e per questo la ringrazio con tutta me stessa… o quello che ne rimane.
In effetti nel suo intervento di rinoplastica deve essersi dimenticato una narice, perché adesso ne ho una sola, e grande, tanto che quando mi soffio il naso fuoriescono pezzi di cervello. Ma non è niente, figuriamoci, al confronto delle mie labbra, che mi si sono bucate a causa di un fusillo un po’ troppo al dente, e così si è sparso tutto il silicone sul sugo. Ma mio marito è contento, perché dice che gli sembrano le grandi labbra, flaccide e vuote come sono diventate. La sa che mi fa sempre reclinare il capo per vederle in verticale? E mi ha anche chiesto di non depilarmi più i baffetti e la barbetta…
In quanto al seno, che dire? La tetta destra mi arriva quasi agli occhi, ma la sinistra, non so come, ha ceduto e devo sempre estrarla dalle mutandine. Cose che capitano…
Ah, dimenticavo: la sua liposuzione mi ha portato via un rene, la milza e, con rispetto parlando, il buco del culo, e ora caco solo cellulite dalla bocca.
Per queste cose e per altre che non sto ad elencarle per non farle perdere altro del suo preziosissimo tempo, devo dirle che lei, caro dottore…
E’ UN GRANDISSIMO PEZZO DI MERDA!!!

(Cantato)

PARLARE LIBERO E’ UNA LAMA A DOPPIO TAGLIO CHE
COME FA A FETTE GLI ALTRI PUO’ AFFETTARE PURE TE.
LA PRIMA REGOLA E’ TENERLA PER IL MANICO
PER EVITARE CHE SI SPARGA INTORNO IL PANICO, ANCHE SE

RISCHIARE AD OGNI PREZZO E’ LA SECONDA REGOLA
A COSTO DI BECCARSI IN TESTA QUALCHE TEGOLA.
RISCHI DI PIU’ STANDO IN SILENZIO O SE BALBETTERAI
FRASI CONVENZIONALI E IL TUO PROBLEMA NON RISOLVERAI.

PARLARE LIBERO NON E’
SEMPRE GRATIS ANCHE SE
QUALCHE PREZZO PAGHERAI
CERTAMENTE NON TI PENTIRAI.
SE A VOLTE DUBITI STAI SU,
GUARDA IN ALTO E TORNA GIU’.
NEL PERCORSO CHE FARAI
PIU’ MOTIVAZIONI TROVERAI.

PARLARE LIBERO CI RENDE MENO STITICI.
NON VORRAI MICA RAGIONAR COME I POLITICI
CHE DICON SOLO QUELLO CHE PIU’ GLI FA COMODO:
E’ MOLTO MEGLIO DIRE IL VERO ANCHE SE SCOMODO E SARA’

PIU’ FACILMENTE RAGGIUNGIBILE IL TUO NOCCIOLO,
PIU’ AGEVOLMENTE ELIMINABILE LO SGOCCIOLO
DEL RUBINETTO CHE TI SPORGE DALLA DIGNITA’,
E LA BOLLETTA DEI CONSUMI PIU’ LEGGERA SI FARA’.

GRATIFICANTE COME MAI,
VAI GIU’ PESANTE E VINCERAI.
PARLARE LIBERO SARA’
LA NUOVA ALBA DELL’UMANITA’.

PARLARE LIBERO E’ L’IMPRESA PIU’ FANTASTICA CHE C’E'…
PARLARE LIBERO!



*** SPECIALE LA GOULUE ***

15 Settembre 2006



LA GOLOSA PIU’ FAMOSA.

Strane le strade che portano alla celebrità.
Si può diventare famosi per puro caso, senza alcun merito.
Il puro caso della Goulue (la Golosa) si chiamava Henri de Toulouse-Lautrec.
Lei non era che una puttanella da quattro soldi, e mai sarebbe stata ricordata se quel nanetto dalla grande personalità pittorica non ne avesse fatto una delle sue modelle preferite.
Al Moulin Roge le donne non erano affascinanti come nel bellissimo film omonimo: nessuna Nicole Kidman volteggiava da quelle parti, ma solo tracagnotte ballerinucce o magrissime stanche rifinite da quella vita d’inferno. I quadri di Toulouse fanno ampiamente testo.

Correva l’ultimo decennio dell’Ottocento. La Goulue era una lavandaia all’origine, e veniva dall’Alsazia. La sua spregiudicatezza le meritò più di un manifesto firmato dal genio di Toulouse-Lautrec. Oggi le riproduzioni di quei manifesti, sotto forma di poster, sono popolarissime e diffuse in tutto il mondo.

Perché era così chiamata, la Goulue? Perché mangiava tanto, di tutto, e tendeva per questo ad ingrassare indecorosamente. In compenso si esibiva spesso con un certo Valentin le Désossé, un tipo allampanato proveniente da una ricchissima famiglia di cui era ovviamente la pecora nera. Il Molleggiato, lo chiameremmo noi… se non ce ne fosse già uno. Un famoso manifesto lautrechiano ce li mostra insieme mentre sballonzolano in mezzo ad austeri porcelloni in cilindro.
La Goulue doveva godere di una certa notorietà negli ambienti dei marpioni parigini dell’epoca, tanto che cercò, una volta uscita dal giro dei grandi locali, di metterla a frutto aprendo un baraccone in cui si esibiva nella danza del suo pingue ventre, e prostituendosi con i più nostalgici clienti, quelli che la ricordavano imperatrice del Moulin Rouge.
E anche in questo caso Henri, il suo amico pittore, volle aiutarla, realizzando due pannelli per la decorazione del baraccone. Essi sono giunti fino a noi, ma frazionati e non in perfette condizioni. Sono tuttavia una grande testimonianza dello spirito del tempo e della grandezza del loro autore.

La Goulue la si è sempre vista attraverso l’occhio un po’ deformante di Toulouse-Lautrec. Ma ne esistono delle foto che ce la mostrano come veramente era: non bella, non affascinante, ma una povera lavandaia-prostituta-ballerina che malgrado la sua pochezza fisico-artistica è riuscita a superare il tempo e a rimanere viva per sempre. E magari non gliene fregava nulla.
La foto rarissima che appare qui è del 1890, e ce la mostra al massimo della sua mai posseduta bellezza.
Ma nuda, in compenso.



43 – PARLARE LIBERO 4.

18 Settembre 2006



L’IMMAGINE.
‘Lui’.
NUBE CAZZOSA.
Prima o poi dovevamo occuparcene. ‘Lui’ è alla base della vita, delle nostre precipue preoccupazioni, dei nostri orgogli e delle nostre défaillances. Delle nostre esclamazioni, persino.
Ne abbiamo fatto un culto, un simbolo, un essere vivente a parte. E in effetti ‘Lui’ fa un po’ quello che vuole, al di là delle nostre legittime aspirazioni.
‘Lui’ è quasi un dio pagano, che può volare o sfracellarsi al suolo, ma che nell’idealizzazione di ognuno viene trasportato da un vento favorevole su nel cielo limpido in forma di splendida nuvola, quale auspicio di fertilità e di piacere.
Peccato che spesso si tratti di un fotomontaggio.
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Senti, “G”, come hai scelto per la tua sigla gli argomenti dei monologhi?
Beh, il primo mi è venuto così, spontaneo. Argomento ‘lavoro’. Ho voluto evidenziare la differenza tra il parlare incatenato e quello libero, e sul lavoro se ne hanno dei pregnanti esempi, di solito.
Ma di libero c’è solo l’ultima parola.
Basta e avanza.
Poi?
Poi, quando ho deciso di suddividere in ben cinque parti la canzone ho ritenuto di dover scrivere altri quattro monologhi. E allora mi sono posto un interrogativo: quali sarebbero stati gli argomenti più, diciamo così, universali?
Già. Quali?
Ho fatto un rapido sondaggio dentro di me e ho concluso che l’amore, la salute, l’amicizia e la fede potessero rappresentare ottimamente le aspirazioni umane.
Detta così sembra l’offerta di una cartomante: “G”, ti faccio un giro di carte. Cosa vuoi sapere? Lavoro, amore, salute, amicizia… Vedo… Vedo una persona che ti mette i bastoni tra le ruote… Ma la fede ti salverà. E anche il talismano che ti venderò alla modica cifra di 4.500 euro…
Non fare il buffone!
E dire che ti ho fatto un prezzo di favore!
Vabbè… In fondo anch’io ho scherzato nei monologhi. In quello qui sotto ringrazio un caro amico, mentre nel precedente faccio la voce di una donna.
Cambi sesso?
Ti cambio i connotati, se continui. Leggi e zitto!
Tipo ‘zitto e godi’?
Tipo. Ma gratis.

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PARLARE LIBERO
Parte quarta

(Parlato)

Amico mio,
ti sono immensamente grato per l’aiuto che mi hai dato in merito a quel mio problemino di soldi. E chi, se non un vero amico, può aiutarti nel momento del bisogno? Chi trova un amico trova un tesoro. E io l’ho trovato. Che importa se hai giustamente chiesto delle garanzie, e mi hai fottuto la casa quando non sono stato in grado di restituirti la somma? E anche la fidanzata mi hai fottuto, in tutti i sensi. Ma hai rispettato la nostra amicizia, parlandole molto bene di me, mentre te la scopavi. Me l’ha detto lei, aggiungendo che tu ce l’hai molto più grosso del mio. Sei stato così carino da non farmelo mai pesare, nemmeno quando abbiamo pisciato insieme. Un vero amico si vede anche da questo.
Oggi io non ho più niente, dal momento che ho perso anche il lavoro. Ma sono contento che abbiano assunto te al posto mio. Te lo meritavi proprio!
Mi sei rimasto solo tu, l’unica persona su cui posso veramente contare. E’ per questo che ti dico, amico mio carissimo:
SEI UN LURIDO BASTARDO, AMICO MIO!!!

(Cantato)

PARLARE LIBERO E’ AUMENTARE LA VELOCITA’
DI UN’ESISTENZA CHE ALTRIMENTI TROPPO PIANO VA.
TENERE DENTRO L’ESPLOSIVO SENZA ACCENDERLO
E’ COME AVERE UN BEL GIOIELLO SENZA APPENDERLO, PERCIO’

NON ESITARE A FAR SALTAR LA SANTABARBARA
PER DARE AL TUO MENU UN SAPOR DI SALSA TARTARA.
NON C’E’ RICETTA CHE PIU’ STUZZICHI LO STOMACO
COME SCROSTARE VIA DAL MURO UN BRUTTO INTONACO, PERCHE’

PARLARE LIBERO NON E’
ESERCIZIO DI PER SE’,
MA RAGIONE CHE TI DA’
FEDE PIU’ SPERANZA E CARITA’.
LA VITA E’ UN UNICO ‘CHISSA”,
SE LA SPRECHI DOVE VA
QUELLO CHE RESTA DI TE
SE NON CHIEDI O SPIEGHI MAI PERCHE’?

PARLARE LIBERO NON E’ TROVATA SCENICA,
CI PUOI CONVIVERE DA LUNEDI’ A DOMENICA.
L’ABBIAMO PERSA DAL MOMENTO DELLA NASCITA
QUESTA PREROGATIVA UCCISA DALLA CRESCITA, MA SE

CI LIBERIAMO DAI FANTASMI CASTROFOBICI,
CE NE FREGHIAMO DEI RISVOLTI GASTRONOMICI
SALIAMO SOPRA L’ASTRONAVE CHE CI PORTERA’
SUL LONTANISSIMO PIANETA BLU DELLA VERGINITA’.

GRATIFICANTE COME MAI,
VAI GIU’ PESANTE E VINCERAI.
PARLARE LIBERO SARA’
LA NUOVA ALBA DELL’UMANITA’.

PARLARE LIBERO E’ L’IMPRESA PIU’ FANTASTICA CHE C’E'…
PARLARE LIBERO!

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Sai “G”? Non vedo l’ora che siano finite le cinque parti della tua canzone/sigla, così potremo tornare a parlare degli argomenti più svariati su questo blog.
Dovrai aspettare poco. Solo un altro articolo. Il prossimo.
Ah, meno male. E poi di che parleremo?
Di sesso. Sei contento?
Come una Pasqua! Ma… sesso in che senso?
Sì, ora vengo a dirlo a te!
Devo aspettare come tutti gli altri? Non sei carino con te stesso, “G”!
Forse hai ragione. Ma sei la parte stupida di me, e non posso allargarmi troppo con te. Abbi pazienza, su.
Va bene. Allora ciao, “G”!
Ciao, e non prendertela.
Cosa vuoi che prenda? Sono stupido!
(Forse sono stato un po’ troppo duro con lui… Ma ogni tanto bisogna esserlo. Duri. A proposito…).



44 – PARLARE LIBERO 5.

20 Settembre 2006



L’IMMAGINE.
‘Lui’.
CAZZODILEGNO.
‘Lui’ nell’immaginario maschile deve essere grosso, enorme. Deve superare ogni possibile rivale, perché il confronto lo uccide. E allora l’uomo se ne costruisce un’immagine falsa, distorta, soprattutto a parole, essendo la realtà ben diversa. E se vuol farne un simulacro di legno, ecco che obbligatoriamente deve usare strumenti falegnameschi, quali, ad esempio, l’esplicita sega, l’allusivo scalpello e il simulante martellino…
E vai!!!
—————————————————

Oh, finalmente, “G”!
Sì, siamo arrivati alla quinta ed ultima parte della nuova sigla.
Ma come ti è venuto in mente di farne cinque?
Perché, non ti sono piaciute le prime quattro?
Sì sì, molto. Rispecchiano il mio pensiero.
Che è anche il mio. Quindi… E poi perché si devono sempre fare cose che rientrino negli schemi?
Vero. Una musica può avere molti testi, così come un testo molte musiche.
Infatti. L’autore è libero di sbizzarrirsi come vuole, specialmente se si pone al di fuori delle logice commerciali.
Quelle logiche che anche in radio impediscono a molti di passare certi pezzi, e soprattutto per intero.
Tu l’hai detto, figliolo, anzi, fratello, anzi… me: io se devo trasmettere un brano musicale cerco sempre di non tagliarlo e di farlo arrivare fino in fondo.
Ti ho sentito, sai: roba lunga come ‘Io se fossi Dio’ di Gaber, ‘Child in time’ dei Deep Purple o ‘Light my fire’ dei Doors tu la fai sentire fino all’ultima nota.
E’ questo il segreto per conquistarsi la fiducia degli ascoltatori. Molti invece temono di perdere ascolto se non danno ai loro programmi un insopportabile e angoscioso ritmo secondo il quale un brano non può durare più di tre minuti, pena la presunta disaffezione del pubblico. E’ tutto il contrario, invece. Si può dare ritmo ugualmente rispettando l’opera degli artisti che ci hanno donato delle perle che non possono essere stritolate sotto il tacco della banalità.
Di conseguenza certi pezzi, per la loro lunghezza, non li passano nemmeno.
Sono solo struzzi.
O… stronzi. Musicali, s’intende.
Ma torniamo alla sigla, va’…
E’ rimasto il tema ‘religione’ da affrontare. Dai, parti con il monologo.
Sì, e intanto, figlolo, dimmi: quante volte…
Che ti frega?
Tre Pater, Ave e Gloria.

—————————————————–

PARLARE LIBERO
Parte quinta

(Parlato)

Caro Signor Dio,
io sono un peccatore. Ho sempre detto quello che pensavo. E questo è peccato, vero? Qualcuno si è sentito offeso da me, anche se la sua stessa esistenza è un’offesa alla ragione. Ma il peccatore sono io, vero?
Peccato!
Pensavo che Tu, o Signore, ci avessi dato un cervello per creare le parole, e parole per curare il cervello. E, quel che è peggio, ne sono ancora convinto, perché ritengo che la Tua vera volontà sia più vicina ai sinceri che agli ipocriti, ai veri che ai falsi.
Lo so che così facendo mi creo molti nemici e perdo parecchie occasioni, ma i pochi amici saranno veri, e i traguardi raggiunti migliori.
Perché solo i puri possono vedere la luce e respirare pulito. Anche se, come me, a volte dicono:
CAZZO, FICA, CULO, MERDA, PUTTANA, STRONZO, VAFFANCULO…

(Cantato)

PARLARE LIBERO E’ UN BEL DONO CHE IL SIGNORE FA
A CHI SA ESPRIMERE SE STESSO SENZA FALSITA’.
LE COSIDDETTE PAROLACCE SONO MUSICA
SE DETTE IN FACCIA A CHI DAVVERO SE LE MERITA, SI SA.

SE PREFERISCI USARE FRASI DIPLOMATICHE
POI TI RITROVI UNA SORPRESA TRA LE NATICHE.
MEGLIO SPOGLIARE I TUOI CONCETTI DALLE MASCHERE,
PRENDERE DELLE DECISIONI MENO BISCHERE, PERCHE’

PARLARE LIBERO NON E’
UN FIORIR DI ‘MA’ E DI ‘SE’,
MA UN BEL FIORE CHE SAPRA’
SE LO ANNUSI DI SPONTANEITA’.
ARRAMPICANDOTI LASSU’
DOVE PUOI GUARDARE GIU’
BRULICANTE TU VEDRAI
CHI HA PARLATO TANTO E DETTO MAI.

PARLARE LIBERO E’ LA SOLUZIONE LOGICA
PER RITROVARE NELLA TUA ZONA ARCHEOLOGICA
REPERTI DI UN’ANTICA, GRANDE, RICCA CIVILTA’
LA PRIMA LEGGE DELLA QUALE ERA LA SENSIBILITA’.

RECUPERIAMO LA PERDUTA, VECCHIA, DRASTICA
MANIERA DI FAR CON LA LINGUA PIU’ GINNASTICA
PER RINFORZARE TUTTI I MUSCOLI CHE PREMONO
SOTTO LA PELLE, NEL CERVELLO E NULLA TEMONO, E SARA’

GRATIFICANTE COME MAI,
VAI GIU’ PESANTE E VINCERAI.
PARLARE LIBERO SARA’
LA NUOVA ALBA DELL’UMANITA’.

PARLARE LIBERO E’ L’IMPRESA PIU’ FANTASTICA CHE C’E'…
PARLARE LIBERO!

————————————————–

Sai che ti dico, “G”?
Cosa?
L’impresa è stata titanica, ma ne è valsa la pena.
Oh, solo qualche mezz’ora di tempo: quando mi viene l’ispirazione faccio presto a buttar giù. L’importante è che mi piaccia.
Beato te che fai solo quello che ti piace…
Purtroppo non tutto.
Cioè?
In questo momento per esempio mi piacerebbe…
E allora fallo, no?
Se lo dici tu.

STOCK!

Ahia!!!
Ho seguito il tuo consiglio.
Ma la testa è anche la tua.
Ah, già! Che bischero! AHIA!!!



45 – A CHE ETA’ SI PUO’.

22 Settembre 2006



L’IMMAGINE.
‘Lui’.
LA (S)BORRACCIA.
La donna è importante nella mitologia fallica. E lo sa. Lei stessa contribuisce ad alimentare il mito. Naturale percipiente del soggetto in questione, spesso si fa scudo della propria falsa vergogna nell’affrontare l’argomento. Ma le meno inibite, le più spiritose, quelle che non fanno mistero della destinazione ovvia del nostro (e loro) ‘Lui’, riescono persino a scherzarci sopra pubblicamente, magari usando una borraccia fallomorfica.
Che sete!
—————————————————–

Oh, ciao “G”! Ti vedo pensoso.
Sì, “G”, stavo pensando, appunto.
A che cosa?
Stavo cogitando sull’età in cui la donna può iniziare la sua vita sessuale.
Ma che pensieri!
Sì, perché ho una mia teoria.
Interessante. E vuoi illustrarmela?
Certo. Ne ho parlato anche alla radio, e qualcuno mi ha dato del pedofilo.
Addirittura? Non mi risulta che tu lo sia.
Infatti. Ma sai, i pregiudizi della gente…
Dunque dimmi, sono curioso.
Va bene. Facciamo finta che tu non ne sappia niente. Allora, rispondi: secondo te quand’è che una bimba diventa donna?
Mah… Forse alla maggiore età?
Stupido! La maggiore età è un artifico legale. Tu pensi che la maggioranza delle femmine ci arrivi vergine?
No, penso proprio di no.
Quindi significa che prima dei diciotto anni una buona percentuale delle ragazze ha già avuto esperienze col sesso opposto.
Questo è indubbio. Ma quanto prima?
Ecco, questo è il punto. Al di là del codice penale c’è una legge naturale che sancisce il passaggio da bambina a donna.
Beh, certo: le mestruazioni.
Esatto.
Ma quando il cosiddetto ciclo inizia il soggetto femminile si trova ancora nella fase infantile.
Ehi, come ti esprimi asetticamente! Diciamo pure che di sicuro la ragazzina, pur avendo le sue regoline mensili, mantiene per età e per cervello il proprio status di immaturità.
Anche tu non scherzi a termini!
Insomma, diciamocela tutta: non è ancora donna nella mente.
Quindi, vedi? A dodici o tredici anni è presto.
Spesso succede anche prima. Ma non pensi che proprio per questo l’esperienza mestruale, certamente traumatica all’inizio, dia il via alla maturità femminile, che si estrinseca ben prima di quella maschile?
In un certo senso sì. Mentre i maschietti sono tutti intenti a scoprire il proprio pene e a maneggiarselo piacevolmente, le femminucce devono fare i conti con emorragie ed assorbenti, malesseri e impedimenti.
E questo le responsabilizza molto di più e molto più presto nei confronti della vita.
Quindi tu dici che a quel punto sarebbero già pronte per… Pedofilo!
No, no, guarda, non è così che la penso. E poi se lo sono io, figurati tu!
Ah, già!… Spiegati meglio, allora.
No, io propongo un paio d’anni di attesa a stabilizzazione del fenomeno. Poi via libera alla possibilità – sempre su propria scelta – di avere rapporti sessuali col sesso opposto.
Ma così non tutte avrebbero la stessa età al momento della presunta liberalizzazione.
E’ la natura che decide. Io credo che due anni di mestruazioni siano sufficienti a stabilizzare nella femmina quel senso di responsabilità che viene dal sacrificio.
A parte che, mestruazioni o no, una a tredici anni è sempre una tredicenne…
E a quattordici una quattordicenne, a quindici una quindicenne… Ma se la natura ha stabilito fin dalla prima mestruazione che quella femmina può procreare mi dici come può farlo senza l’accoppiamento?
Parli di donne come di animaletti.
Assolutamente no! Ma dobbiamo capirci. Io oltretutto concedo due anni, ventiquattro cicli, per meglio assorbire l’idea.
A proposito di assorbenti, eh? OK, ammettiamo che quello che dici sia giusto. Come si farebbe a stabilire legalmente questo termine temporale così variabile da persona a persona?
Semplice: obbligando i genitori della giovanetta a denunciare l’avvento del mestruo, stabilendo in tal modo una data precisa a partire dalla quale devono trascorrere due anni perché la ragazza sia ‘accostabile’ senza sanzioni per il povero maschio sempre in sospetto di maialaggine.
Altra burocrazia?
Oh, un certificato più uno meno… Meglio toglierne altri cento ed aggiungere questo, secondo me.
Ma ti rendi conto che non tutte sono uguali? Una può essere pronta al sesso anche a tredici anni, mentre un’altra può non esserlo a quindici o sedici. E’ questione di maturazione mentale.
Ma insomma, che cos’è mai questo sesso, che fa paura a tutti? Si tratta in fondo di un piacevole accostamento di organi, accompagnato da bei sentimenti e dolcezza, baci e carezze. Non si parla mica di cazzotti e calci nel culo! Perché io mi riferisco a persone consenzienti, è ovvio. Il sesso è automaticamente vietato se manca il consenso di uno dei due, qualsiasi età abbia, sia ben chiaro!
Quindi, ricapitolando…
Primo: denuncia ufficiale al momento della prima mestruazione. Secondo: due anni di ‘decantazione’ durante i quali i genitori dovrebbero avere un ruolo essenziale nell’informazione sessuale del soggetto. Terzo: da quel momento in poi la ragazza può avere rapporti sessuali consenzienti con un uomo senza che questo debba incorrere negli strali di una legge che impone età precise quali limiti (veramente limitanti), andando contro l’amore.
E in quanto all’età dell’uomo?
In che senso?
Un uomo di qualsiasi età può avere rapporti con una ragazza appena uscita dalla ‘biennale’?
Direi meglio: ‘biennio’. Perché mettere limiti? Questi verranno imposti solo dai sentimenti e dall’attrazione reciproca. Tutto secondo natura.
Ma tu, che non sei più di primo pelo, andresti a letto con una ragazzina?
Solo se riconoscessi in lei una donna, se ne fossi fortemente attratto e soprattutto se lei fosse fortemente attratta da me.
Allora non c’è pericolo! Ciao “G”!
Ciao merdaiolo! (Poveretto: non si rende conto dell’evidenza… Pfui!).


46 – SEMPLICITA’ E IGNORANZA.

25 Settembre 2006




L’IMMAGINE.
‘Lui’.
CAZZOSABBIA.
E rieccoci! Il povero maschio, condannato ad avercelo grosso a tutti i costi, ossessionato dalla propria presunta inadeguatezza, non perde occasione per costruire effimeri monumenti al suo dio minore. E se tali idolatriche manifestazioni possono apparire scherzose, nascondono una profonda intima angoscia che si rivela ansiosamente ossessiva in tutta la sua non più che sabbiosa essenza.
——————————————————–

Ciao “G”! Perché non parli quasi mai del ‘Sondazzo’, il tuo programma radiofonico di punta?
Forse perché me ne parlano tanto gli altri… O perché lo faccio tutti i giorni.
Ma comporta tali e tante implicazioni che meriterebbe di essere analizzato e commentato ogni volta.
E’ vero. Approvo. Mi sembra giusto quindi fare alcune considerazioni in merito.
Bravo! Falle, falle!
Come disse il comandante del Titanic…
Ma non ci sono falle nel ‘Sondazzo’.
Per fortuna: sapessi quanti iceberg ci provano!
Lo so, lo so… Ma dopo quasi 24 anni anche loro devono essersi accorti che si tratta di una nave indistruttibile.
Sì, grazie ai miei interlocutori, prima che a me.
Modesto…
E’ così. Ti spiego: io porto al massimo la provocazione, la tensione, l’irrisione, ma se non ci fosse chi abbocca tutto finirebbe dopo qualche sterile tentativo. La fortuna del ‘Sondazzo’ è costituita dalla semplicità della gente, e dalla sua ignoranza.
Ma tu dici sempre che i tempi sono cambiati, e che nell’arco di tutti questi anni hai visto modificarsi la mentalità degli Italiani.
In peggio: sono più guardinghi, incarogniti, impauriti, meno facili a cadere in trappola… Meno semplici, in definitiva.
Sì, è così.
Anni di rigurgiti moralistici, di par condicio assurde, di privacy esasperate, di truffe messe allo scoperto, di speculazioni giornalistiche, di telefoni azzurri, rosa, gialli e a pallini hanno fiaccato la genuinità delle reazioni umane.
Per non parlare dell’euro…
Già! Le minorenni sono diventate delle belve, le vecchiette pensano alla truffa, gli uomini temono che i loro altarini vengano scoperti…
E se prima la parola più pronunciata nel ‘Sondazzo’ era ‘culo’ oggi è ‘carabinieri’!
Che peccato sostituire il culo coi carabinieri! Però…
Però?
Però resistono, per fortuna (non solo del ‘Sondazzo’) sacche quasi clandestine di resistenza.
Spiegati meglio.
La limpida semplicità e la sana ignoranza serpeggiano ancora tra il popolo.
No! Davvero?
Davvero. Anzi, ci sono segni evidenti di riflusso. Voglio ricordarti alcuni episodi capitati proprio nei giorni scorsi al ‘Sondazzo’.
Racconta, racconta!
A un uomo dei dintorni di Napoli mi sono presentato come S. Gennaro, nel giorno della ricorrenza del santo. E lui ci ha creduto.
Cosa?
Ha creduto che fossi S. Gennaro.
Al telefono?
Al telefono. Mi ha chiesto la classica grazia e si è informato su quale chiesa ospitasse la mia statua più miracolosa. Io me ne sono inventata una. Lui sicuramente è andato a cercarla.
Incredibile!
Questo è un caso di assoluta, disarmante semplicità. Ne vuoi uno di ignoranza?
Magari.
Parlo con una signora del nord che mi passa suo nipote quattordicenne. Lui mi dice di frequentare la prima superiore. Ma quando gli chiedo il nome della nonna, che è lì accanto, esita, traccheggia, poi ammette che non se lo ricorda. Insomma, la chiama solo nonna e non ne conosce il nome!
Gulp!
Un altro caso, questo (purtroppo) in Toscana, vede una studentessa universitaria ignorare assolutamente il significato del termine ‘globo terracqueo’. Si tratta di un mio tormentone. Ho scoperto che in tutta Italia pochissimi sanno spiegare di che si tratti. Non riescono neppure ad arrivarci con la logica. Ma se vai all’università e lo ignori, Dio ci salvi da quel ‘dottore’ che diventerai!
Gasp!
Poi ci sono, ancora nel 2006, tristi casi di analfabetismo: signore che dicono di non avere a portata di mano gli occhiali e che di conseguenza non possono leggere o scrivere quello che detto loro… Poi confessano: tutta la vita senza leggere, senza scrivere… Che pena!
Sob!
A quelle che sanno scrivere invece può capitare di buttar giù sopra un foglio, lettera per lettera, un ‘teledramma’ delle ‘potte italiane’ dettato da me.
E alla fine…
Quando rileggono, si trovano magari a dire: “Ma quanto sono maiala!”. E ci restano male.
E i furbetti sessuali?
Senti questa: mi sono spacciato per un marito non più tanto in forma che cercava uno stallone per la bella moglie vogliosa. Un signore sposato si è subito offerto per soddisfarne le voglie, ha accettato un appuntamento e sicuramente ci è andato.
Porcone!
E tutto questo solo pochi giorni fa, la settimana scorsa, indifferentemente al nord, al sud e al centro della penisola.
Ma allora il ‘Sondazzo’ è ancora vivo!
Più che mai. Perché anche se tutto complotta per uccidere la semplicità e l’ignoranza della gente, esse sono più forti di qualsiasi repressione. Sono nel DNA dell’essere umano.
E’ un bene o un male?
Un bene, soprattutto per il ‘Sondazzo’.
Cinico!
No, professionista della provocazione.
Provaci un po’ con me, se ci riesci!
Un giorno lo farò: un ‘Sondazzo’ a me stesso! Sarebbe il massimo!
Aspetto con semplicità e ignoranza.
Prima o poi ti faccio il culo!
E io chiamo i carabinieri!
Gulp! Gasp! Sob!



47 – EUTANASIA NATURALE.

27 Settembre 2006



L’IMMAGINE.
‘Lui’.
LA LECCATA.
Le allusioni sono la forza del cazzo. A ‘Lui’ si allude in ogni caso, in ogni luogo, ad ogni costo. Ma spesso l’oggetto dei desideri resta freddo come il ghiaccio, lontano da ogni calore rigeneratore. In questo caso la metafora è evidente: solo la calda bocca di una donna può rianimare il solitario ghiacciolo. Ma attenzione: così inevitabilmente si scioglierà. Crudele destino!
——————————————————-

Ciao “G”! Hai notato? Ci sono argomenti che vengono improvvisamente alla ribalta, poi scompaiono, poi riappaiono…
E come no? L’aviaria avrebbe dovuto decimare la popolazione mondiale, e adesso non se ne parla più.
Ma è sempre buona quando scarseggiano altre notizie.
O quando si deve incentivare qualche vaccinazione…
Maligno!
Io, eh? Il mondo in cui viviamo è peggio che maligno: è spietato. Oggi, per esempio, tra i vari flussi e riflussi è rispuntato fuori il problema dell’eutanasia.
Grande caso di coscienza.
Che poi diventa politico, e allora si salvi chi può!
Tu come la pensi in merito?
Oh, io sto sperimentando su di me l’eutanasia naturale.
Cosa cosa?
Sì, fin dalla nascita. Sai come si attua?
Non ho proprio idea!
Stando lontano da dottori, cure, ospedali, medicine e analisi.
Cioè vuoi dire che…
Che io non vedo un medico quasi dalla nascita.
Esagerato!
Ho detto quasi. E’ ovvio che anch’io le mie punturine le ho fatte, le mie tonsille le ho salutate, le mie carie le ho trapanate. Ma tutto molto tempo fa.
Quindi…
Quindi rassegnati: io non conosco neppure il mio gruppo sanguigno.
Ma io ti denuncio! Sappi che tu sei me. Hai una responsabilità!
Ma non rompere le palle! Come stai adesso?
Bene, perché?
E come staresti se, pur non presentando alcun sintomo, un signore col camice bianco a cui non interessa niente di te ti dicesse che hai un brutto male?
Starei male, appunto.
Vedi? La malattia inizia dalla consapevolezza che se ne ha. Se non lo sai non ce l’hai.
Ma a lungo andare…
Più lungo possibile. Gli anni passano, e quando sei arrivato a un’età ragguardevole senza aver toccato un letto di ospedale puoi dire che te la sei cavata. Tutto il tempo che ti rimane di questa assurda esperienza destinata comunque a finire è guadagnato. Pensa invece a chi viene a sapere del male. Ne sarà segnato per sempre. Anche se non ha sintomi si tormenterà nella mente. E spesso sono proprio le cure a debilitare l’organismo, a darti il senso della malattia.
Devo ammettere che hai ragione. Ma fortunato chi può parlare come te.
Beh, vedi, io forse ho addosso i mali più atroci, ma non lo so e vivo bene. E’ la mia forma di eutanasia preventiva. La vita purtroppo è limitata, e più che la sua durata (comunque breve) vale la sua qualità.
Lo sai che ti dico?
Spara!
Non voglio pillole o iniezioni, né conoscere il mio e tuo gruppo sanguigno, né vivere una vita di angoscia terapeutica. Quando sarà il momento…
Quando sarà il momento sarebbe bello inoltrarsi in un bosco fresco e fitto e là dentro sparire, lontano da umilianti tubi o bisturi. Rientrare nella natura come ne siamo usciti. Morire tra i fiori di un prato e non quelli di un fioraio.. Ti va?
Dammi la mano, andiamo.
No, un momento. Ancora non è ora.
Beh, fammelo sapere quando sarà. Non voglio mancare.
Lo saprai, caro “G”. E ci sarai.
Grazie. Ciao.
Ciao. E buona vita.



48 – HO TOCCATO IL CULO AD AMANDA LEAR.

29 Settembre 2006



L’IMMAGINE.
‘Lui’.
LE MISURE.
Eh, già: eccoci al punto dolente. Le tre dimensioni conosciute, altezza, lunghezza, larghezza, a ‘Lui’ non bastano: ‘Lui’ viaggia nella quarta dimensione: la durezza. E nella quinta: la durata. Ma per lo più si incaponisce a considerare essenziali le prime tre. E delegando il suo proprietario a farsi guardare dall’alto, in molti casi si trova in grave difficoltà dimensionale. Osservando un film porno o vedendo qualcuno pisciare, spesso il povero portatore di pene si sente diminuito nella sua virilità. E allora un consiglio: guàrdatelo allo specchio. Ti sembrerà di vedere quello di un altro, e ti apparirà persino più grosso.
Oppure fattelo guardare…
—————————————————–

Cosa? Leggo bene?
Ti riferisci al titolo?
Sì, “G”!
Beh, che c’è di strano?
Nulla, nulla… Ma sai…
Vedi, un culo è un culo, indipendentemente da chi se lo porta dietro.
No, dai: proprio quello di Amanda Lear! Via!
Quello mi capitò e quello toccai.
Adesso mi racconti per filo e per segno.
C’è poco da dire: il fatto risale a molti anni fa, sempre quando io, avendo inciso un disco, venivo mandato dalla mia etichetta discografica a promuoverlo in varie manifestazioni colme di cantanti famosi. Primi Anni Ottanta: in un grande teatro del nord Amanda, appunto, presentava una caterva di nomi allora in voga, dai Matia Bazar a Donatella Rettore, da Mia Martini a Toto Cutugno.
Sentilàeee…
E in mezzo c’erano anche dei pivellini come me.
Ma veniamo al culo.
Oh, sai, dietro le quinte i cantanti si affastellano in un amalgama assai eterogeneo: lo spazio è poco, gli artisti sono molti, e quindi i contatti, involontari o meno, non si contano.
Ma il tuo fu…
… o meno.
Quindi si trattò di un contatto volontario.
Eh, sì. La stangona Amanda stava amabilmente conversando con la filiforme ma altrettanto alta Rettore in minigonna vertiginosa.
E Amanda com’era vestita?
Tailleur assai chic e pantaloni larghi. Su un lato, non cacato da nessuno, c’era Amedeo Minghi con lo sguardo sperduto, addossato a una parete, e aveva ancora i capelli corti e scuri. Poco oltre una nota cantante lesbica che non nomino parlottava con un signore attempato, e tutti e due mi scrutavano con sguardi indecifrabili. Gente andava e veniva. E il culo di Amanda sporgeva.
Ah sì, eh?
Io ero tra i poco cacati, tranne per quello strano interessamento dei due che ti ho detto prima. Mi avvicinai alla sporgenza amandatica e senza parere mi ci appoggiai col dorso della mano. Qualcuno passò, forse il vecchio Peppino Gagliardi, non ricordo esattamente, e mi urtò, spingendomi ancora di più verso quelle natiche.
E tu?
Affondai. Affondai. Affondai, fino a percepire chiaramente il punto di suddivisione dei due meloni.
E lei?
Come se niente fosse. Non si voltò, non si scostò, non disse nulla. Continuò a parlare con ‘coscesecche’ Rettore e, anzi, ebbi l’impressione che non solo gradisse, ma che il suo culaccione venisse incontro alla mia manina spersa nel magma.
Risentilàeee…
La cosa durò per alcuni secondi, e forse quei due che mi puntavano se ne erano accorti. Ritrassi la mano, consapevole di aver toccato il culo ad Amanda Lear.
Che esperienza trascendentale!
Ora non prendermi per il… culo! Ricordati che la mano era anche tua.
Quindi mi avresti fatto un piacere!
Mica tanto. Perché il culo di Amanda non era proprio un granché.
Cioè?
Moscio. Moscio. Moscissimo! Non si sarebbe detto vedendolo, ma era più mencio di un polpo, e con gli stessi tentacoli. Rimasi quasi choccato.
Lo vedi? Non tutto è come sembra.
Probabilmente anche Amanda non è quella che sembra.
Questo lo si è sempre sospettato.
Mi chiedo: se a quei tempi il culo di Amanda Lear ara così, diciamo, soffice, come sarà ora, dopo tanti anni?
Un Mocho Vileda. Così ci pulisce le seggiole.
Sono un sopravvissuto: mi sono salvato dalle sabbie mobili, appena in tempo. Chissà cosa sarebbe stato di me se avessi indugiato un secondo di più in quell’infido terreno!
Risucchiato e sparito in un batter d’occhio! Non avremmo avuto il “G”!
Non voglio nemmeno pensarci!
Ma poi con la nota cantante lesbica e il suo amico attempato come andò?
Ah, già. Mi rivolsero la parola, sai?
Per dirti cosa?
Che se ero solo e avessi voluto mi avrebbero ospitato nel loro albergo. Ma quegli sguardi non promettevano niente di buono…
Dal culo dell’Amanda al tuo, suppongo.
Supponi bene.
Tutto un fatto di supposte, quindi.
Più o meno…
Ma ora, malgrado la tempestosa avventura di quel dietrolequinte, siete salvi e ancora integri.
Chi?
Tu e il tuo culetto. Ah, senti “G”, se sei solo e non hai un posto dove andare, perché non vieni nel mio albergo? C’è anche Amanda Lear…
Ma è un incubo!!!

 
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